Spaventati e ipocriti

Negli ultimi giorni sono stati pubblicati un paio di articoli che di realistico hanno poco, ma lasciano trapelare la paura e l’ipocrisia dei parlamentari M5s.

Ilario Lombardo, su La Stampa, riporta una conversazione tra Grillo e Casaleggio. Il comico avrebbe detto all’Erede di prendere in mano il partito. Davide avrebbe rifiutato.

Un articolo di Notizie.it, invece, suggerisce che Rocco Casalino, dipinto come il braccio destro di Casaleggio, starebbe per disarcionare Di Maio dalla guida del Movimento.

Sono ricostruzioni suggestive, ma sembrano più che altro spifferi dal gruppo parlamentare, o meglio da quella parte di gruppo parlamentare che vorrebbe liberarsi di Luigi Di Maio.

Dopo averlo convinto a stringere un accordo per le regionali umbre cercano adesso di attribuirgli l’intera responsabilità della sconfitta.

Né Casaleggio né Casalino, però, hanno l’interesse ad assumersi un incarico di primo piano. Il primo ha soldi e potere a disposizione, un’azienda, interessi che gestisce meglio da padrone che da capo politico.

Il secondo gioca certamente una sua partita, ma è sempre stato più efficace in ruoli di seconda linea – che non vuol dire di secondaria importanza. Ogni occasione di maggior visibilità gli si è ritorta contro.

Che Luigi Di Maio sia in difficoltà è poi tutto da dimostrare: nessuno, anche tra i parlamentari che più lo avversano, è disposto ad anticipare il voto del 2023 pur di liberarsi del capo politico. E, in ogni caso, il cambio della guardia si può fare solo sulla piattaforma Rousseau di Casaleggio.

Di Maio è in realtà nella miglior posizione possibile per organizzare il partito a sua immagine ritagliandosi un ruolo per il prossimo giro di giostra, al quale non si potrà candidare. Almeno se non cambiano le regole, di nuovo.

Il ventriloquo Max Bugani

Max Bugani sarebbe un personaggio irrilevante, esisterebbe solo grazie al fatto che i giornali parlano di lui (cit.). Se non fosse che alcuni anni fa prese il contenuto di una conversazione riservata tra consiglieri del M5s e la consegnò a Gianroberto Casaleggio. Si parlava proprio di Casaleggio – nello specifico si proponeva di limitarne il potere nel partito. Gianroberto gradì molto: scrisse un post sul blog di Grillo, riportando la conversazione coi nomi oscurati. La minaccia, più che vagamente corleonese, funzionò. Quei consiglieri vennero espulsi e Bugani entrò nelle grazie del clan Casaleggio e fece molta carriera, nonostante la sua spiccata tendenza al fallimento.

Da sempre è socio di Davide Casaleggio nell’Associazione Rousseau. Quando parla, sta parlando Casaleggio. Quando assume un incarico, lo assume Casaleggio.

È stato nello staff di Di Maio a Palazzo Chigi e oggi è il capo staff di Virginia Raggi al Campidoglio, dopo aver lasciato il precedente incarico.

Già questo fatto segnala che Via Morone aveva digerito l’accordo con il Partito Democratico solo per convenienza. Questa legislatura può essere salvata, ma c’è bisogno di tempo per preparare la prossima, durante la quale Casaleggio può permettersi un ruolo di minore responsabilità, se non addirittura di opposizione.

Il modello è quello del noleggio dei seggi parlamentari a trecento euro al mese: possono essere 300, 150 o 100, è più importante che il personale politico rimanga di stretta osservanza casaleggiana, mentre adesso il gruppo è tenuto insieme dalla paura del voto, visto che molti non si possono ricandidare o non saranno rieletti.

La scelta di Casaleggio nelle parole di Max Bugani

Infatti, oggi sul Fatto Quotidiano Bugani svela parte della visione di Casaleggio. La sensazione è che sia “finito un ciclo” e che non si possa ripetere quanto fatto in questi quindici anni. Ci vogliono “linee politiche nuove e forti” e una diversa organizzazione perché il capo politico non può “avere su di sé un carico di responsabilità infinite”.

