La firma di Grillo vale quanto un soldo bucato

Avendo lavorato con Beppe Grillo quasi quattro anni, ho visto bene cosa succede quando qualcuno gli chiede di aderire a qualcosa. Credetemi, la firma di Grillo vale quanto un soldo bucato.

Settimana scorsa, Roberto Burioni pubblicava un post in cui spiegava di essere riuscito a mettere d’accordo Beppe Grillo e Matteo Renzi. Entrambi avevano firmato il suo “Patto trasversale per la scienza”. Un’iniziativa lodevole, opportuna e necessaria, secondo me.

Negli stessi minuti, Beppe Grillo confermava la notizia incredibile sul suo Blog. Nel corso delle ore, però, a quel post si sono aggiunte precisazioni, prima e dopo l’appello. Infine un secondo post.

Grillo prima spiega come l’appello gli sia stato proposto dal professor Guido Silvestri. Poi ci tiene a sottolineare, rispondendo a Beatrice Lorenzin, che non c’è stata nessuna svolta nelle sue opinioni: è sempre contrario all’obbligo vaccinale, ma favorevole alla scienza. Salvo che, nello scriverlo, dice “quando i vaccini sono sicuri“.

Nel secondo post rivendica la sottoscrizione del patto, aggiungendo che l’obbligo vaccinale resta questione politica, e che lui è contrario. Il che, ovviamente, conoscendo un minimo le attività di Roberto Burioni suona veramente curioso.

Insomma, Grillo non aveva idea che l’appello partisse dal virologo del San Raffaele, detestato dal Movimento 5 Stelle perché amico di Matteo Renzi.

Credo che, conoscendo Beppe, il suo amico Silvestri gli abbia preparato un mezzo tranello. Ben sapendo che a Grillo non piace dire di no. Non ha voglia di discutere, spiegare, scontrarsi con le persone che conosce: lui dice sempre di sì. Salvo poi doversi levare dall’imbarazzo dei casini che quel “sì” può implicare.

Abbiamo raccontato un episodio simile in Supernova. Pochi giorni dopo il V-Day di Bologna, Oliviero Beha ed Elio Veltri gli proposero di firmare un appello per una “Lista Civica Nazionale”. A Roma comparvero centinaia di volantini che recitavano “Dal V-Day alla Lista Civica Nazionale”. Era successa la stessa cosa: conoscendo i due, gli aveva semplicemente detto “sì sì dai andate avanti, sono con voi” e loro l’avevano preso in parola. Salvo poi negare tutto con un post sul Blog, dopo la sfuriata di Gianroberto Casaleggio che ben altro aveva in mente.

Ma questa è un’altra storia.

La Bestia siete voi

Voglio fare un paio di riflessioni sulla comunicazione di Salvini e Di Maio.

La prima è che il Movimento rincorre. Da settimane lo stile dei parlamentari, soprattutto del ministro del Lavoro, sui social network replica quello di Salvini e Morisi. Soprattutto durante le vacanze natalizie è stato un fiorire di cuoricini, bacioni, piste da sci, bambini, piatti tipici.

Morisi è più bravo di Casaleggio e di Casalino. Almeno lo è stato fino ad ora, visto che anche i dati di “coinvolgimento” dei profili del capo della Lega non stanno andando benissimo. Questo è uno dei motivi, peraltro, per cui anche l’azione politica è a rimorchio dei leghisti: sanno imporre l’agenda, sia che si tratti di scemate sia di temi sensibili. Chiusa la manovra, infatti, si è tornati subito a parlare d’immigrazione.

La seconda è sulla cosiddetta “Bestia”, il sistema che Luca Morisi e il suo staff utilizzerebbero per gestire la comunicazione del “Capitano” Salvini. La riflessione è la seguente: la Bestia non esiste, siete voi.

La Bestia è stata descritta mesi fa da Rolling Stone come un sofisticato strumento informatico che permetterebbe il monitoraggio in tempo reale dei profili e del “sentiment” della Rete. Venne descritto un sistema simile, anni fa, in relazione alla comunicazione del Movimento.

La verità è probabilmente più semplice: l’agenzia di Morisi non fa che utilizzare le decine di strumenti di analisi e automazione disponibili a tutti, gratis o quasi. Non c’è nessun sofisticatissimo strumento, solo intuizioni e implementazioni efficaci.

