Rousseau 2030

Davide Casaleggio, per il momento, è lo sconfitto della crisi di governo. Stava lavorando agli ultimi due anni di legislatura, preparando il rientro sulla scena di Alessandro Di Battista. La crisi del governo Conte II era nell’aria da settimane, ma sembrava potersi risolvere con un terzo mandato dell’ex presidente del Consiglio, se non con un incarico a Luigi Di Maio.

Pochi si aspettavano che davvero Mario Draghi potesse venire chiamato dal Quirinale, anche se il suo nome circolava da quando aveva terminato il mandato alla Banca Centrale Europea.

Così, mestamente, Casaleggio due giorni fa si è trovato a dover comunicare i presunti dati del sondaggio su #Rousseau: circa il 60% ha dato il suo consenso all’appoggio al governo Draghi, prima che si conoscesse la lista dei ministri e quindi le forze politiche alleate.

Una sconfitta su tutta la linea di pensiero del Clan Casaleggio, che addirittura non molti anni fa pretendeva di poter annunciare i membri del governo prima del voto.

Sconfitto anche Alessandro Di Battista che si mette in pausa, una sorta di autosospensione dal Movimento Cinque Stelle, seguita da un insolito post di Casaleggio che tesse le lodi del suo prodotto (Dibba è un autore Casaleggio Associati da molti anni).

Insolita perché quasi mai l’Erede si era spinto a un endorsement così plateale verso un singolo attivista o parlamentare. L’ultima volta era stato con Luigi Di Maio, in maniera più simbolica: con un abbraccio esclusivo ai funerali di Gianroberto Casaleggio.

Segno che il nuovo accordo tra Di Battista e Casaleggio c’era e c’è. Di Battista, infatti, non ha mai detto di aver lasciato il M5s, ma di non parlare a suo nome e di non riconoscersi più in queste scelte, nel rispetto dei votanti sulla piattaforma.

Proprio la piattaforma esce “vincitrice” da questo passaggio: con il via libera alla grande ammucchiata, il passaggio su Rousseau diventa una consuetudine, accettata dai vertici della Repubblica e dall’opinione pubblica, partendo dai commentatori e dagli analisti politici.

Un rischio enorme. L’istituzionalizzazione di uno strumenti privato, non sicuro, manipolabile, manipolato dal fatto che il gestore controlla anche la propaganda del partito non porterà nulla di buono. Tanto più che l’infezione si estende ad altre forze politiche, come il partito democratico che ha detto di volere lanciare una piattaforma web per le primarie.

Da qui potrà ripartire Casaleggio, dalla centralità che il suo metodo ha acquisito in questi anni. La prossima scadenza importante sarà l’elezione del Capo dello Stato. Se nel 2013 la piattaforma (che ancora non si chiamava Rousseau) venne utilizzata da Gianroberto Casaleggio e Beppe Grillo come clava contro Bersani, costringendo i partiti alla rielezione di Napolitano, il prossimo anno potrebbe significare la consacrazione definitiva con la selezione del nuovo Presidente della Repubblica.

Stiamo di fatto accettando di piegare le consuetudini e i codici della Costituzione all’esigenza di un ente commerciale che vuole vendere il suo metodo. Salvo poche rare eccezioni, i watchdog non stanno sottolineando abbastanza il rischio insito in questa deriva. Non il Garante della Privacy, che ha cambiato gestione, non la maggioranza dei giornalisti che non comprende la gravità della situazione.

Con la Seconda Repubblica ci eravamo abituati a uno scontro binario tra forze alternative. Ancora oggi a ogni cambio di governo si contesta, da una parte o dall’altra, il fatto che parte della maggioranza non abbia vinto le elezioni e quindi non sia titolata a sostenere l’esecutivo. Ma la nostra Costituzione non prevede la “vittoria” di nessuno schieramento. Prevede l’elezione del Parlamento il quale, attraverso le proprie dinamiche politiche, dovrà formare una maggioranza. La Costituzione parla di gruppi parlamentari e partiti, non fa riferimento a soggetti esterni che possano accordare o negare il sostegno al governo.

Casaleggio e il Movimento selezionano il proprio personale politico affinché questo si adegui a decisioni prese all’esterno del Parlamento. In queste ore ci sono Parlamentari che fanno riferimento a questa ingerenza esterna per spiegare, o giustificare, la propria contrarietà al governo.

Ci sono, in Europa, esperienze simili: in Germania è accaduto che l’accordo di governo fosse sottoposto alla ratifica degli iscritti a uno dei partiti di una maggioranza insolitamente eterogenea. Quindi è possibile avere un approccio elastico, quando le circostanze lo richiedano. Ma non è questa la situazione: il Movimento pretende di istituzionalizzare questo innesto nel processo definito dalla Costituzione, con l’ambizione dichiarata di estromettere, un giorno, il Parlamento dal processo medesimo.

Voto dopo voto, Casaleggio sta riuscendo nel suo intento. Prima con singole norme, poi con il sostegno ai governi, domani con l’elezione del Capo dello Stato.

C’è un altro problema: il sistema è vulnerabile. Un voto elettronico remoto centralizzato è un obiettivo, un target. Soprattutto se diventa il fulcro delle decisioni che riguardano le Istituzioni dello Stato.

