Propaganda digitale

Dovete scusarmi, ma oggi non riesco a scrivere un vero e proprio articolo.

Vi consiglio però di guardare il video: è un breve resoconto del bellissimo incontro di ieri al King’s College qui a Londra, organizzato da Paolo Gerbaudo.

Abbiamo parlato di propaganda digitale, social media, l’impatto che questi strumenti stanno avendo sulle nostre democrazie.

Cercherò di scoprire se ci sia una registrazione (dovrebbe esserci, anche se solo audio): intanto ascoltate cosa ci siamo detti nel mio video!

Supernova e Bruno Vespa

Scusate se ieri ho saltato l’articolo, ma in questi giorni mi sono preso qualche ora per limare uno speech che terrò questa sera al King’s College. Sono stato invitato a parlare di propaganda, comunicazione politica e social media. È il mio primo speech pubblico in inglese e ci tengo a far bella figura.

Oggi vi voglio solo dar conto di una piccola notizia che mi riguarda insieme a Nicola Biondo: Supernova è ampiamente citato nel nuovo libro di Bruno Vespa.

Vespa, come saprete, ogni anno scrive un corposo volume facendo il punto della politica nazionale. A prescindere dall’opinione che si può avere di Vespa, essere citati come fonte autorevole è un traguardo importante. Questo è un libro “maledetto”, come l’ha chiamato David Parenzo: non se ne può parlare. Non siamo stati molto invitati in tv e quando è accaduto è capitato di non passare l’esame del “codice Rocco”, almeno per quanto riguarda la Rai.

La citazione da parte di Vespa significa che uno degli obiettivi, ossia dare una chiave di lettura originale, autorevole, privilegiata della storia del Movimento 5 Stelle agli addetti ai lavori, è stato raggiunto.

Abbiamo lavorato a Supernova scrupolosamente, documentando le affermazioni e avvalendoci di fonti autorevoli. Molto non è stato pubblicato proprio per mancanza di riscontri (anche se qualcosa, vedrete, potremo raccontarvelo presto).

Non abbiamo ricevuto alcuna querela, infatti, proprio perché nessuno può negare quanto abbiamo raccontato.

Per quanto possibile, continueremo a farlo.

La trattativa Stato-Movimento

Qualche giorno fa spiegavo come nel Movimento i dissidenti non esistano. Sono una categoria che funzionava la scorsa legislatura, quando all’inizio i parlamentari nemmeno si conoscevano. Casaleggio all’epoca usava l’espulsione come metodo educativo, pensando di avere a che fare con una scolaresca di liceali.

I ragazzini ora sono cresciuti e sanno benissimo come trattare con Luigi Di Maio: minaccia e ricatto. Per ottenere il massimo dividendo politico possibile (copyright Nicola Biondo), proprio come il Presidente della Camera Roberto Fico.

Si è infatti verificato quanto avevo sostenuto: gli emendamenti presentati al decreto sicurezza erano un bluff per alzare la posta. Non solo sono stati ritirati, chissà in cambio di cosa da parte del ministro dello Sviluppo, ma oggi è stata posta la fiducia sul provvedimento, tra gli applausi di Lega e Movimento.

Vedremo cosa succederà col decreto anticorruzione, quello che contiene le norme Salva Casaleggio, ma lo schema sembra funzionare benissimo.

Il Sistema Casaleggio ai vertici dell’Europa

C’è una notiziola che vi posso dare in anteprima. Il sistema Casaleggio è arrivato ai vertici, ai più alti vertici, dell’Unione Europea.

Seguitemi.

Nel 2014 il Movimento 5 Stelle elegge poco meno di una ventina di deputati al Parlamento Europeo. Va formato un Gruppo Parlamentare. Gianroberto Casaleggio invia Grillo e suo figlio Davide a trattare con Nigel Farage, si trova l’accordo e il gruppo parte. Si chiama Europa della libertà e della Democrazia Diretta. Farage, per intenderci, è colui che ha condotto la campagna per la Brexit in Regno Unito.