La Bestia siete voi perché la comunicazione online di queste persone si basa sulla ripetizione del messaggio da parte degli utenti, che così lo propagano. Mandare a quel paese Salvini su Twitter e Facebook ha il solo effetto di moltiplicare le persone (quelle a voi connesse) che vedranno quel messaggio. Siete voi, che commentate, riportate, v’indignate (giustamente) per i post fuori contesto di Salvini, la sua manovalanza.

In questo modo si ha il doppio effetto di parlare molto della merenda del ministro e poco del fatto che al ministero ci passa mezza giornata ogni tanto facendo danni.

Così, perché lo sappiate.

La nuova maggioranza

Piano piano, a piccoli passi, si sta configurando la nuova maggioranza.

Settimana scorsa il Movimento ha espulso due senatori, riducendo il vantaggio rispetto alle opposizioni di soli quattro voti.

A breve non sono previsti voti decisivi e nessuno vuol far cadere il governo, ma si sta già lavorando dietro le quinte all’alternativa qualora qualche altro senatore uscisse dal gruppo, attivamente o passivamente.

Ovviamente lo guardo è rivolto a Fratelli D’Italia e a Giorgia Meloni. Lo conferma al Messaggero il capogruppo M5s al Senato Stefano Patuanelli: “Se altre forze politiche percepiscono la bontà dei nostri provvedimenti, ben vengano i loro voti”. Un atteggiamento molto diverso da quello del maggio scorso, quando Di Maio mise il veto anche alla sola ipotesi di un accordo a tre.

Va detto anche che dal partito di destra è arrivato, al momento, una risposta negativa.

Ma la legislatura è ancora lunga e le trattative iniziano sempre con un secco “no”.

Rousseau gratis, pagano i parlamentari M5s

 

Ieri Di Maio ha rilasciato un’esilarante intervista pubblicata sul Corriere della Sera.

Tra le altre cose, torna sul tema delle alleanze dopo il voto europeo, di cui parlavamo settimana scorsa. Pare che ci siano i saldi anche sulla piattaforma Rousseau.

Nel tentativo di raccogliere i cocci del gruppo con Farage e di quello dei conservatori che andranno in frantumi senza i parlamentari del Regno Unito, Di Maio e Casaleggio offrono l’uso di Rousseau ai potenziali alleati europei.

Un po’ pochino rispetto all’alleato Salvini, che può promettere invece un accordo di governo del Continente insieme al Partito Popolare.

Ma il paradosso più divertente sarà che i parlamentari del Movimento dovranno pagare per una piattaforma privata, in gestione a Casaleggio tramite l’Associazione Rousseau, per darla evidentemente in comodato d’uso gratuito a parlamentari ed elettori stranieri. Immagino saranno tutti molto felici di sapere di essere gli unici fessi a tassarsi per sviluppare un prodotto privato che altri clienti possono usare senza sborsare un centesimo.

La campagna elettorale sarà davvero divertente.

Europee: Salvini e Di Maio cacciano nella stessa foresta

Fino al 23 maggio, quando si rinnoverà il Parlamento Europeo, parleremo spesso di quel che accade a Bruxelles in vista dei nuovi assetti politici.

Qualche settimana fa vi avevo raccontato perché il Movimento potrebbe avere grosse difficoltà dopo il voto europeo, tra le strategie di Di Maio e i veti di Casaleggio.

In breve: per contare qualcosa il Movimento deve far parte di un gruppo politico. A causa della Brexit, lo UKIP con cui sono alleati non ci sarà più e Di Maio sta cercando una nuova casa per il partito. Senza un gruppo, non ci sono soldi per gli uffici e non c’è la possibilità di svolgere molte attività politiche, né ambire ad alcune importanti cariche.

In questi giorni si parla di un documento chiamato “Manifesto dei sette” che sarebbe in procinto di essere annunciato da Di Maio e altri capi-partito europei. Il nome, verosimilmente, è dovuto al fatto che ogni gruppo deve rappresentare almeno sette diversi paesi europei.

Si dice che Di Maio stia cercando di formare una nuova coalizione di partiti non allineati alle grosse formazioni, popolari, socialisti, verdi, il gruppo di Salvini e Le Pen. L’altro gruppo di destra, i Conservatori, probabilmente scomparirà, venendo a mancare l’apporto dei conservatori inglesi. Numerosi attori vecchi e nuovi avranno lo stesso problema del Movimento: trovare una collocazione politica per accedere a fondi, cariche, tempo di parola in assemblea.