In gergo, si parla di aumento della superficie di attacco. Se un entità ostile intende manipolare la vita pubblica di un Paese, può agire utilizzando diversi strumenti e tattiche. Dal finanziamento di strumenti di propaganda (giornali online in lingua italiana come Sputnik e RT), alla corruzione di funzionari dello Stato, al dispiegamento di agenti dei servizi.

La piattaforma Rousseau rappresenta un ulteriore canale attraverso il quale soggetti ostili possono intromettersi nelle decisioni che riguardano la vita pubblica del nostro Paese. Come lasciare la porta di casa spalancata. È già stato dimostrato più e più volte che quando la piattaforma Rousseau viene violata, Casaleggio e il suo staff non sono in grado di accorgersene prima di convalidare i risultati delle consultazioni. Le contromisure sono sempre state prese con ritardo, accusando i gli esperti di sicurezza che segnalavano i potenziali abusi di tentativi di sabotaggio.

Un tema, questo, di cui dovrebbero occuparsi i servizi segreti. Delega governativa che, negli ultimi tre anni, è rimasta nelle mani del presidente del Consiglio Giuseppe Conte.

Un tema che, ove sia possibile, cercherò di portare all’attenzione del Tribunale di Milano durante il Processo al Sistema Casaleggio.

Perché Draghi va bene a tutti

Che il governo Draghi parta, ci sono pochi dubbi. Che nella coalizione non possa mancare il gruppo parlamentare di maggioranza relativa, pure. Che la decisione non sia presa dai parlamentari ma fuori dal Palazzo è altrettanto chiaro.

La stampa riporta il colloquio preliminare tra Mario Draghi, presidente incaricato, e Beppe Grillo prima delle consultazioni. E pure Casaleggio si è precipitato a Roma non appena è fallito il tentativo del presidente della Camera Fico di resuscitare la vecchia maggioranza.

Questa fase, a prescindere dall’esito che avrà, ci è utile per un ripasso e un aggiornamento delle dinamiche del Movimento 5 Stelle.

Grillo e Casaleggio

Anzitutto è utile ribadire un concetto: il Movimento 5 Stelle è di fatto amministrato da due soggetti che non sono sottoposti ad alcun controllo democratico. Non ci sono processi codificati che possano sostituire Grillo e Casaleggio dai rispettivi ruoli.

Queste due persone hanno interessi che nulla c’entrano con l’attività politica. Grillo ha il problema del figlio, Ciro, accusato di stupro di gruppo. Un problema privatissimo, certo, ma che ha già determinato due volte il rientro all’attività politica dell’attore genovese, prima quando è caduto il governo Conte I e adesso.

Le primissime dichiarazioni dei responsabili politici del Movimento, Crimi e Di Battista tra gli altri, puntavano a un fine legislatura di opposizione. Avrebbe avuto senso: si sarebbero posizionati come la Lega del 2011 col governo Monti e come lo stesso Movimento, all’epoca extraparlamentare. Opposizione dura, più semplice, meno impegnativa, certamente molto efficace per tirare la volata elettorale ad Alessandro Di Battista, che già pregustava la leadership del partito.

Poi Grillo parla, dopo mesi, e cambia tutto, scombinando anche i piani di Casaleggio che, come ripetiamo da settimane, si organizzava per una legislatura di opposizione al prossimo giro.

Casaleggio, come sappiamo, è abile a cambiare strategia quando cambiano le condizioni e, tutto sommato, questo nuovo assetto potrebbe non essere del tutto una cattiva notizia per l’Erede.

Come a Grillo, anche a Casaleggio – stando ai bilanci della sua società – giova stare in area di governo. Ma c’è di più. Affrettandosi a imporre, di nuovo, il voto su Rousseau per la ratifica della partecipazione del Movimento al governo Draghi, potrebbe ottenere un risultato insperato: istituzionalizzarsi.

Sarebbe il terzo governo che nasce perché una piattaforma privata, tecnicamente manipolabile e gestita in maniera non trasparente, viene utilizzata per la ratifica della decisione.

Siamo a un punto di non ritorno. È chiaro che la maggioranza che sosterrà Draghi sarà quella che dovrà eleggere il nuovo Capo dello Stato il prossimo anno (e questo è il motivo per cui tutti si sono affrettati ad appoggiare il nuovo governo): potrebbe essere il primo presidente della Repubblica selezionato da una piattaforma telematica e coinvolgendo un numero superiore di persone rispetto a quello stabilito dalla Costituzione.

La democrazia rappresentativa, in Italia, non è più a rischio. Siamo già di fronte a qualcosa di diverso. Siamo già di fronte a una forma di Stato diversa da quella disegnata dalla Carta quando non solo i governi ma la nomina della più alta carica politica non avviene secondo quanto stabilito dalla Costituzione della Repubblica.

L’istituzionalizzazione del Sistema Casaleggio potrebbe diventare il prezzo da pagare per la caduta del secondo governo Conte e la nascita del governo Draghi.

Roberto Fico

Due righe vanno spese per il presidente della Camera Roberto Fico. Un disastro. Ha iniziato la legislatura con uno scandalo, quando si scoprì che la sua colf veniva pagata in nero.

