I soldi di Rousseau

Proseguo il commento dei dieci punti che Casaleggio ha bollato come fake news che riguardano la gestione del Movimento. Oggi parliamo dei soldi di Rousseau.

È un argomento decisivo, perché il modo in cui Casaleggio amministra l’associazione la rende, di fatto, la tesoreria e l’unità organizzativa del Movimento 5 Stelle. Infatti, buona parte del bilancio riguarda la gestione degl’iscritti e l’accantonamento per la tutela legale. Nel passato, per dovere di cronaca, questo accantonamento è servito per pagare le multe al Garante della Privacy. Cioè Casaleggio ha usato i soldi che servivano per lo sviluppo della piattaforma, la gestione degl’iscritti, l’organizzazione degli eventi del partito per pagare la propria incapacità di gestire come avrebbe dovuto i dati.

I fondi, ci spiega, arrivano dalle donazioni di “iscritti e portavoce”. Questa è una inesattezza: i portavoce, intesi come i parlamentari, non effettuano “donazioni” ma pagano un servizio commerciale, cioè la piattaforma. Lo dimostra la natura stessa dell’Associazione Rousseau, che ai fini fiscali è considerata un ente commerciale in virtù di questo scambio, servizio per soldi, che non è liberale quindi no può essere considerato una donazione. Rousseau, per quella parte di bilancio, paga infatti l’IVA.

I soldi drenati dal partito verso Rousseau

C’è poi un fatto non indifferente. Parte dei soldi che gli attivisti pensano di donare al Movimento 5 Stelle, che in realtà entrano nelle casse di Rousseau, sono usati da Casaleggio per organizzare i propri eventi. Il famoso gonfiabile a forma di mouse non riporta i loghi del Movimento, ad esempio. Non sono nemmeno iniziative deliberate dagli organi di partito che, di fatto, è stato espropriato della propria capacità finanziaria. Casaleggio deve ringraziare un comma dello statuto, scritto da Luca Lanzalone, che permette a Rousseau di drenare i soldi che dovrebbero essere spesi per l’attività politica.

In questo modo, Casaleggio non solo amministra la piattaforma ma di fatto è la segreteria e la tesoreria del Movimento, che non ha possibilità di organizzare nulla, contattare i propri sostenitori, tenere consultazioni se non con l’assenso del padrone.

Il business della democrazia di Casaleggio

Qual è l’obiettivo vero di Casaleggio? Perché impiega tante risorse, tanta energia nella gestione dell’Associazione Rousseau e del Movimento 5 Stelle. Come organizza il suo business della democrazia?

Sicuramente un motivo è che con la politica si fa business: Casaleggio Associati, nel primo anno col Movimento al governo, ha raddoppiato il fatturato. Da uno a due milioni di euro. L’utile è quasi decuplicato, da 20.000 euro a 181.000 euro.

Hanno funzionato le sinergie, quantomeno temporali, tra Luigi Di Maio e Casaleggio. Quando il primo annunciava il fondo sulla Blockchain, il secondo presentava uno studio sullo stesso tema ai suoi potenziali clienti, gli stessi che avrebbero chiesto accesso a quel fondo.

Ma c’è altro. È falso dire che l’Associazione Rousseau sia senza scopo di lucro: è un’associazione privata che non si fregia dello status di ONLUS e, soprattutto, è considerata un ente commerciale ai fini fiscali. Di fatto, i parlamentari del Movimento sono forzati a pagare i servizi di democrazia diretta che gli vende Casaleggio. Lo impone lo Statuto del Movimento, che si riferisce all’associazione M5s fondata nel 2017 da Di Maio e lo stesso Casaleggio.

La piattaforma Rousseau, racconta Casaleggio, è stata donata da Casaleggio Associati all’Associazione Rousseau, quasi con un generoso atto in memoria del defunto Gianroberto Casaleggio. La verità è ben diversa: a causa della gestione di Rousseau e del partito, Casaleggio Associati era in grave sofferenza finanziaria. Tre anni di conti in rosso stavano portando l’azienda quasi alla chiusura.