Non sarà facile.

Sono in grado di aggiungere qualche tassello al rompicapo grazie ad alcune fonti che, comprensibilmente, hanno chiesto di non essere citate.

Il Movimento certamente non chiederà di aderire ai Popolari o ai Socialisti, che comunque lo respingerebbe. Importanti personalità dei Verdi stanno investendo le loro energie allo scopo di evitare un accordo con Di Maio. La componente tedesca, per dire, ha posto come condizione – irricevibile – la caduta del governo Conte.

Non solo: Di Maio deve anche fare i conti con la concorrenza “interna”. Salvini, ci raccontano, sta giocando una sua partita. Con la prospettiva di essere il primo partito del Paese a maggio, può ambire a negoziare un accordo col Partito Popolare Europeo. Per farlo, però, deve anche portare in dote un sufficiente numero di parlamentari. Da qui la necessità di allargare il proprio gruppo, andando a cacciare nella stessa foresta di Di Maio e Casaleggio, con carte migliori.

Un accordo coi Popolari lo rende più attraente agli orfani dei Conservatori e ai partiti alla prima esperienza ai quali garantirebbe incarichi di maggioranza.

Di Maio, invece, potrebbe offrire solo l’opposizione.

I follower

Unendo i puntini delle notizie che si leggono sul Movimento 5 stelle si compone un disegno inimmaginabile fino a pochi mesi fa.

Nel mezzo del voto di fiducia sulla manovra finanziaria, il Blog delle Stelle pubblica un articolo – il cui titolo pare fosse “Manovra e terrorismo” – che mette in difficoltà i vertici politici del Partito. Il post viene velocemente rimosso, segno che c’è stato, nel migliore dei casi, un difetto di comunicazione tra Roma e Milano.

L’ultimo giorno dell’anno vengono espulsi due senatori e due parlamentari europei.

Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, nel suo messaggio di fine anno, ha parlato di molte cose. Ha però evitato i temi “propri” dei pentastellati. Nessun accenno al reddito di cittadinanza. Niente sulla blockchain. Nulla sui tagli ai costi della politica. Si è invece concentrato sugli argomenti cari a Salvini che, infatti, ha subito rivendicato e salutato con favore il messaggio del Presidente fingendo di non averlo capito.

Il cosiddetto contro messaggio di Beppe Grillo è stato solo un’imbarazzante supercazzola di un paio di minuti.

Infine ieri arriva il messaggio contro la casta di Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista, registrato sulle piste da sci. Anche questo di un paio di minuti, senz’acuti, ricco di una stanca retorica che suona più falsa di un reportage dal sudamerica.

Sta per iniziare la campagna elettorale per l’elezione del Parlamento Europeo e il Movimento spesso ha dimostrato di saper giocare queste partite, soprattutto in momenti di grande difficoltà.

Ciò detto, in questo momento stiamo commentando le gesta di un partito di follower.

Le carte le dà Salvini, che impone l’agenda politica tra un piatto di pasta e un arancino.

L’amministrazione del governo e i rapporti con l’Europa sono gestiti da Palazzo Chigi e dal Quirinale, col silenzio-assenso dei vicepremier.

Di Maio è costretto a farsi vedere in giro con quello che fa notizia pur di vedersi citato entro il primo “scroll” delle homepage dei quotidiani.

Tutto questo, nonostante il 32% dei voti raccolto solo 10 mesi fa.

Nelle prossime settimane capiremo quanto Di Maio e Casaleggio possono permettersi di perdere al voto del 23 maggio.

Casaleggio, Di Maio e l’espulsione di De Falco

Mentre stavo raccogliendo qualche informazione per scrivere questo articolo, mi sono imbattuto nell’intervista che Gregorio De Falco ha rilasciato a Sky TG 24.

Debbo constatare che De Falco ancora non ha capito cos’è il Movimento e chi comanda nel Movimento.

Il Senatore dice di sperare che “il Movimento […] corregga questo grave errore” perché “dev’essere un luogo in cui la sintesi si fa dopo una discussione“.

Ovviamente nulla di tutto questo succederà né mai è successo, come raccontiamo da ormai quasi tre anni. Il Movimento era il giochino di un comico a fine carriera e di un imprenditore vagamente frustrato. Ereditato dal figlio di quest’ultimo, è diventato il ramo politico del Sistema Casaleggio, che lo governa in coordinamento con le altre realtà che possiede per massimizzare lo scellerato investimento del padre.

