The Democrat dilemma

C’è un bell’articolo di Nicola Pedrazzi sul Mulino. L’analisi storica sulla genesi e il successo del Movimento 5 Stelle sono assolutamente condivisibili e vi consiglio di leggerle con attenzione. C’è tanto, in quelle righe, anche su di noi.

Nicola rilancia il pezzo su Twitter con questo commento:

Io non condivido la tesi. Forse poteva essere vero qualche anno fa: il Movimento non era organico al centrosinistra, come non lo era al centro destra pur condividendone sostanzialmente tutte le peggiori piattaforme. Ciò che davvero voleva e vuole ottenere il Clan Casaleggio non è rovesciare il sistema ma sedersene a capotavola. Ora, tale obiettivo può essere ottenuto in svariati modi, con la destra, con la sinistra, con una legge maggioritaria, eccetera.

Ma io credo che un errore molto grave sia sopravvalutare la nobiltà delle intenzioni del centrosinistra italiano. Soprattutto il Partito Democratico, temo si senta investito di una missione sacra per conto di Dio per la quale ogni compromesso diventa digeribile pur di restare al potere. Lo dice la storia. Il PD – nelle sue successive reincarnazioni – è quel partito che ha spiegato di dover governare con Mastella per evitare Berlusconi. Poi con Berlusconi per evitare Grillo e Casaleggio. Adesso con Grillo e Casaleggio per evitare Salvini. Non credo ci siano limiti scolpiti nella pietra.

Per questo, dal mio punto di vista, la questione va ribaltata: accettare una personalità mediocre come Conte, accettare il macroscopico conflitto d’interessi di Casaleggio, significa che culturalmente Grillo e Casaleggio hanno vinto. Non Di Maio.

Io penso che il Movimento 5 Stelle, oramai, non sia “estraneo” al centrosinistra, ma che il centrosinistra sia ormai organico – per scelta consapevole – ai Cinquestelle fintanto che la somma dei parlamentari di ciascuno permetterà loro di restare coi piedi ben piantati nei ministeri. Non è vero, come dice Bersani, che il M5S sia un “personaggio in cerca d’autore”: l’autore ce l’hanno, si chiama Davide Casaleggio. È il centrosinistra che si è adattato a cambiare spartito a seconda delle circostanze. La domanda è: il PD è disposto a sacrificare il governo Conte (con l’elezione del capo dello stato fra due anni) se il mese prossimo Di Battista dovesse vincere (qualsiasi cosa voglia dire da quelle parti) il congresso?

Io credo che da qui non se ne possa uscire, finché non ci sarà qualche sostanziale novità nell’offerta politica del Paese.

Appendino e Di Battista, il nuovo accordo con Casaleggio

In questa prima puntata del nuovo corso del Podcast parliamo subito del nuovo possibile assetto del Movimento 5 Stelle. Mentre Crimi e Lombardi sono costretti a rispondere su Facebook a Casaleggio, che pubblica le sue condizioni sul Blog delle Stelle, Di Battista e Appendino si riposizionano per scalare il partito e stringono un accordo con Casaleggio.

Per la serie il ciarlatano della settimana (scherzo, non ne farò una rubrica, ma dovevo sputare questo rospo), un breve racconto della storia di Stefano Montanari.

Infine la storia che ha commosso il web: l’incredibile vicenda di Franco Sala, il re del Twitter, raccontato da David Puente.

Forza Casaleggio!

Ben ritrovati!

È passato un po’ di tempo, lo so, ma sto lavorando a qualche novità. Fare i video quotidiani non era più sostenibile per me, ma non voglio smettere di creare contenuti. Prestissimo vi faccio sapere cosa sto cucinando.

Nel frattempo vi lascio due cosucce interessanti che ho fatto insieme a Nicola Biondo. Una chiacchierata a due io e lui (Podcast qui sopra) e una insieme a Costantino de Blasi su LiberiOltre (Video qui sotto).

A presto!

Davide Casaleggio che spiega cose

Casaleggio è un po’ così: gli parte l’embolo e conferma quel che vuole smentire, tra uno strafalcione grammaticale e l’altro.

Non so da dove iniziare il commento al post di fine anno di Davide Casaleggio.