Casaleggio, come da regolamento, sceglieil responsabile della comunicazione. Si tratta di Claudio Messora, noto come Byoblu. Le cose però non vanno bene. Messora non è amato dai parlamentari: lo licenziano poche settimane dopo. A sostituirlo Casaleggio manda un dipendente della sua società, Casaleggio Associati, ossia Filippo Pittarello.

Pittarello è un uomo fidato: entra in azienda nel 2007, pochi giorni dopo il sottoscritto. Lavora prima direttamente con Grillo, come tecnico durante gli spettacoli, mentre in azienda si occupa del Blog. Editing dei contenuti, vendita dei prodotti, amministrazione delle inserzioni pubblicitarie.

Arrivato a Bruxelles, si avvicina molto a David Borrelli, l’allora capo delegazione e copresidente del gruppo, nonché conterraneo di Pittarello. L’affiatamento è tale che i due condurranno insieme la trattativa per lasciare Farage e aderire all’Alde, sfumata per il veto dei parlamentari liberali che, smentendo il loro capo Guy Verhofstadt, rigetteranno l’accordo.

Il Movimento, così, torna dallo Ukip di Farage con la coda fra le gambe, implorando di mantenere l’alleanza. Lo Ukip, acconsente, ma chiede la testa di Borrelli e Pittarello. Il primo non sarà più copresidente, il secondo viene sostituito da Cristina Belotti, anch’essa proveniente da Casaleggio Associati.

Il silenzio di Pittarello però, che molto deve sapere sulle intenzioni dei Casaleggio e sulla gestione dell’Associazione Rousseau, dev’essere importante. Così la sua carriera è decollata di nuovo.

Da poche settimane, infatti, è stato indicato dal gruppo come segretario nell’ufficio di Presidenza del Parlamento Europeo. Tutto quello che succede in quell’ufficio, l’uomo di Casaleggio lo sa. Il ruolo, peraltro, permette d’incidere indirettamente, per evidenti motivi, sull’agenda dei lavori.

Una sentinella che per Davide Casaleggio dev’essere molto utile, in un momento in cui l’Italia aderisce, ad esempio, all’iniziativa europea sulla blockchain, su cui Casaleggio Associati fornisce consulenze.

Un altro tassello del Sistema Casaleggio nel posto giusto, al momento giusto.

M5s e Lega: nei comuni nasce la Terza Repubblica

Per capire il futuro della politica nazionale, spesso può essere utile leggere le cronache locali.

Mercoledì scorso il Giornale di Sicilia pubblica il resoconto di un’intervista televisiva di Giancarlo Cancelleri, tirapiedi siciliano di Luigi Di Maio e fratello dell’onorevole Azzurra Cancelleri, alla seconda legislatura.

L’articolo contiene una notizia e mezza. Anche al voto europeo, la prossima primavera, ci saranno candidature scelte direttamente dal Capo Politico, cioè Di Maio. L’obiettivo è raccogliere preferenze, per farlo servono volti noti. Proprio come ai collegi uninominali dello scorso voto politico. È una mezza notizia perché sembra naturale che vogliano provare di nuovo l’ebbrezza di poter distribuire potere e assicurarsi fedeltà.

La notizia vera è un’altra: Cancelleri apre ad alleanze post elettorali a livello locale e lo fa con riferimento alla Lega. Il Movimento “non fa alleanze preventive” ma con la Lega si può “trovare un punto di intesa successivo”.