Lo spin-off: il business della democrazia

I costi per la gestione del Movimento erano in costante crescita, mentre nessuna entrata era possibile per motivi di opportunità: ovviamente non si poteva chiedere ai parlamentari di dare soldi all’azienda del capo del partito.

La creazione dell’Associazione, il repentino passaggio in questo contenitore di un allora dipendente di Casaleggio Associati, la coabitazione durata due anni negli stessi uffici dicono altro. Rousseau è uno spin-off di Casaleggio Associati. È un progetto molto costoso dell’azienda di famiglia che necessitava di adeguati finanziamenti. Davide Casaleggio, non avendo né la voglia né la possibilità di finanziarlo con gli utili, inesistenti, di Casaleggio Associati decide nel 2016 di elaborare un altro assetto.

Separare le attività legate alla politica mascherandole da progetto “pubblico” di “democrazia diretta” gli consente di raccogliere fondi direttamente dal partito da lui stesso fondato, diventandone di fatto la tesoreria. Giova sempre ricordare che lo Statuto del Movimento, che all’articolo 1 indica Rousseau come unico fornitore per i servizi di comunicazione e gestione degl’iscritti, è stato scritto da Luca Lanzalone, già arrestato per la vicenda dello Stadio della Roma.

Tutte le competenze acquisite, i dati raccolti e analizzati, il prodotto sviluppato – pagato con soldi di provenienza pubblica – rimangono nell’ente privato commerciale Rousseau. Che domani può decidere di venderlo ad altri clienti, in Europa e oltre.

Ci ha già provato, se ricordate, con i Gilet Gialli e agli altri potenziali alleati europei. Il suo “amministratore delegato”, Luigi Di Maio, aveva proposto l’utilizzo della Piattaforma Rousseau.

Casaleggio sta utilizzando le Istituzioni per finanziare il proprio progetto commerciale tramite un partito da lui fondato. Di cui gestisce tutto dalla comunicazione ai candidati, ottenendo, inoltre, buone relazioni utili ai suoi affari.

Di recente sul Blog delle Stelle si riporta un fantomatico indice di gradimento dei servizi di Rousseau. Il post si conclude così: “Siamo pionieri in un settore ancora inesplorato e puntiamo all’eccellenza. Vogliamo portare Rousseau e il nostro Paese a diventare un punto di riferimento per la democrazia partecipata nel mondo”.

Così dovrebbe venire raccontata questa storia: come un business della democrazia.

Stadio: il Sistema Casaleggio nasce a Roma

È notizia di queste ora che la sindaca di Roma Virginia Raggi è indagata per la vicenda dello stadio di Tor di Valle, per la quale furono già arrestati Luca Parnasi e Luca Lanzalone.

Lanzalone, ricordiamolo, è quell’avvocato che dopo aver collaborato con l’amministrazione 5 Stelle di Livorno venne mandato a Roma per seguire importanti dossier. Tra cui, appunto, quello dello Stadio. Lanzalone è anche colui che, materialmente, scrive il nuovo statuto del Movimento 5 Stelle. Quello statuto che, all’articolo uno, assegna all’associazione Rousseau di Davide Casaleggio il compito di gestire il partito. In virtù di questo articolo, Casaleggio tramite Rousseau raccoglie e amministra milioni di euro per conto del Movimento, in totale autonomia.

In questo contesto, è davvero singolare che si sia persa traccia di una notizia: a febbraio 2017, quando ancora non si sapeva chi fosse Lanzalone, ci fu un incontro importante. Era il periodo in cui si doveva decidere la sorte del progetto stadio, il periodo del Francesco Totti di “famo sto stadio”, dell’hashtag #unostadiofattobene… insomma, grande pressione, grande incertezza. A risolvere la situazione scendono a Roma Beppe Grillo e, guarda un po’, Davide Casaleggio. Le cronache dell’epoca parlano di “vertice risolutivo”, Casaleggio viene accompagnato da Loquenzi e Casalino (all’epoca capi della comunicazione del partito). Ma Casaleggio che c’entra?