Salva infine Virginia Raggi, un “giocatore da tenere in squadra”.

Secondo Bugani-Casaleggio si “apre comunque una nuova fase”. Vedremo quali saranno le prossime mosse di Milano. Casaleggio è interessato a mantenere il flusso di denaro verso Rousseau a livelli sufficienti per il suo progetto.

Il taglio del parlamentari comporterà in ogni caso un taglio dei fondi e la strategia non potrà che puntare sulle regioni, altro bacino di seggi a pagamento. I prossimi anni potremmo dunque assistere un ripiegamento locale del Movimento, che magari passerà la prossima legislatura all’opposizione o defilato, per prepararsi al giro successivo.

I soldi di Rousseau

Proseguo il commento dei dieci punti che Casaleggio ha bollato come fake news che riguardano la gestione del Movimento. Oggi parliamo dei soldi di Rousseau.

È un argomento decisivo, perché il modo in cui Casaleggio amministra l’associazione la rende, di fatto, la tesoreria e l’unità organizzativa del Movimento 5 Stelle. Infatti, buona parte del bilancio riguarda la gestione degl’iscritti e l’accantonamento per la tutela legale. Nel passato, per dovere di cronaca, questo accantonamento è servito per pagare le multe al Garante della Privacy. Cioè Casaleggio ha usato i soldi che servivano per lo sviluppo della piattaforma, la gestione degl’iscritti, l’organizzazione degli eventi del partito per pagare la propria incapacità di gestire come avrebbe dovuto i dati.

I fondi, ci spiega, arrivano dalle donazioni di “iscritti e portavoce”. Questa è una inesattezza: i portavoce, intesi come i parlamentari, non effettuano “donazioni” ma pagano un servizio commerciale, cioè la piattaforma. Lo dimostra la natura stessa dell’Associazione Rousseau, che ai fini fiscali è considerata un ente commerciale in virtù di questo scambio, servizio per soldi, che non è liberale quindi no può essere considerato una donazione. Rousseau, per quella parte di bilancio, paga infatti l’IVA.

I soldi drenati dal partito verso Rousseau

C’è poi un fatto non indifferente. Parte dei soldi che gli attivisti pensano di donare al Movimento 5 Stelle, che in realtà entrano nelle casse di Rousseau, sono usati da Casaleggio per organizzare i propri eventi. Il famoso gonfiabile a forma di mouse non riporta i loghi del Movimento, ad esempio. Non sono nemmeno iniziative deliberate dagli organi di partito che, di fatto, è stato espropriato della propria capacità finanziaria. Casaleggio deve ringraziare un comma dello statuto, scritto da Luca Lanzalone, che permette a Rousseau di drenare i soldi che dovrebbero essere spesi per l’attività politica.

In questo modo, Casaleggio non solo amministra la piattaforma ma di fatto è la segreteria e la tesoreria del Movimento, che non ha possibilità di organizzare nulla, contattare i propri sostenitori, tenere consultazioni se non con l’assenso del padrone.

La vittoria in Umbria per Di Maio e Casaleggio

Per tenere insieme il gruppo parlamentare, cioè per tutelare il proprio ruolo, Di Maio e Casaleggio hanno accettato di sostenere un candidato insieme al PD in Umbria. Nel commentare la sconfitta del partito dopo il voto di ieri, non si deve scordare la vittoria del gruppo dirigente. Il risultato, infatti, non avrà conseguenze sulla guida del Movimento, anzi.

Sul Blog delle Stelle si parla già di esperimento fallito, inteso come l’accordo col PD “organico”. Il “via libera” era stato dato dal voto sulla piattaforma, scaricando le responsabilità sulla base: questa è l’argomentazione più forte che Di Maio potrà portare in assemblea per mettere a tacere le poche critiche. La responsabilità sarà fatta ricadere su quella parte (molto piccola) del gruppo che, con pontiere Spadafora, da sempre cerca l’accordo col cadavere del PD.