Uno scenario simile, se dovesse trovare riscontri reali dopo le amministrative, significherebbe che si sta delineando la politica nazionale dei prossimi dieci anni. Uno scenario che trova riscontro a Roma (com’è ovvio) come a Bruxelles. Scrivevo qualche settimana fa come in europa il Movimento sia condannato a trovare nuove alleanze per contare qualcosa. Orfano di Nigel Farage (il Regno Unito, causa Brexit, non eleggerà europarlamentari), Di Maio e soci dovranno trovare una nuova casa, pena l’impossibilità di esercitare l’azione politica e, soprattutto, di accedere ai fondi riservati ai gruppi politici. Servono 25 parlamentari di sette paesi per formare un gruppo: l’aggancio con l’ALDE (i liberali) è fallito due anni fa, i verdi non ne vogliono sapere (e nemmeno Casaleggio).

Al Movimento, per adesso, resta il gruppo di Salvini e Marine Le Pen.

M5s, anticorruzione: i veri problemi dietro il rinvio a dicembre

La vicenda è ormai nota. Martedì la Camera approva con voto segreto un emendamento alla legge anticorruzione (quella che contiene – ancora, ma ci torneremo – le norme salva Casaleggio) che ammorbidisce i reati di abuso d’ufficio e peculato.

Ovviamente c’è un problema, significa che qualcuno, nella maggioranza, ha votato con l’opposizione. Aldo Giannuli, visto che l’estensore dell’emendamento è un ex M5s iscritto alla massoneria, ha ipotizzato un accordo trasversale tra confratelli.

Sia come sia, secondo i calcoli, i deputati di maggioranza che hanno votato l’emendamento contro la linea definita dal governo sono almeno 36. Statisticamente è molto difficile che, come accusa Di Maio, siano tutti della Lega. Ieri, nell’assemblea trasmessa in streaming, è apparso estremamente in difficoltà. Ma questa, ovviamente, è una mia impressione.

Come spiegavo ieri, nel Movimento è finita la stagione dei dissidenti che, pubblicamente, mettono in difficoltà la leadership: non conviene a nessuno. Meglio, come ha fatto Roberto Fico, incassare alti dividendi politici (copyright Nicola Biondo) con messaggi comprensibili solo a chi ha le giuste chiavi di lettura.

Quell’emendamento è un provvedimento secondario, che si può eventualmente correggere con altri passaggi parlamentari. Questo voto è un messaggio. Ai parlamentari del Movimento 5 Stelle non importa nulla di quello che si vota o meno, si può anche derogare ai princìpi per un reato come il peculato (l’appropriazione indebita di risorse dello Stato da parte di pubblici funzionari). Quello che importa è che tutti abbiano la propria ricompensa: in questi mesi, senatori e deputati provenienti dalla scorsa legislatura sono stati accontentati. Posti di governo e sottogoverno, presidenze di commissione, incarichi nel partito. Quelli di prima nomina, invece, sono ancora in lista d’attesa, e la pazienza sta finendo.

La preoccupazione è che la leadership di Luigi Di Maio non sia in grado di garantire nulla per il prossimo giro di giostra. Il sospetto è che, ormai, chi ha più “anzianità” si sia rassegnato al fatto che questa legislatura resterà un’esperienza isolata.

Se così dev’essere, allora durerà cinque anni, anche a costo di cambiare cavallo, leader, governo. C’è chi, nel Movimento, senza esporsi come “dissidente”, è comunque pronto a formare maggioranze alternative per tutelare la legislatura.

I dissidenti non esistono

Tocca tornare sul tema dei dissidenti perché ad ogni emendamento che un parlamentare del Movimento presenta sembra che stia per cadere il governo. Ovviamente non è così, ora vediamo perché.

Anzitutto il tema, questo sì, è abbastanza vintage. Poteva essere interessante quando Grillo e Casaleggio facevano i video incazzosi per cacciare Favia, o anche all’inizio della scorsa legislatura quando Gianroberto cercava di comandare un gruppo di 160 neodeputati, fino a un giorno prima spesso senza nemmeno un lavoro, a colpi di mazzate digitali. Per un po’ ha pure funzionato. Adesso no, perché oltre a capire i vantaggi di espellere chi non si allinea, cioè rintuzzare le truppe cammellate sui social dei fan delle pagine Facebook, si sono capiti pure gli svantaggi.