De Falco era entrato ufficialmente in lista nera da due mesi, quando il sito gestito da Marcello Dettori aveva iniziato una campagna diffamatoria a suo danno. Marcello, già dipendente di Davide Casaleggio, è il fratello di Pietro, socio di Casaleggio e braccio destro di Di Maio. Tutto era già molto chiaro, per chi avesse avuto voglia di capire. O anche solo di leggere questo sito, visto che ve ne ho dato conto il cinque novembre scorso.

Buon anno Comandante De Falco.

De Falco, Fattori, Nugnes

Come spesso accade, la maggioranza in Senato si regge su pochi numeri di scarto. Accade per due motivi: il primo è che i senatori eletti sono 315, a cui vanno aggiunti – al momento – sei senatori a vita. Il secondo è che la Costituzione prevede, per la Camera Alta, la rappresentatività su base regionale. Tutte le leggi elettorali, in ossequio a questo principio, hanno sempre assegnato i cosiddetti premi di maggioranza su base territoriale. Quasi mai un partito raggiunge buoni risultati ovunque, nel Paese, quindi in Senato lo scarto di voti di fiducia è spesso molto basso.

In questa legislatura, i voti di scarto sono sei. La somma dei senatori di Movimento 5 Stelle e Lega è 167. La maggioranza è 160.

In questa situazione appare chiaro come ciascun senatore sia determinante. Poche defezioni possono mettere a rischio la sopravvivenza del governo.

Sono certamente consapevoli di questo i tre senatori del Movimento che, in occasione della fiducia sulla legge finanziaria, hanno dichiarato che sarebbe stato l’ultimo voto di fiducia concesso al governo.

Si tratta di Gregorio De Falco, Paola Nugnes ed Elena Fattori. I tre già erano noti per la loro insofferenza alla piega che ha preso il governo. Pochi giorni fa, per la prima volta, hanno palesato congiuntamente il disappunto che li anima con una video intervista per il quotidiano Open.

È seguita un’intervista della senatrice Fattori a Repubblica e ieri dieci deputati erano assenti al voto sulla manovra finanziaria.

Nessuno però minaccia seriamente di far cadere il governo. Ne ho parlato in passato: non credo che questa legislatura finirà prima del previsto, cioè il 2023. Troppi parlamentari al primo incarico, troppo debole l’opposizione. Nessuno trarrebbe vantaggio da un voto anticipato.

Da gennaio, però, è possibile che inizi una guerra di trincea per costringere i vertici del Movimento a dare qualche chiarimento. La voce che gira più insistentemente, nascosta dai soliti rumor sul rimpasto di governo, è la crescente diffidenza nei confronti del Sistema Casaleggio, quel groviglio di norme, codici, regole scritte o meno che consentono all’Erede del Fondatore di raccogliere soldi e gestire potere al riparo da ogni controllo democratico.

Prepariamoci a un 2019 ricco di sorprese.

L’opposizione al Movimento 5 Stelle

C’è una cosa che proprio non riesco a capire, ma è un limite mio: chi dall’opposizione pensa o non esclude un “dialogo”, un “accordo”, un “sentire le ragioni” del Movimento 5 Stelle cos’ha in mente, di preciso?

Non lo riesco a capire dal punto di vista politico e dal punto di vista della comunicazione.

Partiamo dalla comunicazione: vedo due problemi. Il primo, è che a sinistra viene usato un linguaggio ambiguo. Non ho sentito nessuno dire “con questi dirigenti non voglio avere nulla a che fare“. Sento parlare di “disgelo”, lo ha fatto il braccio destro di Zingaretti, Massimo Smeriglio, salvo poi essere smentito dal suo capo. Leggo di aperture a Roberto Fico da parte di Maurizio Martina. Ancora più esplicito è stato Giuseppe Sala. Il messaggio che passa è che il PD può essere sostituito alla Lega di Salvini, e la domanda successiva è: “dunque in cosa sono diversi?”. Non è quello che penso io, sia chiaro. Le differenze tra i dirigenti del Partito Democratico e quelli della Lega le vedo. Ma il subconscio è una brutta bestia. Sembra che l’obiettivo sia solo decidere quale sia il modo migliore di tornare al potere, non quale sia la migliore alternativa.