Non è stato in grado di portare a termine nessuno dei compiti a lui affidati dal Capo dello Stato. Nel 2018 fallì nell’impresa di formare un governo col Partito Democratico. Nel 2021 ha fallito nel non difficile compito di stabilire due o tre punti per proseguire l’esperienza di una maggioranza già esistente che aveva già iniziato un percorso di consolidamento dell’alleanza.

Il presidente della Camera è la personalità politica più scarsa per l’incarico ricoperto, peraltro assegnatogli da Luigi Di Maio per togliersi un avversario interno.

Un imbarazzo per le istituzioni e per sé stesso.

Giuseppe Conte

Nonostante i retroscena che parlano di tentativi di sabotaggio di Draghi da parte di Conte, credo che anche per il presidente dimissionario possa essere un’occasione.

Lascia il governo con consensi molto alti, quasi rimpianto, col capro espiatorio perfetto (Renzi) e appena prima che il disastro della sua gestione lo potesse colpire direttamente.

Il partito di riferimento, il Movimento 5 Stelle, è ancora carente di personalità politiche di livello, credibili come candidati capi di governo. È rispettato da tutte le correnti, così come dagli alleati, che ormai hanno alzato bandiera bianca e si sono consegnati mani e piedi a Casaleggio.

Due anni possono essere utili a costruire se non un partito almeno una lista di riferimento, che possa fungere da cuscinetto per giustificare con la base M5s una futura coalizione con la sinistra, o quello che ne resta.

Non può certo puntare al Quirinale, ma il capitale di consenso che conserva può essere impiegato nel 2023 con grande ritorno d’investimento.

Luigi Di Maio

Mettere nel curriculum “Ministro del governo Draghi I” sarebbe la consacrazione definitiva per Luigi Di Maio che gli permetterebbe di superare l’unico ostacolo tra lui e la rielezione: il limite dei due mandati del Movimento 5 Stelle. Con una carriera così veloce non credo per un solo minuto che Di Maio smetterà di fare politica a 36 anni dopo aver fatto il capo di partito, il presidente della Camera e due volte – forse tre – il ministro.

È chiaro che la prima scelta sarebbe una deroga a quella regola, restare nel Movimento, riprenderne la guida direttamente o per interposta persona e guidarlo al prossimo voto.

Ma l’alternativa potrebbe tranquillamente trovarla nella lista di Conte. Garantire a sé e alla manciata di fedelissimi che lo hanno accompagnato una rielezione giustifica il sostegno a Draghi, la fedeltà a Conte e perfino l’allontanamento dal Movimento se Di Battista dovesse diventarne la guida.

Alessandro Di Battista

Come ho scritto di recente, il destino di Alessandro Di Battista è nelle mani di Mario Draghi. Una provocazione ironica, che sottolinea come, alla fine, chi studia e ha le idee un po’ più chiare di come funziona il mondo determina le sorti anche degli aspiranti rivoluzionari da tastiera prodotti dalla Casaleggio Associati.

Ma, se vuole continuare a fare politica, Di Battista deve cedere alla realtà che, diversamente, lo travolgerà senza troppi complimenti.

La strada gliel’ha gentilmente tracciata Beppe Grillo: puntare sui temi, anche sparando cazzate, ma senza perseguire fallimentari tentativi rivoluzionari, che non possono più funzionare dopo cinque anni di governo di cui forse due guidati dall’incarnazione della migliore élite europea.

Grillo e Casaleggio dovranno convincere il nuovo frontman che ora è il momento del pragmatismo: c’è l’opportunità di tornare al governo anche la prossima legislatura. C’è la possibilità concreta per Di Battista di fare il ministro se saprà bilanciare il necessario realismo con le sue cazzate da post su Facebook.

Riuscisse a stabilire un armistizio con Di Maio, tutti potrebbero giovarne. Tutti a parte il Paese, s’intende.

Processo al Sistema Casaleggio

Come sapete, ho lanciato l’iniziativa “Processo al Sistema Casaleggio“, di cui potete trovare i dettagli qui.

Per sostenerla, ho attivato una raccolta fondi che, nel momento in cui scrivo, è sostenuta da 154 donatori che hanno versato £5.128 (in sterline perché vivo in UK). Era iniziata con un obiettivo di £3.000, raggiunto in pochi giorni, portato a £5.000, superato in poche ore. Adesso il nuovo target è £10.000. Se volete saperne di più e contribuire potete farlo da qui, o diffondere la voce!

Ho promesso di creare un archivio con tutte le informazioni sul Sistema Casaleggio che verrano usate. Un assaggio ve lo darò regolarmente, come per esempio questo articolo storico in cui Casaleggio si dichiara cofondatore del Movimento e conferma che le risorse della sua azienda sono usate per sostenere il partito.

Crisi!

Siamo alla vigilia di un giro sulle montagne russe della crisi di governo. Il pretesto per l’inizio del ballo è la spartizione dei soldi del NextGeneration EU, 209 miliardi, non poca roba, che Conte voleva gestire con una struttura di missione sotto il controllo di Palazzo Chigi. Italia Viva, cogliendo l’occasione, si è messa di traverso e ha fatto saltare il banco.

Data la facilità con cui Conte ha ceduto, Renzi ha deciso di alzare la posta, complice il disastro sulla distribuzione dei vaccini, che sta procedendo molto a rilento.