Quegli stessi personaggi, come riporta il Fatto Quotidiano, avrebbero pronta una lettera da inviare a Casaleggio. I poveretti s’illudono che Davide possa essere in qualche modo dispiaciuto del risultato, ma così facendo lo legittimano, una volta di più, nel suo ruolo di proprietario e padrone, dimostrando non essere da soli capaci di aggredire la guida del ministro degli esteri e consolidando lo status quo.

Il Prestanome del Consiglio

Il Partito Democratico persevera nel suo patetico tentativo di romanizzare i barbari, facendosi barbarizzare dal milanese.

Se il tentativo, come pare, è quello di cercare di sbarazzarsi di Casaleggio pensando che Conte abbia una qualche propria personalità politica, o qualche voto, commettono almeno un paio di errori. Il primo è pensare che di Casaleggio ci si possa sbarazzare. Non succederà, o almeno non in questo modo. Il partito è costruito in modo che possa cambiare pelle velocemente, Casaleggio ha dimostrato grande capacità di adattamento. Inoltre, c’è la fila di personale politico pronto per essere speso a livello nazionale che si sta formando silenziosamente nelle istituzioni locali e arriverà in parlamento (magari dopo un giro all’opposizione) più preparato degli attuali dirigenti.

Il secondo è non capire l’origine della popolarità di Conte negli ambienti finanziari e industriali: è Casaleggio che garantisce. La rete di contatti che gli deriva dal proprio business e dalle cene, chissà quanto eleganti, organizzate dall’Associazione Gianroberto Casaleggio, gli hanno consentito di acquisire influenza e garantire per il Prestanome del Consiglio.

Quando cesserà l’esigenza, cesserà questa garanzia. Casaleggio e Di Maio possono ancora dormire sonni tranquilli.

Casaleggio sul Corriere. Parte 4 di 7: le minoranze

Torniamo a commentare la lettera di Davide Casaleggio al Corriere della Sera. Lo faccio perché il Corriere ha deciso di pubblicarla senza commenti, senza controdeduzioni, senza repliche. Gravissimo soprattutto per quanto riguarda il punto che affronto in questo articolo: Casaleggio e le minoranze.

Con il “paradosso del decisore muto” (qualunque cosa voglia dire) Casaleggio butta nel cesso centinaia di anni di evoluzione della società e dei sistemi democratici liberali.

In sintesi sostiene che quando le minoranze perdono hanno certamente torto, non si sono impegnate abbastanza, non era davvero importante la loro posizione.

Un abominio. Secondo questo ragionamento è giusto che ogni diritto che ancora non è riconosciuto non lo sia. Se in una comunità qualcuno è discriminato perché appartenente a una minoranza è colpa sua che non spiega bene le proprie ragioni.

Non sfiora neanche l’anticamera del cervello (che dev’essere comunque poco spaziosa, vista la stanza) che non si possano avere i mezzi, le risorse, la forza di affermare una propria idea. Che spiegare le proprie ragioni non è necessariamente un’operazione semplice o veloce.

Casaleggio fa perfino degli esempi: Trump e la Brexit. Molto interessante perché lui frequenta esponenti di entrambi questi movimenti. A giugno del 2018 incontrava Steve Bannon a Roma. Tre anni prima, nel suo ufficio, Nigel Farage e il suo staff negli uffici di Casaleggio Associati a Milano. Solo che sia Trump che la Brexit, hanno stabilito le inchieste, sono frutto di colossali violazioni della legge, non della incapacità degli avversari di convincere gli elettori.

Davide Casaleggio è un uomo pericoloso. Va fermato.

Il voto su Rousseau non è certificato

Il 31 agosto 2019, prima del voto sul governo M5s-PD, Casaleggio pubblica sul sito dell’Associazione Rousseau – il Blog delle Stelle – quelle che chiama 10 “fake news” da sfatare sulla sua piattaforma. In questo articolo commentiamo la quinta e la sesta, sulle possibili manipolazioni dei risultati e la certificazione del voto.

Sostiene Casaleggio che ogni modifica del codice, ogni accesso al database, ogni azione amministrativa è tracciata, quindi se succede qualcosa durante il voto, come un attacco esterno, si potrebbe correre subito ai ripari.