Possibile che non ci si ricordi di questo dettaglio così decisivo?

Casaleggio è il dominus del partito, ne gestisce l’amministrazione, i soldi, i processi democratici. Suo padre e Beppe Grillo avevano siglato un “contratto” con i candidati al comune di Roma che imponevano il via libera preliminare “dello staff” per qualsiasi atto di alta amministrazione. Cosa ci faceva Davide Casaleggio al “vertice risolutivo” sulla vicenda dello Stadio della Roma?  Qualcuno si sta occupando di capirlo?

Di Maio: Casaleggio Associati non c’entra nulla!

Sì, il titolo è provocatorio.

Ovviamente Casaleggio Associati c’entra eccome con Luigi Di Maio, il Movimento 5 Stelle e, indirettamente, col video di scuse di Antonio Di Maio.

Ma non come hanno raccontato alcuni quotidiani, che hanno parlato di video prodotto direttamente dall’azienda milanese. L’hanno fatto perché il nome del padre del ministro ha la stessa grafica dei video ufficiali del Movimento 5 Stelle. Ma non è vero che sia stato prodotto da Casaleggio Associati. L’ha fatto la comunicazione del partito che risponde all’Associazione Rousseau. Credo che la struttura del Sistema Casaleggio vada raccontata in maniera corretta e precisa.

Anche perché l’intreccio d’interessi e potere è ben più intricato e grave della produzione di un video di pochi minuti.

Capisco, però, perché viene fatta questa semplificazione. Per molti anni, fino al 2016, è stato vero che l’azienda si occupava di tutto, dalla comunicazione ufficiale all’amministrazione delle liste all’organizzazione di eventi per il partito. E il suo presidente, Gianroberto Casaleggio, si occupava pure dell’indirizzo politico.

Alla sua morte, però, il figlio Davide ha ereditato azienda e partito e ha trasferito le attività di quest’ultimo nell’Associazione Rousseau, raccogliendo pure “donazioni” obbligatorie dai parlamentari. Tramite l’associazione Gianroberto Casaleggio, invece, continua l’attività di networking, incontrando portatori d’interesse durante l’anno e raccogliendo importanti personalità della cultura, finanzia, giornalismo, economia italiani a Ivrea alla manifestazione “Sum”.

Conseguenza? Non è certo un caso che la settimana in cui l’azienda presenta una ricerca sulla Blockchain il ministro dello sviluppo economico annunci un fondo per finanziare questa tecnologia, i cui beneficiari saranno verosimilmente gli stessi presenti nella platea di Casaleggio.

Questo conflitto d’interessi, il Sistema Casaleggio, va raccontato.

Questo è interessante, molto più, ripeto, della produzione di un video di pochi minuti.

I dissidenti non esistono

Tocca tornare sul tema dei dissidenti perché ad ogni emendamento che un parlamentare del Movimento presenta sembra che stia per cadere il governo. Ovviamente non è così, ora vediamo perché.

Anzitutto il tema, questo sì, è abbastanza vintage. Poteva essere interessante quando Grillo e Casaleggio facevano i video incazzosi per cacciare Favia, o anche all’inizio della scorsa legislatura quando Gianroberto cercava di comandare un gruppo di 160 neodeputati, fino a un giorno prima spesso senza nemmeno un lavoro, a colpi di mazzate digitali. Per un po’ ha pure funzionato. Adesso no, perché oltre a capire i vantaggi di espellere chi non si allinea, cioè rintuzzare le truppe cammellate sui social dei fan delle pagine Facebook, si sono capiti pure gli svantaggi.

