Casaleggio sul Corriere. Parte 4 di 7: le minoranze

Torniamo a commentare la lettera di Davide Casaleggio al Corriere della Sera. Lo faccio perché il Corriere ha deciso di pubblicarla senza commenti, senza controdeduzioni, senza repliche. Gravissimo soprattutto per quanto riguarda il punto che affronto in questo articolo: Casaleggio e le minoranze.

Con il “paradosso del decisore muto” (qualunque cosa voglia dire) Casaleggio butta nel cesso centinaia di anni di evoluzione della società e dei sistemi democratici liberali.

In sintesi sostiene che quando le minoranze perdono hanno certamente torto, non si sono impegnate abbastanza, non era davvero importante la loro posizione.

Un abominio. Secondo questo ragionamento è giusto che ogni diritto che ancora non è riconosciuto non lo sia. Se in una comunità qualcuno è discriminato perché appartenente a una minoranza è colpa sua che non spiega bene le proprie ragioni.

Non sfiora neanche l’anticamera del cervello (che dev’essere comunque poco spaziosa, vista la stanza) che non si possano avere i mezzi, le risorse, la forza di affermare una propria idea. Che spiegare le proprie ragioni non è necessariamente un’operazione semplice o veloce.

Casaleggio fa perfino degli esempi: Trump e la Brexit. Molto interessante perché lui frequenta esponenti di entrambi questi movimenti. A giugno del 2018 incontrava Steve Bannon a Roma. Tre anni prima, nel suo ufficio, Nigel Farage e il suo staff negli uffici di Casaleggio Associati a Milano. Solo che sia Trump che la Brexit, hanno stabilito le inchieste, sono frutto di colossali violazioni della legge, non della incapacità degli avversari di convincere gli elettori.

Davide Casaleggio è un uomo pericoloso. Va fermato.