C’è un errore grammaticale nelle prime 4 parole, è riuscito a sbagliare tutti – dicasi tutti – gli accenti delle “e”, come al solito conferma quanto vorrebbe smentire. Come sempre, nell’arco di quest’anno. Non era facile farlo con questa costanza per dodici mesi.

Il post merita il commento ragionato per due motivi: non lo ha fatto nessuno, tra i giornalisti e commentatori, e soprattutto è un pezzo di rara comicità contenutistica e linguistica.

L’introduzione

Partiamo dall’introduzione dei soliti dieci punti che Casaleggio espone. Come saprete, nelle ultime settimane si è molto parlato di Casaleggio Associati, per vari motivi. Emerge sempre più chiaramente che la posizione di Davide Casaleggio, presidente dell’azienda e dell’Associazione Rousseau, è in palese conflitto d’interessi. Il potere d’influenza dell’Erede sta diventando ingombrante. Davidavi imposta il suo messaggio, quindi, con l’intento di smorzare questa percezione. Lui è solo un tecnico che dà una mano a titolo gratuito, ha sempre detto.

A conferma, nei primi paragrafi dice: “Ho preferito non alimentare le polveri in un momento delicato come la legge di bilancio visto che mi sembravano strumentali alla contrattazione in corso da parte delle forze parlamentari.”

Rileggete ad alta voce, due volte. Fatto? Perfetto. Sì, apparentemente non ha senso. Non in italiano, almeno. Non si capisce cosa voglia dire che “le polveri”, se “alimentate” (con cosa? Curcuma? Pizza?) dovrebbero “essere strumentali da parte delle forze”.

Ma voi avete me, che in tre anni e mezzo ho potuto imparare a tradurre dal casaleggese all’italiano. Quello che vorrebbe dire è che, responsabilmente, ha evitato di parlare durante la formazione della legge di bilancio. Ohibò! Un suo sospiro quindi avrebbe potuto influenzare il governo! E chi l’avrebbe detto che Casaleggio ha una forte influenza sul partito e sul governo del Paese!!!

Insomma, come sempre quando gli parte l’embolo e non consulta il suo ufficio stampa, che almeno avrebbe corretto la grammatica e la sintassi, alla seconda frase si è legato il cappio attorno ai gioielli di famiglia, confermando con le sue parole quello che avrebbe dovuto, e voluto, smentire.

I conti dell’azienda

Come sempre da quando il Movimento è al governo e Casaleggio Associati ha ripreso a macinare fatturato, Davide cerca di negare l’evidenza. In questo caso, cita un paio di dati presi arbitrariamente dallo storico dei bilanci dell’azienda che, apparentemente, dimostrano che il M5s è stato causa di perdite finanziare per la società di famiglia. Lo è stato in alcuni momenti, appena prima della morte di Gianroberto Casaleggio, pessimo manager. Quando Davide subentra e prende il controllo di partito e azienda, opera immediatamente una riorganizzazione delle risorse, spostando Pietro Dettori da Casaleggio Associati a Rousseau, costituita in circostanze molto singolari mentre suo padre, in condizioni gravi di salute, era sul letto di morte. Grazie al Partito, salva i conti dell’azienda che, nel 2018 – primo anno del M5s al governo – raddoppia il fatturato e quasi decuplica gli utili. Qui trovate un’analisi più approfondita.

Casaleggio Continua spiegando che no, non assiste il Movimento per soldi. Non specifica chi abbia insinuato una simile corbelleria, ma tiene a precisare che, se volesse, potrebbe ottenere una nomina da “centinaia di migliaia di euro di solo stipendio”. Confermando di nuovo la sua influenza sul governo, a cui potrebbe chiedere una nomina col solo schiocco delle dita, per ottenere un sacco di soldi “di solo stipendio”. Per non parlare del resto. Quale sia il suo retropensiero sul resto, lo lascio immaginare al lettore.

Ancora una volta, conferma il suo potere di fatto, che deriva dall’essere sostanzialmente il capo del primo partito di governo. Lo scrivo, chiaro, qui a futura memoria, caso mai qualcuno deputato per legge a farlo volesse appurare la circostanza.

Le attività sospette di Casaleggio Associati

Di attività sospette non parlo io ma l’ufficio anti riciclaggio della Banca D’Italia. Attraverso degli accertamenti della Guardia di Finanzia, si è appurata l’esistenza di alcuni contratti che hanno portato a movimentazioni sospette di denaro. In particolare, sotto controllo è stato messo il rapporto contrattuale con Moby, azienda concessionaria di Stato.