Che non sono mediatici, anzi. Più se ne parla, da questo punto di vista, meglio è, più consenso raccolgono. Gli svantaggi sono economici, sia per il gruppo parlamentare che per l’interessato. Il gruppo perde soldi (i contributi di Camera e Senato sono proporzionali al numero di aderenti al gruppo), l’interessato perde la ricandidatura e la visibilità. Appena vieni espulso, non sei più un “dissidente” quindi non sei una notizia.

Nel Movimento, invece, si sono fatti furbi tutti quanti. Lasciare le briglie sciolte permette ai pigiapulsante che Casaleggio ha fatto eleggere di finire sulle homepage dei quotidiani, al partito di mostrare un minimo di vitalità e ai vertici di tenere sul chi va là gli amici della Lega.

Di Maio, dal canto suo, può promettere molto dalla sua posizione: finché la manterrà, se le cose si mettono male, può sempre far passare un emendamento qua e là per mettere a cuccia i suoi cagnolini.

Questo è l’equilibrio che si è venuto a creare. Non esiste alcuna corrente nel Movimento, tanto meno legata al Presidente della Camera che ha dimostrato di avere la spina dorsale di una medusa d’acqua dolce.

C’è qualcosa che minaccia questo equilibrio? Sì: la mancanza di materia prima, cioè ricandidature e potere da distribuire sotto forma di “premi” (per usare il termine che Di Maio ha utilizzato parlando di Luca Lanzalone) parlamentari e non. Nel momento in cui il capo non potrà più promettere nulla, sarà necessario trovare nuovi equilibri. Attenzione: nuovi equilibri. Non significa che salterà il banco: prima di arrivare al voto anticipato la situazione dovrà essere veramente, veramente pericolosa. Difficilmente un parlamento composto al 60% di deputati e senatori di prima nomina sceglierà di tornare al voto.

A febbraio 2022 si vota il nuovo Capo dello Stato.

A settembre 2022 seicento rappresentati del popolo maturano il diritto alla pensione.

Dormite sonni tranquilli, per ora.

Il mondo va meglio. Male, ma meglio

Ho accennato ieri, parlando del discorso di Dario Corallo all’assemblea PD, al fatto che è sbagliato dire che il mondo vada “peggio“. Un lettore mi ha contestato quest’affermazione. Non mi riesce difficile capire come mai, ma purtroppo è la pura e semplice verità: il mondo va meglio. Male, ma meglio.

Male, nel senso che la povertà non è stata sconfitta, ancora. Meglio, perché ci sono sempre meno poveri, sia in percentuale che in valore assoluto.

Male, nel senso che l’aspettativa di vita non è alta ovunque. Meglio, perché è ovunque più alta di alcuni decenni fa.

Questo paradigma vale per decine e decine di parametri.

Non è un concetto immediato, lo capisco, ma è così: le cose possono andare sia “male” in termini assoluti che meglio, cioè essere migliori rispetto a un periodo d’analisi precedente.

È spiegato molto bene in un libro che ho letto la scorsa estate: Factfullness. Vengono analizzati alcuni dati, alcuni trend e smontate alcune credenze consolidate sullo stato del mondo e su svariate tematiche. Lo consiglio vivamente perché lo ritengo illuminante. L’autore, Hans Rosling che purtroppo è mancato pochi anni fa, è anche relatore di alcuni meravigliosi TED talks, che trovate a questo indirizzo. C’è anche un sito, gapminder.org, che fornisce strumenti per “vedere” come si è evoluto il mondo negli ultimi duecento anni.

Nel volume, Rosling spiega pure come nella sua esperienza di conferenziere abbia potuto incontrare numerosissimi uomini e donne titolari di grandi responsabilità politiche ed economiche. La tragedia è che anche la maggior parte di loro ha una visione del mondo completamente sbagliata, basata su fatti veri magari cinquanta o settant’anni fa.