Ciò è ovviamente un bene, ma c’è un problema: ci sono tipologie di attacchi che non sono facilmente rilevabili, non lo sono per nulla o ci si accorge con ritardo di averle subite. Spiega l’esperto di sicurezza informatica Gianni Cuozzo che il 70% degli attaccati non sa di esserlo, o di esserlo stato. Quelle di cui parla Casaleggio sono giuste precauzioni, ma totalmente insufficienti.

Ma il voto è comunque certificato da un ente terzo, dice Casaleggio. Falso. Falso. Falso. Primo: non esistono enti terzi che certificano voti online. Proprio in occasione del voto sul governo M5s-PD, dopo il voto hanno rilasciato un documento tra il ridicolo e l’incredibile.

Un notaio pagato da Casaleggio, che è lo stesso che ha firmato la nascita del “nuovo M5s” certificava di aver visto a monitor l’esito del voto mentre il provider che amministra i server ha rilasciato i dati di traffico. Stop.

Qui non c’è nessun ente terzo e soprattutto nessuna certificazione del voto.

Né mai c’è stata.

Casaleggio e le previsioni sbagliate sulla politica

L’anno successivo al video sul futuro dell’editoria, nel 2008, Casaleggio produce un video sul futuro della Politica.

Lo schema è lo stesso: la prima parte racconta il passato, la seconda il futuro.

In questo filmato, il V-Day organizzato dallo stesso Casaleggio l’anno prima è presentato come un evento di portata pari alle proteste di Seattle del 1999 o l’elezione di Obama del 2008 (che azzecca, il video è precedente alle elezioni).

Nel 2018 avremmo dovuto avere il mondo diviso in due: l’Occidente dominato dalla democrazia diretta in Internet e l’Oriente, un aggregato di dittature in cui la rete è controllata. Uno scontro culturale che dovrebbe portare il prossimo anno, nel 2020, alla terza guerra mondiale.

Ora, la democrazia diretta qui ancora, per fortuna, non c’è e la rete è sempre stata sotto controllo in oriente. Quello che non aveva previsto, però, è che le nostre tecnologie ci si sarebbero rivolte contro, con i Russi a giocare coi nostri media durante le elezioni. E proprio il suo partito sarebbe stato uno dei cavalli di troia per cercare di manomettere i nostri processi democratici.

Non ci sono tante altre previsioni a breve termine: nel 2040 l’occidente vince la guerra e un governo mondiale viene eletto in Rete (probabilmente con Rousseau…).

Il governo si chiama Gaia, una citazione di Isaac Asimov.

Il video si conclude con le informazioni sul giorno in cui è girato: il 14 agosto 2054, centenario della nascita di Gianroberto Casaleggio.

Casaleggio e le previsioni sbagliate sull’editoria

Dodici anni fa, nel 2007, Gianroberto Casaleggio ebbe l’idea di cominciare a produrre brevi filmati sulla sua visione di futuro. A distanza di tanti anni possiamo cominciare a fare dei bilanci, a cominciare dal video sulle previsioni del futuro dell’editoria.

Il titolo è “Prometeus” e racconta la storia dell’editoria e l’avvento della Rete, spingendosi a fare previsioni anche molto precise sull’evoluzione del consumo di notizie. Intano una piccola curiosità: la voce è di Enrico Sassoon, all’epoca socio di Casaleggio che abbandonò la società in polemica con la deriva che stava prendendo il Blog di Grillo. E, a dire il vero, anche lo stesso Casaleggio.

Quando fu costruito il video prendeva piede Second Life una realtà virtuale su cui Casaleggio fece investire anche Di Pietro e Italia dei Valori. Era convinto che sarebbe diventata popolarissima. In realtà ebbe poco successo, a parte una fiammata iniziale. Esiste ancora, ma contava nel 2015 solo 900.000 utenti.

Non c’è nessun accenno, nessuno, ai social network. Non se ne parla, non sono nei radar. Facebook muoveva i primi passi, lo conosceva, ma era convinto che sarebbe fallito a breve.