Perché il contratto Casaleggio-Moby è ritenuto a rischio? Perché Davide Casaleggio è Persona Esposta Politicamente (PEP). Significa che il suo ruolo politico viene considerato quello di dirigente nazionale di un partito. Uno status che impone il controllo perché, potenzialmente, lo mette tecnicamente in condizione di eventualmente commettere reati tipici come corruzione o traffico illecito d’influenze. Per questo motivo, le persone con quello status sono sottoposte alla verifica delle movimentazioni sui conti correnti loro, dei familiari e delle loro aziende.

Moby ha un contratto che prevede, tra le altre cose, la “sensibilizzazione” delle istituzioni circa delle normative a cui l’azienda è interessata. Solo che le “istituzioni” sono il partito che Casaleggio guida e 600.000 euro più bonus sono un sacco di soldi.

Il problema non è, come vorrebbe far credere Casaleggio, che Moby avrebbe ottenuto effettivamente vantaggi da questo contratto nel suo rapporto col governo. Sarebbe vietato anche che qualcuno gliel’avesse ventilato. Per questo sono in corso gli accertamenti.

E in effetti, date le circostanze, la questione potrebbe essere anche più grave. Casaleggio conferma che Moby era “sotto attacco” dei responsabili trasporti del governo. Il ministro competente era Toninelli che, guarda un po’, è stato poi rimosso dal suo incarico. Fatto che a Moby non può che far piacere. Tutto bene?

Il conflitto di interessi di Davide Casaleggio

Non è Casaleggio Associati ad essere accusata di conflitto di interessi, come scrive l’Erede, ma proprio Davide Casaleggio.

Probabilmente i suoi soci si sono stancati di lavorare sotto questa costante pressione. Però se la definizione di conflitto d’interessi fosse quella di Davide (“quando una persona ha potere di firma su due lati dello stesso tavolo di contrattazione”), allora con Berlusconi abbiamo preso tutti un’enorme cantonata.

No, non c’entra il potere di firma, ma l’influenza (c’è pure un apposito reato) che una persona può operare per cui può decidere di fare i propri interessi o quelli della collettività.

Ma qui il conflitto d’interessi non è presunto: è certo. Come già detto, Casaleggio è Persona Esposta Politicamente. È un dirigente politico nazionale, quindi qualsiasi suo interesse privato è potenzialmente in conflitto con quello pubblico. E fa niente se la considera una “litania”, questa denuncia. Continueremo a recitarla finché l’inferno non ghiaccerà, se sarà necessario.

Nonostante le minacce che Casaleggio esprime nei confronti del parlamento, alludendo a “120 parlamentari con quote in un’azienda”. Ancora una volta, mettendo se stesso sullo stesso piano di ruoli apicali della politica italiana. Un genio.

Questo problema, peraltro, non si manifesta solo per il contratto con Moby. Casaleggio, per la natura delle sue attività commerciali, non dovrebbe nemmeno parlare dei piani sull’innovazione del Governo. Invece, non solo compare nei ringraziamenti del Ministro ma conferma di aver contribuito alla sua formazioni facendo consulenza gratuita.

Casaleggio ha rapporti commerciali anche con società di Fintech, di Food Delivery, di logistica. Tutte legittimamente interessate a normative che favoriscano i rispettivi business. Ma Casaleggio non se ne dovrebbe occupare, avendo responsabilità politiche che possono favorire quelle commerciali. Che quella consulenza “gratuita” gli porti vantaggi indiretti?

Piccola nota di colore è il passaggio in cui rassicura sui suoi rapporti con Grillo. L’osservazione più interessante è quella in cui rivela di essere stato al Campidoglio quando il Corriere sosteneva fosse a colloquio col suo avvocato. Ma, di grazia, cosa ci faceva in Campidoglio visto che non è nemmeno residente a Roma? Parlava di faccende politiche o amministrative col sindaco o col suo staff? Di business? Possiamo saperlo?