Così nei prossimi giorni, probabilmente dopo l’epifania, ci sarà qualcosa tra una verifica di governo e un rimpasto. Non credo infatti che l’obiettivo di Renzi sia Conte, quanto piuttosto un suo ridimensionamento.

Tenderei a escludere un voto anticipato: la pandemia non è ancora sotto controllo e nel 2022, come ricorderete, si dovrà eleggere il presidente della Repubblica. E dovrà farlo un parlamento che, per il 60%, deve aspettare ancora un anno e nove mesi per maturare il diritto al trattamento pensionistico.

Lo scenario istituzionale

Ci sono naturalmente altri elementi di contesto importanti da valutare per capire quello che succederà. Non si tratta di fare previsioni, ma di capire quale sia la situazione di partenza.

Dal punto di vista istituzionale, ci sono alcuni appuntamenti elettorali molto importanti nei prossimi mesi, che determineranno il corso degli ultimi anni di legislatura.

Anzitutto il voto a Milano, Torino, Napoli e Roma. Diverse le circostanze.

A Torino, il sindaco uscente dei Cinque Stelle non si ricandida.

A Roma, Virginia Raggi è stata da poco assolta in secondo grado, e non ha intenzione di rinunciare al secondo mandato da sindaco.

A Napoli, Luigi de Magistris ha terminato il suo incarico e si parla di Roberto Fico come possibile candidato.

A Milano il Movimento non ha (mai) grosse aspirazioni e si è già ricandidato il sindaco Sala.

A Torino e Roma si gioca la partita dell’alleanza tra PD e M5s. Se Fico si candidasse a Napoli, si dovrebbe trovare il nuovo presidente della Camera. L’elezione di Roberto Fico era parte dell’accordo tra Movimento e Lega. Forza Italia mantiene la presidenza del Senato. Se dovessero stabilirsi nuovi equilibri, questa sarebbe una casella da riempire alla luce di nuovi accordi.

Lo scenario internazionale

Dal punto di vista internazionale sono due gli elementi che mi pare siano determinanti: l’andamento della pandemia e il nuovo presidente degli Stati Uniti.

La gestione della pandemia, in particolare il piano vaccinale, è un disastro. Prima o poi si farà un bilancio e chiunque abbia permesso una gestione così fallimentare dovrà renderne conto. Non mi stupirei se sul tavolo delle trattative, nei prossimi giorni, ci fossero la gestione commissariale di Arcuri e il ministero della Salute.

Se Renzi volesse fare sul serio, potrebbe reclamare queste due caselle per dimostrare di saper mettere le persone giuste al posto giusto (non sto dicendo che sia in grado di farlo, sto dicendo che ne avrebbe l’occasione) e contemporaneamente utilizzare queste nuove responsabilità per premere sulla richiesta dei fondi messi a disposizione dal MES sanitario.

Il 20 gennaio Biden inizierà il suo mandato di presidente degli Stati Uniti. È importante, in relazione a questa crisi del governo italiano, perché le future relazioni con l’attuale ministro degli Esteri Luigi Di Maio potrebbero non essere facili. Biden, nel 2017, scrisse un ormai noto articolo in cui confermava che in Italia il Movimento 5 Stelle aveva ricevuto aiuti dalla Russia di Putin.

Di Maio dovrà faticare non poco per convincerlo del contrario, dato che uno dei più ferventi sostenitori dell’amicizia Russo-Stellata – Alessandro Di Battista – potrebbe presto diventare il capo di fatto del suo partito. Di Battista, giova ricordare, andava chiedendo aiuto per la campagna referendaria del 2016 “ai nostri amici dell’ambasciata russa, con tutto quello che abbiamo fatto per loro”. L’abbiamo riportato, mai smentiti, io e Nicola Biondo nel nostro libro Supernova.

Lo scenario politico

Politicamente, quello che potrebbe succedere è un assestamento della maggioranza di governo. Al Senato sono tutti decisivi, ma i numeri cominciano a essere risicati.

Premesso che nessuno vuole andare a votare, bisognerà capire se la soluzione sarà l’ingresso o l’appoggio esplicito di Forza Italia o l’innesto di un gruppo di nuovi “responsabili”, si fa per dire. Il primo caso mi pare complesso: siamo pur sempre in mezzo a una crisi sanitaria, economica e sociale senza precedenti, difficile che qualcuno muoia dalla voglia di spendere il proprio marchio per gestire il disastro. Più semplice che parlamentari siano “prestati” senza insegne alla causa, più o meno esplicitamente.

Anche perché la legislatura è a poco più di metà strada e qualche riserva della Repubblica per un governo di unità nazionale prima del voto c’è ancora, in giro. Credo che solo allora Berlusconi e i suoi rischieranno l’alleanza di centro destra, non per salvare Conte.

Una terza ipotesi è l’ingresso del nuovo ipotetico gruppo per sostenere il governo di una figura politica.

Se fosse qualcuno del Movimento 5 Stelle, come ho già detto in passato, credo non si possa escludere Luigi Di Maio. È l’attuale ministro degli esteri, è in parlamento da oltre sette anni, ha ricoperto molte cariche. Politicamente, sarebbe accettabile. Peraltro, Di Battista potrebbe rivendicare di aver contribuito, almeno in parte, a portare il Movimento direttamente a Palazzo Chigi, lasciando l’avversario interno a occuparsi della crisi, non un compito semplice né – con tutta probabilità – politicamente remunerativo.