Che non sono mediatici, anzi. Più se ne parla, da questo punto di vista, meglio è, più consenso raccolgono. Gli svantaggi sono economici, sia per il gruppo parlamentare che per l’interessato. Il gruppo perde soldi (i contributi di Camera e Senato sono proporzionali al numero di aderenti al gruppo), l’interessato perde la ricandidatura e la visibilità. Appena vieni espulso, non sei più un “dissidente” quindi non sei una notizia.

Nel Movimento, invece, si sono fatti furbi tutti quanti. Lasciare le briglie sciolte permette ai pigiapulsante che Casaleggio ha fatto eleggere di finire sulle homepage dei quotidiani, al partito di mostrare un minimo di vitalità e ai vertici di tenere sul chi va là gli amici della Lega.

Di Maio, dal canto suo, può promettere molto dalla sua posizione: finché la manterrà, se le cose si mettono male, può sempre far passare un emendamento qua e là per mettere a cuccia i suoi cagnolini.

Questo è l’equilibrio che si è venuto a creare. Non esiste alcuna corrente nel Movimento, tanto meno legata al Presidente della Camera che ha dimostrato di avere la spina dorsale di una medusa d’acqua dolce.

C’è qualcosa che minaccia questo equilibrio? Sì: la mancanza di materia prima, cioè ricandidature e potere da distribuire sotto forma di “premi” (per usare il termine che Di Maio ha utilizzato parlando di Luca Lanzalone) parlamentari e non. Nel momento in cui il capo non potrà più promettere nulla, sarà necessario trovare nuovi equilibri. Attenzione: nuovi equilibri. Non significa che salterà il banco: prima di arrivare al voto anticipato la situazione dovrà essere veramente, veramente pericolosa. Difficilmente un parlamento composto al 60% di deputati e senatori di prima nomina sceglierà di tornare al voto.

A febbraio 2022 si vota il nuovo Capo dello Stato.

A settembre 2022 seicento rappresentati del popolo maturano il diritto alla pensione.

Dormite sonni tranquilli, per ora.

Il comma Rousseau della #salvacasaleggio

Stiamo entrando nel vivo dell’analisi della legge Bonafede salva Casaleggio. Ne abbiamo parlato settimana scorsa per la prima volta. Poi ci ha risposto il ministro Di Maio. In seguito siamo tornati sul tema spiegando come la norma risolva il problema della natura dell’Associazione Rousseau e aiuti a tenere riservata l’identità dei suoi finanziatori.

Parliamo adesso del rapporto tra Movimento 5 Stelle e Associazione Rousseau.

Dobbiamo fare un salto indietro di un paio d’anni. Siamo nel 2016: Gianroberto Casaleggio, fondatore del Movimento 5 Stelle, è malato e ha pochi giorni di vita. Fino a quel momento, lo sviluppo della piattaforma Rousseau e l’amministrazione dei processi democratici del partito erano stati gestiti dalla sua azienda, Casaleggio Associati. La società non raccoglie direttamente fondi, anzi perde un sacco di soldi a causa degli oneri che derivano dall’amministrazione del partito.

Pochi giorni prima della morte del fondatore, lui e il figlio Davide fondano, davanti a un notaio, l’Associazione Rousseau.

Poche settimane dopo la morte di Casaleggio, Davide annuncia che tutte le attività passeranno da Casaleggio Associati a Rousseau e inizia a raccogliere soldi tramite il blog di Beppe Grillo. Attenzione: non per il Movimento ma per Rousseau.

Quando, nel 2017, viene riscritto lo Statuo del M5s, Luca Lanzalone scrive un articolo dedicato interamente a Rousseau che diventa l’unico soggetto titolato a gestire i processi democratici tramite l’omonima piattaforma. Il successivo regolamento impone ai parlamentari un contributo all’Associazione di trecento euro al mese.

Ma se qualcuno cambiasse idea?