Cambridge Analytica

Infine, tra minacce di querela assortite come suo solito, Casaleggio precisa di non avere nulla a che fare con Cambridge Analytica. Il riferimento è allo scoop di Nicola Biondo sull’applicazione sviluppata da Casaleggio Associati che, potenzialmente, può avergli permesso di profilare milioni di profili Facebook senza che gli interessati ne fossero al corrente.

Su questo indaga, come al solito, il Garante della Privacy. Che peraltro dovrà essere rinnovato: di nuovo il conflitto di interessi, visto che Casaleggio ha potere di influenza su questa nomina ed è – direi quasi costantemente – sottoposto a verifiche sulle sue condotte da parte dell’Autorità.

Sono sicuro che il 2020 ci regalerà meravigliosi sviluppi di queste vicende. Io ho le dita che mi prudono, chissà che il Nostro non ci regali argomenti per nuovi approfondimenti che valgano una nuova fatica letteraria!

I profili fake di Rousseau

La nona presunta fake news riguardo il voto su Rousseau che Casaleggio vorrebbe sfatare riguarda la presenza di profili fake sulla piattaforma.

Sarebbero identità false, non corrispondenti a persone reali.

La replica rispetto a questa contestazione è piuttosto debole. Sostiene che i profili sono certificati solo se viene caricato un documento ufficiale, una email e un numero di telefono verificati.

Solo che un controllo del genere è molto facile da aggirare. Anzitutto, non è detto che chi sta fisicamente davanti allo schermo sia effettivamente chi dice di essere. Questo problema è irrisolvibile se non c’è un controllo fisico, di persona, dell’iscritto. Non si può avere in alcun modo la sicurezza che sia io a usare i miei documenti e non altri.

Aprire un indirizzo email e ottenere un’utenza telefonica è questione di pochi minuti. Non è nemmeno possibile controllare che il numero di telefono sia effettivamente intestato a chi lo usa. Le argomentazioni di Casaleggio, quindi, sono inutili. Tant’è che già dieci anni fa, quando si stava progettando il sistema, una dei problemi che io stesso avevo sollevato era proprio la modalità di verifica dell’identità. La scelta di Gianroberto Casaleggio fu quella di non complicare il processo ma inserire un deterrente legale. L’idea era quella di sfruttare la norma che punisce chi dichiara falsamente la propria identità. Quella norma però è ora stata soppressa, quindi anche avvenisse non c’è alcun modo di punire questo comportamento.

Inoltre, non si affronta il problema tecnico di eventuali errori del codice che permettessero la duplicazione delle utenze o il voto multiplo.

Infine, dichiarare il numero di aventi diritto al voto, come fa Rousseau, senza possibilità di verificarlo è totalmente inutile. È la parola di Casaleggio, di cui ci si deve fidare. E un sistema di voto che non sia intrinsecamente sicuro ma che preveda la necessità di fidarsi di qualcuno è di per sé inadeguato.

Incontro al Parlamento Europeo il 12 novembre

Oggi solo una comunicazione di servizio: sono stato invitato al Parlamento Europeo per una conferenza. Il titolo è “How is politics influenced by big data, micro-targeting and profiling? The case of the Five Star Movement in Italy and Brexit in the UK” – “Come la politica è influenzata da big-data, microtargeting e profilazione? Il caso del Movimento 5 Stelle in Italia e della Brexit nel Regno Unito“.

L’evento è organizzato dall’On. Alexandra Geese (Verdi) e si terrà il prossimo 12 novembre alle 15.30.

Saranno con me, oltre all’onorevole Geese, Jacopo Iacoboni, giornalista, Dr. Judith Möller (Assistant Professor for Political Communication, University of Amsterdam), Dr. Monica Horten (Visiting Fellow, London School of Economics) e Frederik Borgesius (Professor ICT and Law, Radbound University).

Se avete domande o suggerimenti, usate pure la sezione commenti!

Casaleggio, i dati e la fine di Di Pietro

Casaleggio Associati gestiva i dati del partito di Di Pietro. Il modo in cui la sua carriera e il suo partito sono finiti ne sono conseguenza diretta.

Quella vicenda è l’esempio pratico del motivo per cui Davide Casaleggio, tramite Rousseau, è il vero padrone del Movimento 5 Stelle.