Se fosse qualcuno del Partito Democratico, ne vedremmo delle belle nel partito di Casaleggio. Sarebbe l’evento scatenante della resa dei conti vera, con Di Battista e Casaleggio ad accusare ogni giorno i governisti di usare i voti degli attivisti per far governare il Partito Democratico. Cinema vero, nonostante le sale chiuse per Covid.

Crimi costretto ad aprire un blog parallelo, Casaleggio si prende la base

La mossa del Cavallo di Di Battista

Negli ultimi giorni, complice l’attivismo di Matteo Renzi, il governo Conte è tornato a traballare.

In ballo c’è la gestione dei 200 miliardi dei fondi stanziati da Next Generation EU. Sono tanti soldi, che Conte pensava di poter gestire con una struttura di missione nominata da lui e che rispondesse a lui. Non poteva non generare reazioni, che infatti ci sono state.

Queste fibrillazioni si aggiungono agli ammiccamenti delle scorse settimane da parte di Forza Italia, di cui abbiamo pure parlato.

Si stanno creando le condizioni per una nuova maggioranza. Non è detto che succeda, ma se Conte non dovesse reggere si aprono scenari dall’esito non ancora del tutto prevedibile. Secondo me, tra le ipotesi possibili, c’è un governo Di Maio.

Luigi Di Maio è in parlamento da sette anni e mezzo, ha fatto il vice presidente della Camera, il capo di partito, il vice presidente del Consiglio, il ministro dello Sviluppo economico, del Lavoro e, soprattutto, degli Esteri. A prescindere da come questi ruoli sono stati ricoperti – anzi soprattutto per come sono stati ricoperti, e fra un attimo spiego perché – non vedo perché non possa fare il capo del governo.

Il Movimento nelle prossime settimane voterà il nuovo direttorio. I membri verranno votati uno a uno, una mossa per impedire ad Alessandro Di Battista di dominare l’organo collegiale. Ma difficilmente impedirà che ne diventi l’esponente più influente. L’ultima volta che il partito di maggioranza relativa del governo ha cambiato guida in corsa, il governo non ha retto. Enrico Letta fu sostituito da Matteo Renzi.

In questo caso, Di Battista avrebbe tutto l’interesse a indicare Di Maio capo del governo al posto di Conte. I prossimi due anni saranno disastrosi, quale modo migliore per scaricare le responsabilità sull’avversario interno e rivendicare allo stesso momento di aver permesso, con la sua guida, di avere il primo Presidente del Consiglio del Movimento? Potrebbe perfino rivendicare il merito di avere riunito il partito attorno al vecchio capo, a cui viene concessa la gloria, negli ultimi anni di carica parlamentare, della più alta carica istituzionale a cui possa, per età, aspirare.

Nel frattempo, Di Battista e Casaleggio avrebbero tutto il tempo di organizzarsi per la campagna elettorale del 2023, con la corrente di Di Maio impegnata nell’Esecutivo.

Di Maio, per ovvi motivi, non credo rifiuterebbe. Aggiungendo al curriculum la carica di presidente del Consiglio il suo futuro politico sarebbe assicurato, più di quanto già non lo sia, e volendo potrebbe, immagino sia questo il suo pensiero in queste ore, cercare di riprendere la guida del Movimento da Palazzo Chigi (sarebbe comunque difficile per Casaleggio mettersi contro il capo del governo, su qualsiasi tema).

Non sarebbe difficile, per Di Maio, farsi sostenere da Forza Italia, che ha già fatto capire di essere disponibile. Certo, ci sarebbe il rischio di concedere molto spazio all’opposizione di Salvini e Meloni, ma Di Maio non verrà ricandidato quindi non credo sia un problema che lo tocchi da vicino.

Il sabotaggio degli Stati Generali

Chi segue questo blog e il mio podcast sa della guerriglia a bassa intensità che si sta combattendo tra il Movimento 5 Stelle, o meglio il movimento parlamentare, e l’Associazione Rousseau di Davide Casaleggio.

Rousseau – che si autodefinisce il “cuore del Movimento” – è il soggetto attraverso il quale Casaleggio controlla il partito. È indicato all’articolo uno dello Statuto del Movimento come l’unico soggetto titolato a gestire l’amministrazione del Movimento, la sua cassa, i suoi processi di selezione del personale politico. Casaleggio è inamovibile dal proprio ruolo e questo ha generato una crescente tensione coi parlamentari, molti dei quali non potranno più essere ricandidati per via della regola dei due mandati.

Così, da mesi c’è uno scontro tra questi attori, che vede però Casaleggio in posizione di grande vantaggio, per il ruolo che ricopre, il know how che possiede, le risorse finanziarie che può gestire.

Dal punto di vista della comunicazione, la principale confusione è dovuta al fatto che il Blog delle Stelle, l’organo di comunicazione ufficiale del Movimento, è di proprietà di Casaleggio/Rousseau, che quindi ne può disporre come meglio crede.

Casaleggio ha operato nel corso dell’anno per sabotare i cosiddetti Stati Generali, un’iniziativa di Vito Crimi per cercare di spostare il baricentro del potere da Milano verso Roma. Ha cercato di orientare il voto, come vedremo riuscendoci solo in parte, pubblicando quasi quotidianamente contenuti propri, senza confrontarsi con gli altri dirigenti del partito, spingendo la base verso la propria posizione.

