Casaleggio e le previsioni sbagliate sull’editoria

Dodici anni fa, nel 2007, Gianroberto Casaleggio ebbe l’idea di cominciare a produrre brevi filmati sulla sua visione di futuro. A distanza di tanti anni possiamo cominciare a fare dei bilanci, a cominciare dal video sulle previsioni del futuro dell’editoria.

Il titolo è “Prometeus” e racconta la storia dell’editoria e l’avvento della Rete, spingendosi a fare previsioni anche molto precise sull’evoluzione del consumo di notizie. Intano una piccola curiosità: la voce è di Enrico Sassoon, all’epoca socio di Casaleggio che abbandonò la società in polemica con la deriva che stava prendendo il Blog di Grillo. E, a dire il vero, anche lo stesso Casaleggio.

Quando fu costruito il video prendeva piede Second Life una realtà virtuale su cui Casaleggio fece investire anche Di Pietro e Italia dei Valori. Era convinto che sarebbe diventata popolarissima. In realtà ebbe poco successo, a parte una fiammata iniziale. Esiste ancora, ma contava nel 2015 solo 900.000 utenti.

Non c’è nessun accenno, nessuno, ai social network. Non se ne parla, non sono nei radar. Facebook muoveva i primi passi, lo conosceva, ma era convinto che sarebbe fallito a breve.

Ovviamente c’è la previsione sulla fine dei giornali “distribuiti gratuitamente”. In realtà sempre di più i quotidiani si spostano verso modelli a pagamento. Apple ha da poco lanciato Apple News+, una sorta di Netflix dei giornali.

Casaleggio immaginava un futuro vicino in cui tutti sarebbero stati connessi gratuitamente. Ovviamente non è così: anche quando accediamo nei locali, il pagamento avviene sotto forma dei nostri dati personali.

Non ci sono nemmeno i totem che stampano i blog per le strade, come suggerisce il video e Second Life non ha lanciato l’avatar vocale.

Previsioni su pubblicità, giornali, tv, business

Non sono state messe tasse sugli schermi, sulla tv e soprattutto nel futuro immaginato da Casaleggio nel 2007 non ci sono gli smartphone (ma c’è qualcosa di simile ai tablet).

Nelle previsioni di Prometeus, nel 2015 tv e giornali sarebbero dovute sparire. Siamo ben lungi da quel momento, che forse non arriverà mai. Ricordo che quell’anno Casaleggio litigò con uno degli speaker della sua conferenza sull’e-commerce perché disse “Internet arriverà sulla TV, non il contrario”. Aveva ragione lui e Casaleggio aveva torto. Oggi la TV è uno dei business preferiti dei grandi produttori, da Netflix ad Amazon ad Apple.

Proprio sul business c’è un altro scivolone: non ci sono state le aggregazioni che aveva immaginato: Google non ha comprato Microsoft e Amazon non ha comprato Yahoo! che è fallita. Non sono nemmeno diventati leader nella distribuzione o produzione di contenuti: come già detto, nel futuro di Casaleggio non c’erano i Social.

Anche sulla pubblicità non ci ha preso per nulla. Secondo Casaleggio, i creator avrebbero scelto la pubblicità da veicolare coi loro contenuti. In realtà i content creator sono quasi schiavi della pubblicità e se decidono di escludere delle categorie ci perdono un sacco di soldi.

L’anno prossimo, secondo Casaleggio, il copyright dovrebbe essere abolito negli Stati Uniti. Permettetemi di dubitare, visto il fallimento di Casaleggio nelle altre previsioni sul futuro dell’editoria.

 

Il golpe di Davide

Poi arriva Davide Casaleggio.

Che a colazione prende sempre brioche e succo di pera.

Ogni giorno, brioche e succo di pera.

Tanto è pieno di idee Gianroberto, tanto è metodico suo figlio Davide.
L’uomo che adesso ha le chiavi e i codici del Movimento Cinque Stelle è il consigliere più fidato del padre “a cui si affida tanto, nel bene e nel male” spiegano sempre dai piani alti del Movimento, ma senza la stessa passione politica e lucidità di visione.

Il padre ha i sogni.

Il figlio li traduce in tattiche e azioni pratiche.

Il padre fa riunioni a porte aperte.

Il figlio fa riunioni a porte chiuse.

Il massimo frutto di questo sforzo analitico è il libro “Tu sei Rete”: lì sono descritte le teorie alla base dell’organizzazione del M5S.

Lui, Davide, dà l’ok alle comunicazioni che partono dallo “Staff di Beppe Grillo”; lui tiene i contatti con i consulenti esterni, in particolare lo studio Montefusco, quello che spedisce, tra l’altro, le lettere di espulsione, cioè di revoca dell’utilizzo del logo del MoVimento che colpisce iscritti, eletti o interi gruppi sul territorio.

Lui è il figlio del capo, sta simpatico a pochi e si scontra spesso con gli altri soci; all’occorrenza fa valere il suo status. Campione di scacchi da bambino, persona riservata e abitudinaria.

Il padre è autorevole.