Tanto più che molti parlamentari, soprattutto nella comunicazione sui social network, interpretano il ruolo di opposizione come quelle persone che passano il tempo a sottolineare quello che non gli piace. Se non a prendere in giro gli avversari politici. Un fulgido esempio è la timeline twitter di Alessia Morani. È un’operazione che va fatta, per carità, ma se non è affiancato da una proposta diversa la domanda che sorge è: “e quindi?”. In questo modo il governo beneficia della propria propaganda e di quella dell’opposizione: si parla solo di loro, mai di una possibile alternativa. Per questo l’impressione è che l’opposizione non esista.

Quando il Movimento era minoranza, al martellamento contro gli avversari ha sempre affiancato proposte fortemente alternative, provocatorie, spesso esagerate. Spesso scellerate, razziste, pericolose. Ma c’erano, e questo ha pagato.

Dal punto di vista politico, invece, parto da una considerazione. Il Movimento ha pescato voti a sinistra in un modo molto semplice: accusando i dirigenti dei loro partiti di non essersi opposti a Berlusconi, anzi di aver cercato sempre un accordo con lui. Cosa che in effetti è accaduta nella scorsa legislatura e, prima di questa, quando hanno sostenuto il governo Monti. La domande per chi pensa che sia una buona idea cercare un accordo, un dialogo, un disgelo con i 5 stelle sono: cercando un accordo con Berlusconi siete arrivati al 14%, perché stavolta dovrebbe andare diversamente? Gli elettori ancora fedeli vedono i propri dirigenti rincorrere i nuovi potenti invece di cercare di guidare l’agenda politica. Gli elettori passati ai Cinque Stelle concluderanno che la strategia di “punire” nelle urna funziona: perché dovrebbero cambiarla invece di votare i nuovi potenti?

Soprattutto: perché nessuno sembra capire che dialogo con il Movimento significa parlare con Davide Casaleggio, portatore di un macroscopico conflitto d’interessi e vero padrone del partito?

C’è qualcuno tra i miei lettori che votano a sinistra che mi spiega perché mai ha senso cercare un accordo, dialogo, un come-lo-volete-chiamare con il Movimento 5 Stelle?

Dov’era Roberto Fico?

Domenica scorsa il Presidente della Camera Roberto Fico ha partecipato alla trasmissione Mezz’ora in più, di Lucia Annunziata.

In chiusura di trasmissione ha detto che il Movimento dovrebbe chiedere scusa per il TAP e il Terzo Valico, su cui non è riuscito a mantenere le promesse fatte. In campagna elettorale, infatti, avevano promesso di bloccare le opere.

Proprio sul Terzo Valico, peraltro, il ministro Toninelli ha mentito sui conti: non è vero che costerebbe di più interrompere l’opera che terminarla, come ha dimostrato il Foglio. È chiaro quindi che il Movimento non è in grado di far valere la propria linea su quella del suo alleato di governo. Verosimilmente succederà pure col Tav in Val Susa.

La domanda per il Presidente della Camera è: dov’era quando il Movimento, Grillo e Gianroberto Casaleggio accusavano il sindaco di Parma Pizzarotti di non aver mantenuto promesse che non aveva fatto?

Fico sostiene il Global Compact sull’immigrazione: dov’era quando Grillo e Casaleggio scrivevano post razzisti contro i ROM?

Fico ebbe l’occasione di opporsi alla scalata di Luigi Di Maio, che ha portato all’accordo con la Lega. Preferì l’inganno verso i “suoi”, quei parlamentari che la scorsa legislatura provarono ad organizzare la rivolta, che abbiamo raccontato in Supernova, ma si scelse i generali sbagliati. Laura Castelli, ad esempio, che prima di diventare vice ministro era una nostra fonte.

Scelse di soccombere al potere nascente, riscuotendo – come osserva Nicola Biondo – il più alto dividendo politico disponibile: la presidenza della Camera.

Roberto Fico, purtroppo, è solo l’ennesimo arrampicatore sociale che ha venduto i propri princìpi alla carriera che gli si è stesa davanti. Nulla di nuovo, il Movimento è pieno di questi soggetti.

È stucchevole il fatto che, nell’opposizione, qualcuno possa immaginare di poter dialogare con simili personaggi, credendo che siano in grado di mantenere la parola data.