Anche la scorsa settimana si sono verificati nuovi episodi di questo scontro.

Si sono svolte le votazioni sull’esito degli Stati Generali, 23 quesiti (vedremo fra poco, l’esito) a cui hanno risposto circa 17mila persone, un decimo degli iscritti al partito.

Subito dopo, il Movimento romano ha convocato una nuova tornata di assemblee virtuali degli Stati Generali, questa volta focalizzati sulla nuova “agenda” politica del partito. Il programma. Contestualmente, è stato annunciato un sito dedicato, diverso da Rousseau, registrato a fine ottobre. Un tentativo, a mio avviso fallimentare in partenza, per dirottare un po’ di traffico dal blog delle Stelle, dominato da Casaleggio.

Queste assemblee si svolgeranno il 19 e il 20 dicembre.

Casaleggio si prende la base

Come si svolgeranno il 19 e 20 dicembre le riunioni organizzate dall’Associazione Rousseau. Una provocazione frontale di Casaleggio nei confronti del partito romano, un ennesimo tentativo di sabotaggio del processo di emancipazione dall’Erede che Crimi sta disperatamente, con poco successo, tentando.

Quando si apre il Blog delle Stelle, infatti, il primo post in evidenza è proprio quello sull’evento di Rousseau, e non su quello del partito, chiamato “La Base incontra Rousseau”. Una provocazione molto evidente, a partire dall’uso del termine “Base”, una presa in giro della traiettoria verso la forma partito che Crimi e Di Maio vorrebbero dare ai Cinque Stelle, in contrasto con la struttura personale di Casaleggio.

Anche l’obiettivo è una sfida di Casaleggio agli Stati generali: “disegnare nuovi spazi – avanzati e personalizzati rispetto ai vecchi meetup – su Rousseau che consentano agli iscritti di creare gruppi locali, incontrarsi, portare avanti battaglie condivise sul proprio territorio”.

Un chiaro tentativo di sfruttare a proprio vantaggio l’esigenza emersa dai territori durante gli Stati Generali, rispondendo con una soluzione prima che lo facciano i parlamentari. Sarebbe una dimostrazione plastica di efficienza della struttura di Casaleggio rispetto a quella proposta da Roma, che ormai si muove coi riti e le lentezze del Palazzo.

Continuo a ritenere che questa sfida sarà vinta da Casaleggio. Lo è già dal punto di vista della comunicazione, per il vantaggio competitivo che ha potendo gestire in prima persona il Blog delle Stelle, ma pure per l’immagine che viene data nell’invito a partecipare – da parte di Casaleggio – rispetto alla sensazione di riunione ristretta che ha quella di Crimi a cui ci si potrà iscrivere dai prossimi giorni, quando tutti si saranno già impegnati a partecipare all’evento di Rousseau.

Casaleggio, invece, si spende in prima persona e sarà in conferenza insieme agli altri soci di Rousseau.

Il voto sui risultati degli Stati Generali

Il 10 e 11 dicembre si sono svolte le prime votazioni sull’esito degli Stati Generali. Rousseau si conferma il posto in cui gli attivisti approvano decisioni già prese altrove: ognuno dei 23 questi ha ricevuto l’approvazione da un insieme molto ridotto di votanti: un decimo degli aventi diritto, che ha votato “sì” tra il 60% e il 95% a seconda del quesito.

Sebbene questo comporti una vittoria formale di Crimi e del partito romano, è chiaro che questa iniziativa è molto poco sentita dalla base.

Le domande riguardavano questioni formali di organizzazione (struttura territoriale, carta dei valori, organi collegiali, riconoscimento di rappresentanze territoriali anche dove non ci sono eletti) e sostanziali di finanziamento.

Questo punto e quello riguardante il rapporto con Rousseau, che dovrà essere regolato da un contratto di servizio o da un accordo di partnership, potrebbero impensierire Casaleggio, che ancora non si espone direttamente.

I comitati di scopo, istituiti per le tornate di elezioni, garantivano flussi di denaro quando cessavano di esistere con le rimanenze versate a Rousseau. Il contratto di servizio potrebbe significare che la piattaforma verrà tolta dallo Statuto M5s.

Tutto dovrà però essere votato su Rousseau, e siccome le parti in causa saranno due difficilmente Casaleggio rinuncerà alla scrittura dei testi dei quesiti e soprattutto a cosa mettere in votazione.

La campagna che sta conducendo è verosimilmente pensata per arrivare preparato al momento della verità, quello vero.

Ci arriverà però con alcuni suoi uomini nel direttorio prossimo venturo e un rapporto con gli attivisti ben più consolidato di quello che hanno i parlamentari.

Casaleggio conferma tutto

Davide Casaleggio è indubbiamente il politico più divertente da commentare. Ha la capacità, unica nel suo genere, di confermare ogni accusa gli venga rivolta nelle smentite che pubblica.

L’ultima volta è accaduto lo scorso primo dicembre. Volendo smentire le inchieste del Riformista sulla consulenza di Philip Morris a Casaleggio Associati e anticipare la figuraccia rimediata con l’inviato delle Iene (Antonino Monteleone, che pure Casaleggio conosce bene), ha scritto la solita nota su Facebook. È imbarazzante, perché si tira la zappa sui piedi letteralmente nella prima frase.