Il figlio impone metodi e obiettivi. “Conta l’obiettivo” è il suo motto.

Oggi Gianroberto non c’è più.

C’è solo Davide. E’ lui che, da presidente della Casaleggio Associati e dell’Associazione Rousseau, nata dopo la scomparsa di Gianroberto, dovrà gestire e risolvere il conflitto di interessi — evidente — tra le attività commerciali e quelle politiche che amministra.

Prima che sia troppo tardi.

Prima che i “movimenti ad alti livelli” nel gruppo parlamentare, a cui si riferisce il già citato dirigente, gli impongano quella “chiarezza di impostazione di tutta la struttura” che non si può permettere di subire, ma deve governare.

C’è gran confusione tra Movimento e blog, tra il ruolo della Casaleggio e quello di Grillo, le ambizioni sfrenate dei rampanti membri del Direttorio e una base sempre più disorientata.

La Casaleggio Associati gestisce alcune attività editoriali commerciali come i portali TzeTze (vero e proprio sito acchiappa click, e su questo ci ritorneremo….) e La Fucina. I proventi vanno ovviamente all’azienda. Casaleggio senior aveva sempre negato una relazione tra questi siti e l’attività politica dei Cinque Stelle, ma proprio il blog di Grillo e la sua pagina Facebook ne sponsorizzavano i contenuti, creando non pochi imbarazzi tra i parlamentari.

Davide e soci non sono amati nel Movimento e le loro azioni, all’interno del gruppo parlamentare, sono oggetto di grandi discussioni. Si pretende chiarezza “ai più alti livelli”. Ma in realtà dietro questa richiesta ognuno si gioca la sua partita.

Obiettivo: i dati del portale Rousseau, di cui Beppe Grillo è responsabile legale, ma che sono amministrati dalla Casaleggio Associati e che, soprattutto, fanno gola ai parlamentari, impegnati nella loro scalata al Movimento.

Casaleggio Associati non è un ente di beneficenza, è una srl. E ha un evidente interesse al controllo di questi dati: conoscere il “profilo” delle persone che hanno a che fare con il Movimento, chi sono, dove abitano, come votano, quanto donano, ha un valore commerciale potenziale incalcolabile. Può essere utile, ad esempio, a indirizzare meglio gli investimenti pubblicitari delle altre attività editoriali: se hai donato spesso, o sei molto attivo sul portale, sarà presumibilmente più probabile che tu sia predisposto ad acquistare un libro che tratta i temi a cui sei interessato.

Party like a Russian

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Alessandro Di Battista

“Party like a Russian / End of discussion…” canta Robbie Williams nella hit del momento, “Party like a Russian”. Ma non c’è solo lui ad avere l’ambizione di partecipare a certe feste alla corte dell’imperatore Putin. Anche Alessandro Di Battista, Ministro degli Esteri in pectore in un possibile governo dei Cinque Stelle, ha il suo Russian Style. E mica lo nasconde.

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“Che ne dite di farci dare una mano per la campagna sul referendum costituzionale dall’ambasciatore russo? Con tutto quello che stiamo facendo per loro…”

A parlare così è proprio Di Battista. Parole pronunciate negli uffici del gruppo parlamentare tra ottobre e novembre 2016, quando ancora non erano uscite inchieste sulle affinità tra la propaganda pro-Putin e quella del M5S.

Parole che raccontano un contesto, quello internazionale, che vede un attivismo frenetico del Movimento per farsi conoscere — e riconoscere — dall’establishment in Europa e nel mondo. Stiamo parlando di uno dei nodi meno conosciuti della storia del Movimento, quello riguardante la politica estera. Nel programma infatti non c’è nemmeno una riga al riguardo.

Ma perché Di Battista pensa ad alta voce di chiedere aiuto ai russi per la battaglia sul referendum? Cosa c’entra la Russia con l’Italia? E soprattutto, cosa c’entra Putin con i Cinque Stelle?

Fino al 2014, in coincidenza con la guerra in Ucraina, la Russia e Putin erano fuori dagli interessi del Movimento. Anzi, peggio. Putin veniva definito uno “zar dagli affari oscuri”.

Anna Politkovskaya

C’era una volta , prima dello sbarco in Parlamento, il Movimento che esaltava i movimenti di contestazione americani, elevava a suo nume Julian Assange, eleggeva come icona dell’informazione il nemico pubblico numero uno di Putin, Anna Politkovskaja, e le proteste laiche e libertarie delle Pussy Riot; guardava infine con simpatia ai proclami della primavera araba.

Quando Vladimir Putin arriva in Italia, fresco dell’approvazione della prima legge “ammazza blog”, l’accoglienza del Movimento è gelida: “Noi chiediamo che il governo venga a riferire in aula al più presto sugli oscuri affari con lo zar russo’’ recita una nota del gruppo alla Camera.

Fino a tutto il 2013 Putin e la Russia erano davvero lontani dall’orizzonte del Movimento: uno che fa affari oscuri, che discrimina i gay, che uccide la democrazia sul web.


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