Ovviamente c’è la previsione sulla fine dei giornali “distribuiti gratuitamente”. In realtà sempre di più i quotidiani si spostano verso modelli a pagamento. Apple ha da poco lanciato Apple News+, una sorta di Netflix dei giornali.

Casaleggio immaginava un futuro vicino in cui tutti sarebbero stati connessi gratuitamente. Ovviamente non è così: anche quando accediamo nei locali, il pagamento avviene sotto forma dei nostri dati personali.

Non ci sono nemmeno i totem che stampano i blog per le strade, come suggerisce il video e Second Life non ha lanciato l’avatar vocale.

Previsioni su pubblicità, giornali, tv, business

Non sono state messe tasse sugli schermi, sulla tv e soprattutto nel futuro immaginato da Casaleggio nel 2007 non ci sono gli smartphone (ma c’è qualcosa di simile ai tablet).

Nelle previsioni di Prometeus, nel 2015 tv e giornali sarebbero dovute sparire. Siamo ben lungi da quel momento, che forse non arriverà mai. Ricordo che quell’anno Casaleggio litigò con uno degli speaker della sua conferenza sull’e-commerce perché disse “Internet arriverà sulla TV, non il contrario”. Aveva ragione lui e Casaleggio aveva torto. Oggi la TV è uno dei business preferiti dei grandi produttori, da Netflix ad Amazon ad Apple.

Proprio sul business c’è un altro scivolone: non ci sono state le aggregazioni che aveva immaginato: Google non ha comprato Microsoft e Amazon non ha comprato Yahoo! che è fallita. Non sono nemmeno diventati leader nella distribuzione o produzione di contenuti: come già detto, nel futuro di Casaleggio non c’erano i Social.

Anche sulla pubblicità non ci ha preso per nulla. Secondo Casaleggio, i creator avrebbero scelto la pubblicità da veicolare coi loro contenuti. In realtà i content creator sono quasi schiavi della pubblicità e se decidono di escludere delle categorie ci perdono un sacco di soldi.

L’anno prossimo, secondo Casaleggio, il copyright dovrebbe essere abolito negli Stati Uniti. Permettetemi di dubitare, visto il fallimento di Casaleggio nelle altre previsioni sul futuro dell’editoria.

 

Roussaeu: gli obiettivi di Casaleggio in un’intervista

Ieri sul solito Corriere della Sera (se ve lo state chiedendo: sì, Casaleggio ha degli amichetti al Corriere), c’è un’intervista a Emanuel Mazzilli. Si tratta del programmatore che Casaleggio e Rousseau hanno prelevato da Facebook e messo a lavorare sulla piattaforma.

Ex dipendente anche di Twitter (il che fa capire qualcosina della logica con cui ragionano dalle parti di via Morone, ma questa è un’altra storia), afferma una serie di circostanze che vanno commentate. Alcune sono notizie molto interessanti che aprono finestre sui veri obiettivi di Casaleggio.

Diamo per buono che ha lasciato la California, un lavoro di primo piano in una delle più importanti aziende del mondo per andare da Casaleggio, quello che usava come password amministrativa “davidavi”, perché hanno una “visione comune” su politica e tecnologia.

Mazilli sostiene di aver riscritto “tutte le 14 funzioni esistenti da zero”. Mentre costruiva un team di tecnici che ora coordinerà. Quest’affermazione, detta così, non può essere che una colossale balla. Semplicemente non è possibile fare quanto afferma in 10 mesi.

Primo: la sua esperienza professionale riguarda l’ambito app mobile, territorio completamente diverso da quello in cui opera Rousseau, che è una web app.

Secondo: quel tempo non è minimamente plausibile per “riscrivere da zero tutte le 14 funzioni esistenti” da solo. Proprio non si può fare. Più probabilmente ciò che è stato fatto è una revisione del codice per sistemare i problemi più gravi (ad esempio hanno aggiornato il sistema di login).

Terzo: questa cosa della piattaforma riscritta la ripete più volte. Come se il messaggio che deve passare sia quello. Il che, anche fosse vero, cosa di cui dubito, significa che fino a 10 mesi fa Rousseau era un colabrodo come abbiamo sempre sostenuto mentre Casaleggio lo negava.