Scrive, infatti, Davide Casaleggio che le Iene si sarebbero intrufolate nel “cortile privato dell’ufficio”. Solo che quello non è il suo ufficio. Lo so, perché lì ho lavorato quasi quattro anni. Antonino ha raggiunto Davide nel cortile della sede dell’Associazione Rousseau, che fu la sede di Casaleggio Associati ma ora non più. Quello non è l’ufficio di Casaleggio, che pare confondere le due realtà. Bizzarro.

Vi risparmio la lettura della sua tirata che, se volete, trovate qua, ma voglio riportarvi, per amore di cronaca, ciò che di falso e inesatto Casaleggio scrive.

Il rapporto tra Casaleggio Associati e il Movimento 5 Stelle

Sul rapporto tra Casaleggio Associati e Movimento 5 Stelle l’Erede ci spiega:

Un esempio di successo noto a tutti di come la Casaleggio Associati operi, per competenze e risultati ottenuti, è quello del MoVimento 5 Stelle per il quale ha curato la strategia iniziale ancor prima della sua costituzione avviando una partecipazione civica digitale…

Falso. Casaleggio Associati non ha “curato la strategia iniziale”. Io ho lavorato in Casaleggio Associati, come dipendente, tra il 2007 e il 2010, proprio quando l’azienda strutturava, fondava e finanziava il nascente partito (a proposito, tutto a posto con le norme sul finanziamento ai partiti?). Il Movimento 5 Stelle è un’idea di Gianroberto Casaleggio, padre di Davide. Casaleggio per anni ha usato le risorse dell’azienda, soldi e personale – incluso il sottoscritto – per gestire il partito, decidendone indirizzo e spesso personale politico. Questo anche mentre tra i clienti c’era un altro partito, Italia dei Valori, le cui strategie comunicative venivano coordinate con quelle del Blog di Beppe Grillo / Movimento 5 Stelle. Io c’ero, in quelle stanze. Lo so, lo posso testimoniare, l’ho dimostrato nei due libri che ho scritto, Supernova e Il sistema Casaleggio.

Le attività commerciali di Casaleggio Associati

Scrive Davide sulle attività della propria società:

Qualunque società che conosce le attività e le competenze tecnologiche e di business presenti all’interno di Casaleggio Associati, ne percepisce i vantaggi di impatto sull’evoluzione del proprio business.

Opinabile. Le “competenze tecnologiche” presenti all’interno di Casaleggio Associati sono le stesse che avevano gestito la piattaforma Rousseau fino al 2017/2018. Il Garante della Privacy, nelle conclusioni dell’inchiesta sulle violazioni di sicurezza subite dalla piattaforma, ha descritto come gravemente carenti sia tecnicamente che in termini di amministrazione le scelte operate sulla gestione del progetto. Se il “successo noto a tutti” è indicativo delle competenze tecnologiche dell’aziendina di Davide, io fossi loro cliente scapperei a gambe levate. Chissà perché, invece, i più grandi poteri e interessi commerciali del pianeta sembrano essere irresistibilmente attratti da una società il cui capo possiede il partito di governo del Paese. Misteri.

Casaleggio Associati non si occupa di politica e dal 2016 gli sviluppi tecnologici a supporto del blog e del MoVimento 5 Stelle sono a cura e in gestione dell’Associazione Rousseau, un’associazione senza scopo di lucro con personale e sede distinta.

Anzitutto, andrebbe chiarito cosa significhi “occuparsi di politica”. Perché, ad esempio, il contratto che Casaleggio Associati ha stipulato con la Moby di Onorato parla proprio di “sensibilizzare le istituzioni”, come riporta il Corriere della Sera. A me, ma posso sbagliare, pare che questo si possa definire “occuparsi di politica”, per soldi peraltro. Inoltre non è corretto dire che dal 2016 delle attività relative al Movimento si occupa l’associazione Rousseau. Se n’è occupata Casaleggio Associati almeno fino al novembre 2017 come testimoniato dalle carte dell’inchiesta del Garante della Privacy già citata. Le comunicazioni avvengono anche tramite PEC di Casaleggio Associati e la sede presso cui vengono condotte le ispezioni è quella di Via Morone 6 che all’epoca ospitavano gli uffici di Casaleggio Associati e di Rousseau. Come riporta l’AdnKronos, l’azienda cambiò sede solo nel dicembre del 2018, o poco prima.

La confusione tra partito e clienti

Continua poi:

Il lavoro di Casaleggio Associati si focalizza ad esempio su progetti di innovazione digitale, strategie di marketing e comunicazione, ricerche ed analisi sui mercati digitali e applicazioni software.

Il problema, qui, è capire se qualcuna di queste attività si avvicini troppo a quelle dell’altra occupazione del proprietario di questa società, cioè il dirigente politico. Viene il dubbio perché ci sono alcuni precedenti, come abbiamo raccontato io e Nicola Biondo sia in Supernova che nel Sistema Casaleggio.