Facciamo un passo indietro: tra il 2005 e il 2010 Casaleggio Associati ha gestito la comunicazione dell’Italia dei Valori, il partito di Antonio Di Pietro. Tra le attività, ci fu lo sviluppo di un sistema di gestione dell’anagrafica del partito che si chiamava UBIK.

Ubik era un software che permetteva ricerche tra gl’iscritti, invio di comunicazioni a segmenti di persone, una rudimentale profilazione.

Se volevi invitare gl’iscritti di Milano a una conferenza, mandare un comunicato solo ai giornalisti, scrivere solo ai contatti di Palermo, potevi farlo con Ubik.

Casaleggio Associati organizzava regolarmente gli eventi del partito e l’invio di comunicazioni e monitorava il successo (tecnicamente la “conversione”) di ciascuna comunicazione.

Aveva cioè acquisito la capacità di gestire quei dati, pur non essendo di proprietà dell’azienda. Il know how per l’amministrazione del partito era di fatto negli uffici di Casaleggio Associati.

Quando, dopo il voto europeo del 2009, i dirigenti dell’Italia dei Valori costrinsero Di Pietro a rinunciare alle consulenze di Casaleggio, che stava “infiltrando” il partito con le candidature promosse dal Blog di Beppe Grillo, UBIK, i canali di comunicazione, i contatti cominciano ad essere gestiti da personale di Roma. Fu letteralmente un disastro. Nessuno si rivelò in grado di gestire con efficacia quel patrimonio di dati, nessuno aveva il know how. Era rimasto in azienda e fu reinvestito nel Movimento 5 Stelle.

Il Movimento e Rousseau

Bene, il Movimento è nelle stesse condizioni: l’Associazione Rousseau possiede tutto il know how, le capacità di amministrazione sia dei dati che dei fondi del partito. Casaleggio e il suo staff sono gli unici che sanno utilizzare gli strumenti che loro stessi hanno costruito nel corso del tempo.

Conoscono i profili dell’elettorato, come reagiscono alle comunicazioni le persone che vengono contattate, chi sono gli elettori più impegnati e così via.

Se per qualsiasi motivo Il Movimento non fosse più amministrato da Casaleggio farebbe la stessa fine dell’Italia dei Valori. Per questo Davide è di fatto il padrone del partito e può disporne come più gli aggrada.

Marattin evita il dialogo: una tecnica di Casaleggio

La scorsa settimana Luigi Marattin ha proposto di obbligare chiunque voglia usare i social network a fornire un documento d’identità, ma evita il dialogo con gli esperti che lo contestano.

Non voglio parlare della proposta (sintesi: è una puttanata, Stefano Zanero qui spiega bene perché), ma il modo in cui non ha interagito in rete con la comunità.

Questa è l’ennesima eredità di Gianroberto Casaleggio. Una delle critiche più fondate che si facevano al Blog di Grillo degli anni Duemila è che fosse un canale unidirezionale.

Grillo, in realtà Casaleggio, scriveva un post, sotto c’erano i commenti ma Grillo non replicava mai.

La scelta era voluta: Casaleggio non ingaggiava mai, in chiaro, una discussione con qualcuno. Piuttosto, pescava dai commenti quelli che riteneva utili a sostenere le sue tesi o raggiungere i suoi obiettivi e li rilanciava.

Così ha fatto Marattin in questi giorni: non ha mai replicato direttamente agli esperti che contestavano, documentatamente, la sua proposta. Pescava dal mucchio alcune critiche, di sua scelta, senza citare l’autore, e le commentava spesso alterando il senso della contestazione iniziale.

Perché Marattin evita il dialogo?

Questo sistema è molto insidioso: permette a chi lo usa di dare una parvenza d’interesse al dialogo, galvanizzando i follower (all’epoca i lettori del Blog) e di fatto non rispondendo mai nel merito delle questioni. I toni assertivi provocano la reazione di chi non è d’accordo, spesso frustrata che quindi porta chi legge a ritenere non sufficientemente solida la contestazione.

Il veleno di Gianroberto

Non è certo il caso di Stefano Zanero, Fabio Chiusi e altri che hanno puntualmente spiegato e documentato i motivi per cui quella proposta è inutile, dannosa e stupida. Ma è interessante, anzi è preoccupante, registrare come il veleno di Gianroberto sia ormai penetrato in quasi tutte le dinamiche politiche, dalla discussione alle visioni più lunghe.