C’è il rischio che la gestione Casaleggio non piaccia più. La piattaforma è tecnicamente inadeguata e pericolosa per la sicurezza dei dati in essa contenuta. Casaleggio, inoltre, coi fondi raccolti ha iniziato a promuovere iniziative non direttamente legate al partito né da esso mai deliberate. Qualcuno, nel Movimento, potrebbe mettere in discussione il ruolo di Rousseau e Casaleggio. Qualcuno potrebbe decidere di riportare la raccolta fondi in capo al partito, o fondare un altro soggetto che rivendichi il diritto di occuparsene oppure fare concorrenza a Rousseau. Nove milioni di euro a legislatura sono tanti.

Così, ecco il comma Rousseau: “…[una sola associazione]”. La norma prevede infatti che ciascun partito possa essere legato a una e una sola associazione e fondazione. Fine delle minacce a Casaleggio: sostituirlo è impossibile, per legge. Se qualcuno, nel gruppo parlamentare, pensava di poter cambiare gestione ora la legge glielo vieta, e non più solo lo Statuto del Movimento.

Luca Parnasi ha finanziato l’Associazione Rousseau?

Torniamo a parlare della salva Casaleggio. Breve riassunto: il ministro Bonafede ha presentato la legge anticorruzione che contiene alcuni commi cuciti addosso all’associazione Rousseau e a Davide Casaleggio. Queste norme, infatti, cristallizzando e legittimano per legge la singolare amministrazione del Movimento 5 Stelle, di fatto in mano proprio a Rousseau.

Di Maio, settimana scorsa, ha pubblicato un video in cui rispondeva alle nostre osservazioni, senza però affrontarne nemmeno una.

La prima riguarda la natura dell’Associazione Rousseau e la sua legittimità ad amministrare il partito e raccogliere soldi a suo nome da parlamentari e simpatizzanti.

Proprio la raccolta dei fondi riguarda un altro comma della legge: viene abbassato il limite per cui è necessario comunicare il donatore a questi soggetti (fondazioni e, ora, anche associazioni) da 5000 a 500 euro.

Apparentemente sembra una norma di trasparenza. In realtà da un lato consegna un vantaggio competitivo al Movimento e a Rousseau, visto che la maggior parte delle donazioni è inferiore a quella cifra a differenza dagli altri soggetti politici. Dall’altro mette al riparo lo stesso Casaleggio dalle domande indiscrete dei parlamentari, visto che oltre alla privacy ci sarà anche questa legislazione a proteggere l’identità dei donatori.

Attenzione però: in questo modo solo Davide Casaleggio (e i suoi dipendenti) potranno conoscere in effetti chi sostiene finanziariamente il Movimento. È un’informazione determinante per conoscere chi sono i portatori d’interessi del primo partito di governo ed è un’informazione che sarà nella sola disponibilità di un soggetto privato, non sottoposto a controllo democratico, che dispone di quei fondi del tutto autonomamente.

È chiaro che questa informazione rafforza enormemente, per legge, l’influenza di Casaleggio sul partito. Ad esempio, è l’unico a sapere se quelle decine e decine di “L.P.” tra i donatori a Rousseau siano o meno, facciamo un esempio di scuola, Luca Parnasi. Sarebbe interessante saperlo perché Parnasi è indagato insieme a Lanzalone per la vicenda dello Stadio della Roma, e Lanzalone è colui che ha scritto lo Statuo del Movimento.

Se questa lobby abbia o meno sostenuto finanziariamente il Movimento 5 Stelle tramite l’Associazione Rousseau lo sa solo Davide Casaleggio. Grazie alla legge salva Casaleggio sarà sempre così.

Rousseau legittimata per legge grazie alla #salvacasaleggio

La scorsa settimana ho scritto un articolo per spiegare come nella legge anticorruzione di Bonafede si nascondano delle norme salva Casaleggio. Il ministro Di Maio ha replicato con un video su Facebook con alcune bugie e nessuna spiegazione sugli aiuti all’Assocazione Rousseau e Davide Casaleggio previsti dal provvedimento. Il Movimento, però, ha pure rimandato di una settimana l’inizio della discussione in Aula.