La giornalista chiede poi cosa dobbiamo aspettarci per il futuro. Questa è la parte interessante e preoccupante. Sostiene Mazzilli che hanno “progettato il login di Rousseau in modo che possa essere usato per accedere ad altri siti”. Come quando usate Facebook per loggarvi ad altri servizi, così potrete usare Rousseau. Che consente, secondo l’ingegnere, di avere un’identità certificata.

Attenzione, perché sembra che Casaleggio si voglia buttare sul mercato dei servizi digitali per il cittadino e non solo sul voto elettronico come frontiera democratica. La prima cosa che mi viene in mente è che punti a diventare un provider d’identità per SPID. Sarebbe gravissimo: un partito, gestito in quel modo, che fornisce anche identità per accedere all’agenzia delle entrate, al comune, alla posta.

Altra informazione interessante: “Abbiamo un log puntuale degli accessi alle macchine e ai database: qualsiasi cosa facciamo sulle nostre macchine viene registrata”. Riguarda pure quello che succede durante le operazioni di voto quindi. Sarebbe interessante capire quanto puntuale sia il registro perché può essere tranquillamente un bypass all’indicazione di non collegare voti e utenti. Se io traccio su un log in ordine temporale i voti e chi li ha espressi anche in due diversi registri, se faccio il confronto tra i registri posso comunque sapere chi ha votato cosa. Succede questo?

Mazzilli torna dopo mesi a parlare di blockchain per validare il sistema di voto. Ne ho già parlato in passato: la blockchain non serve a nulla in questo ambito (in realtà in nessun ambito, ma va beh…).

Non poteva mancare la bugia sulle passate multe del Garante. Mazzilli sostiene che siano perché avevano sbagliato a scrivere il disclaimer sulla privacy. In realtà perché la piattaforma era insicura: se così non fosse perché mai avrebbe dovuta “riscrivere da zero”?

Non si parla di piattaforma open source, come hanno sostenuto a Italia 5 Stelle ma del progetto che prevede di scrivere collaborativamente l’applicazione mobile. Staremo a vedere, ma il progetto di Casaleggio per la piattaforma Rousseau assume toni sempre più inquietanti.

David Sassoli e Casaleggio Associati

Esattamente un anno fa, l’attuale presidente del Parlamento Europeo David Sassoli (PD) annunciava un’istruttoria per indagare Casaleggio Associati.

Era successo che la deputata M5s Daniela Aiuto si era dimessa dal partito denunciando ingerenze nella sua vita pubblica e privata dell’azienda. Sassoli, all’epoca vice presidente ottenne dall’Ufficio di Presidenza che si avviasse un’istruttoria per indagare. Daniela Aiuto è stata sentita lo scorso dicembre, convocata dall’allora Presidente Tajani. L’ufficio ha concluso che non c’è stata ingerenza.

Noi avevamo sentito telefonicamente Sassoli per intervistarlo per il nostro libro “Il Sistema Casaleggio” che aveva espresso preoccupazioni molto circostanziate.

I partiti usano le fondazioni, ce ne sono decine tutte chiaramente riconoscibili. Casaleggio Associati (e Rousseau) non si capisce come operino. O almeno, ci spiega il Presidente Sassoli, nessuno al Parlamento Europeo ha capito come “funzioni” il M5s (questo presto cambierà, stay tuned).

Quando sollevò la questione in ufficio di Presidenza, tutti capirono che ci fosse un problema da mettere a fuoco, così all’unanimità fu dato il via libera all’istruttoria.

Più in generale, rifletteva con noi Sassoli, qualora ci fossero effettive ingerenze sul lavoro dei parlamentari non esisterebbero strumenti giuridici per individuare o punire questi comportamenti. Di solito il Parlamentare, quando fa interessi privati di qualcuno, è consenziente. È il primo caso di possibile coercizione, un fatto grave che non si sa come affrontare.

Sarebbe interessante consultare i verbali di quelle audizioni per capire in base a cosa si è stabilito che non ci fu ingerenza.