Credo che qualsiasi proposta politica non possa che partire dai dati reali, veri, certificati. Anche Dario Corallo, purtroppo, ha dimostrato di non conoscerli.

Corallo vs. Burioni: la strada del PD verso il disastro

Sabato, all’assemblea del PD, il candidato alla Segreteria Dario Corallo ha espresso la sua opinione sul virologo Roberto Burioni definendolo, senza troppi giri di parole, un bullo.

Questo è il messaggio passato nei mass media, ma c’è un passaggio che ritengo più grave e pericoloso. Quello subito successivo in cui Corallo dice che sono state “elevate a scienza assoluta quelle che sono scelte politiche“. Non m’interessa affrontare il tema dello stile di Burioni, ma se quel passaggio è riferito al modo in cui è stato affrontato il tema dei vaccini e della divulgazione scientifica, e se Corallo rappresenta la freschezza del nuovo che avanza, le opposizioni hanno – ancora – un problema.

Lo dico perché per me si tratta di un film già visto.

Era l’aprile del 2016 quando, in un’intervista a La Stampa, spiegavo come il metodo del Movimento 5 Stelle, che pure avevo contribuito a formare, allontana le competenze e attira i cialtroni. Abbiamo visto com’è andata a finire.

Il discorso di Corallo, che prosegue dileggiando la scienza economica e parlando di mercati come “persone che cercano di arricchirsi, punto.” Ecco, amici del Partito Democratico, questa è la strada più breve verso il disastro. La conosco, l’ho vista imboccare ai miei vecchi compagni d’avventura; l’avevo imboccata io stesso. È la strada che inizia con il porre la politica al di sopra dei dati, della scienza e dello studio. La strada che semplifica concetti complessi come “i mercati”. La strada che porta a fondare le proprie iniziative sui cliché.

Il mondo, magari, va male. Ma va anche meglio di prima: i due fatti non sono esclusivi, lo confermano i dati.

Ma se anche fosse vero, e così non è, che viviamo in un mondo peggiore, più ingiusto, più iniquo, pensare di risolvere i problemi contro chi governa determinati processi e non assieme è, a mio modesto parere, folle.

Se è falso che il mondo di oggi sia peggiore di quello di ieri, è invece vero che il potere si è in parte spostato altrove e non risiede più solo, di fatto, nelle istituzioni democratiche. Occorre trovare soluzioni ai problemi insieme ai nuovi poteri: farlo contro significa nel migliore dei casi fallire, nel peggiore contribuire a sbriciolare il poco di credibilità che le comunità politiche, di qualsiasi natura, ancora conservano.

Il comma Casaleggio che blinda Davide

Dopo aver segnalato la legge salva Casaleggio nascosta nell’anticorruzione di Bonafede, e dopo la replica di Luigi Di Maio, abbiamo spiegato nel dettaglio di cosa si tratta. Dopo aver legittimato per legge l’associazione Rousseau, messo al sicuro l’identità dei finanziatori e assicurato che nessuno possa farle concorrenza, resta da blindare il grande capo.

L’ultimo comma interessante riguarda il ruolo di Davide Casaleggio. L’ultimo pericolo è che qualcuno, dal Movimento, chieda di poter intervenire sulla gestione dei soldi raccolti da Rousseau. D’altronde, sono denari che gli attivisti e i simpatizzanti versano pensando di sostenere il partito di Di Maio. I parlamentari stessi chiedono di effettuare donazioni, quindi perché non poter gestire questi soldi?

Anche per questo problema arriva in soccorso Bonafede, con questo comma: “I partiti o movimenti politici e le fondazioni, associazioni o comitati ad essi collegati devono garantire la separazione e la reciproca indipendenza tra le strutture direttive”. Nessuno può mettere becco nelle decisioni di Davide, la Rousseau Open Academy, iniziativa mai deliberata dal partito, è salva.