Non tutto è chiaro tra i pentastellati: il motivo della reazione del ministro è la difficoltà crescente a spiegare il ruolo di Casaleggio e la sua legittimità di raccogliere e gestire in autonomia una marea di soldi, quasi nove milioni di euro a legislatura. Può farlo grazie a un articolo del nuovo Statuo del M5s, scritto lo scorso anno da Luca Lanzalone, che stabilisce la delega all’associazione Rousseau dell’amministrazione dei processi democratici del partito e, di conseguenza, nel regolamento viene prevista una quota per ogni eletto di 300€ al mese da conferire per lo scopo all’associazione di Casaleggio.

Questi soldi, più quelli raccolti tra i simpatizzanti, vengo utilizzati anche per altro, come ad esempio la Rousseau Open Academy, iniziativa di Casaleggio mai deliberata dagli organi del partito.

Tra i parlamentari, comprensibilmente, comincia ad esserci un po’ d’insofferenza: per quale motivo dev’essere proprio Davide Casaleggio tramite un’associazione privata? Perché non può farlo direttamente il partito, visto che peraltro il portale Rousseau è un colabrodo che mette a rischio i dati degli utenti?

È qui che interviene il primo punto della norma salva Casaleggio. L’articolo 9 della legge Bonafede dice che “sono equiparate ai partiti e movimenti politici le fondazioni, le associazioni e i comitati la composizione dei cui organi direttivi sia determinata in tutto o in parte da deliberazioni di partiti o movimenti politici ovvero che abbiano come scopo sociale l’elaborazione di politiche pubbliche”. Come Rousseau.

Viene legittimata per legge ed equiparata ad una fondazione politica l’associazione privata di Casaleggio, fondata insieme al padre mentre quest’ultimo era sul proprio letto di morte.

Viene legittimata per legge la successione dinastica dell’amministrazione del primo partito al governo dell’Italia.

Il primo passaggio cui ne seguiranno altri, come vedremo nei prossimi giorni, per blindare l’associazione Rousseau come amministratore del partito e mettere al riparo Casaleggio, e i soldi che raccoglie in nome e per conto del Movimento 5 Stelle, dai dubbi dei parlamentari.

Il nuovo giochino dei dissidenti

Segnatevi la frase “principi originari del Movimento“: è quello il segnale.

Quando un parlamentare viene additato come “dissidente” e pronuncia quella frase ha già deciso che il M5s non è più la sua casa e vuole alzare la posta per evitare di complicare la vita di Di Maio e Rocco Casalino.

Quella frase è un segnale ed è la criptonite dei dirigenti: Casaleggio, Grillo, Di Maio, Casalino. Lo è perché è chiaro ed evidente che il partito non c’entra nulla col il Movimento del 2009, quando ancora non erano stati capiti (nemmeno dal sottoscritto) la natura e i propositi dei Casaleggio; lo è perché quella frase ricorda le precedenti esperienze coi “dissidenti” da Valentino Tavolazzi (espulso con un ps. sul Blog nel 2012), tutte dolorose, ciascuna più devastante della precedente.

Se qualche anno fa il tentativo di coloro ai quali la gestione del partito era diventata stretta era quello di provocare uno scossone e cercare di rimettere la comunità in carreggiata, oggi non esiste proprio più la comunità. Gli attivisti, come scrive Nicola Biondo nel nostro Supernova, sono stati rimpiazzati dai fan delle pagine Facebook dei parlamentari. Non c’è alcuna possibilità di contribuire alla linea politica decisa da Di Maio e Casaleggio, che governano il M5s grazie a uno Statuto, scritto da Luca Lanzalone, che attribuisce ogni potere al capo politico e l’amministrazione dei processi democratici (o almeno della loro facciata) e dei finanziamenti di attivisti e parlamentari all’associazione Rousseau.

Sono anche cambiate le condizioni: il M5s oggi è al governo e Di Maio, che sullo scambio di cortesie ha costruito la sua scalata al Movimento, ha molto più da offrire rispetto a quando era vicepresidente della Camera. I “dissidenti” hanno ben poco da guadagnare nell’abbandonare il Movimento, ma molto più di prima nel piantare grane, soprattutto i parlamentari di prima nomina, che matureranno il diritto alla pensione nel 2022 e quelli al secondo mandato che non hanno ottenuto incarichi particolarmente prestigiosi.

Il che non significa, ovviamente, che non ci saranno espulsioni o defezioni: è possibile che questo accada. Saranno solo molto più lunghe le trattative per limitare i danni d’immagine al partito.

Lanzalone rischia il processo, Casaleggio rischia l’insonnia

Ieri la Procura di Roma ha chiuso le indagini sulla vicenda dell stadio della Roma. Ricordate la campagna sui social con tanto di hashtag su Twitter #unostadiofattobene? Pochi mesi dopo l’accordo, le forze dell’ordine si sono cimentate in #unaretatafattabenissimo e hanno arrestato alcune persone che avevano, secondo l’accusa, operato in maniera illegittima per assicurarsi il via libera dell’opera.

Luca Parnasi, il costruttore, ma anche e soprattutto Luca Lanzalone, che avrebbe aiutato la sindaca Raggi a trovare la quadra senza però un incarico formale. Sempre secondo l’accusa, Lanzalone avrebbe “ottenuto la presidenza di Acea in cambio della propria opera” scrive Repubblica.

Anche Lanzalone, quindi, rischia il processo e questo potrebbe provocare un terremoto con epicentro le fondamenta del Movimento 5 Stelle, ossia il Sistema Casaleggio.

Luca Lanzalone, infatti, è una vecchia conoscenza dei 5 Stelle: già consulente del comune di Livorno, di lui la sindaca Raggi avrebbe detto “me l’ha imposto Casaleggio“. Chissà se sia così. In ogni caso, una cosa è certa: a Luca Lanzalone, Davide Casaleggio dev’essere molto grato, essendo l’estensore del nuovo Statuto del Movimento 5 Stelle, quello della nuova associazione del 2017. Perché dev’essergli grato? Perché il nuovo statuo del partito blinda l’Associazione Rousseau, fondata e presieduta da Casaleggio, come unico fornitore per la comunicazione – il Blog delle Stelle – e la piattaforma decisionale Rousseau, tecnicamente poco più che un giochetto fatto male, pericoloso per la privacy degli utenti iscritti. Soprattutto, in virtù di ciò, l’Associazione Rousseau è autorizzata a sfruttare il marchio del Movimento per raccogliere le donazioni degli iscritti e il contributo dei Parlamentari, 300 euro al mese, per un totale che si aggira intorno ai 9 milioni di euro in cinque anni. Con questi soldi, Casaleggio dovrebbe sviluppare la piattaforma e occuparsi del Blog ma in realtà ha avviato iniziative parallele, scollegate dal Movimento, come la Rousseau Open Academy mai deliberata da nessun organo di partito.

Casaleggio è così potente che ieri la senatrice Fattori ha rivelato che i parlamentari non stanno restituendo in maniera sistematica parte dello stipendio, come si erano impegnati a fare, salvo proprio i 300 euro a Casaleggio.

Se come “premio” (questo il termine usato da Di Maio) per il suo aiuto con Livorno e lo Stadio della Roma Lanzalone ha ottenuto la presidenza Acea, è lecito chiedersi se abbia ricevuto altri benefici in cambio dello statuto che permette a Casaleggio di maneggiare così tanti denari in maniera completamente autonoma.

Del resto, Lanzalone il giorno prima del suo arresto era alla cena di finanziamento organizzata dall’Associazione Gianroberto Casaleggio, sempre presieduta dal figlio Davide, il quale inizialmente cercò di annebbiare le ricostruzioni dicendo che fosse stato “a una cena e a un altro tavolo c’era Lanzalone“.

Com’è noto, però, le cene di finanziamento dell’Associazione Casaleggio sono a invito e costano tanto: evidentemente Lanzalone teneva molto a esserci.