Nel 2010, mesi dopo essermi licenziato da Casaleggio Associati, assisto al nuovo spettacolo di Beppe Grillo a Torino. All’epoca era già stato fondato il Movimento 5 Stelle. Ebbene, verso la fine dello spettacolo Grillo proietta per oltre un minuto un filmato che sembra la pubblicità di un prodotto. Perché lo è: sta sponsorizzando un Robot chirurgico distribuito in Italia da un altro cliente di Casaleggio Associati, per cui anche io avevo svolto delle attività fino a pochi mesi prima.

Casaleggio aveva il vizio di usare i propri clienti come asset per gli altri, come quando lo stesso Grillo venne convinto a partecipare alla festa dell’Italia dei Valori tre anni prima. Questa confusione di ruoli, questa mancanza di compartimenti stagni tra le diverse attività dentro e fuori l’azienda dovrebbero far suonare più di un campanello di allarme alle procure che hanno iniziato ad approfondire questi argomenti.

Scrive ancora Casaleggio:

Non ho mai richiesto nulla per i clienti di Casaleggio Associati a eletti o governanti del MoVimento 5 Stelle, mantenendo sempre una distinzione netta tra le due realtà.

Ah. E cosa ci fa Virginia Raggi sul sito della campagna “cambia gesto” promossa dalla multinazionale del tabacco Philip Morris, che è cliente di Casaleggio Associati? Per caso, ipotesi, non è che alla sindaca venne suggerito che poteva giovare alla sua immagine la sua presenza, così così come a Philip Morris?

Però attenzione, il meglio arriva ora. Casaleggio cerca di ribaltare la frittata e accusa uno degli autori delle inchieste di questi ultimi giorni, Aldo Torchiaro, di conflitto d’interessi. Perché? Perché lavora per un’azienda che tra i propri clienti annovera due concorrenti di Philip Morris. Ma davvero? Avere rapporti di secondo grado con un’azienda costituisce conflitto d’interessi? Allora ha ragione Il Riformista: il fatto che ci sia un rapporto non di secondo grado ma diretto tra Casaleggio e Philip Morris dovrebbe costituire, secondo la logica dello stesso Casaleggio, un conflitto d’interessi maggiore.

Il rapporto con il governo

Infine, Casaleggio nega di aver partecipato a riunioni governative per definire la finanziaria. Solo che nessuno l’ha mai accusato di questo fatto: si è solo ribadita, con documenti e testimonianze, l’ovvia influenza che le sue opinioni hanno sul partito e ricordato il fatto che presiedesse vertici di partito su decisioni riguardanti le attività di governo. Lo ha spiegato bene il Senatore De Falco, lo spiegò all’epoca l’europarlamentare Daniela Aiuto, lo ha ribadito l’ex ministro Fioramonti.

L’unico contributo pubblico che ho dato quest’anno é la ricerca sul futuro dell’Italia post Covid realizzato con l’Associazione Gianroberto Casaleggio

Anche quel documento è molto, molto interessante. Ci torneremo in una delle prossime settimane.

Il conflitto d’interessi

Ma il meglio di sé, in assoluto, lo Casaleggio lo dà in chiusura. Dopo aver cercato di allontanare da sé, per tutto lo scritto, l’ipotesi che ciò che lui fa come imprenditore abbia qualcosa a che fare con le sue attività di dirigente politico, ecco che arriva il lampo di genio:

[…] perchè la diffamazione nei miei confronti e della nostra società, questa volta, evidentemente non è l’unico obiettivo.

Purtroppo, in questa frase risulta chiarissimo il retropensiero: è chiaro che attaccano la società per attaccare il partito (o meglio, il suo nuovo pupillo, Alessandro Di Battista). E perché mai, carissimo, se sostieni che quello che fai con l’azienda è ben separato da quello che fai col partito? Come puoi pensare che le due cose siano collegate? Ma soprattutto: se lo pensi tu, perché mai non dovremmo pensarlo noi?

Sette motivi per cui Rousseau e il M5s non spariranno

Questa è stata la settimana in cui è iniziata davvero la trattativa per portare Forza Italia in area di governo. Vedremo se sarà un appoggio esterno, se verrà concesso a Berlusconi qualche sottosegretario, come reagiranno Salvini e Meloni. Ma ormai è chiaro che questa legislatura vedrà perfino una qualche forma di accordo tra Berlusconi, Casaleggio e Grillo.

Di Maio, in alcune interviste dopo gli Stati Generali, si era dichiarato disponibile. Bettini (PD), titola Linkiesta, offre un “patto del Nazareno” a Berlusconi e allo stesso Di Maio.

C’è anche stato l’episodio del presidente della commissione antimafia Morra, con una dichiarazione spiacevole sulla defunta presidente di Forza Italia della regione Calabria, Jole Santelli. La gaffe è stata subito sfruttata dal centrodestra per chiederne le dimissioni, ma il senatore osserva con attenzione anche le reazioni dei suoi compagni di Partito.

Di Maio, ad esempio, ha incontrato poche ore dopo la presidente del Senato Casellati. Di cosa si è parlato, non è stato reso noto, ma il deputato europeo M5s Corrao, vicino ad Alessandro Di Battista, spera che “non si sia parlato di intese con Berlusconi”. Segno che probabilmente si è proprio parlato di intese con Berlusconi.

Casaleggio, Rousseau, il voto e i candidati

Casaleggio, sul tema, ha detto che qualsiasi cambio di maggioranza dovrà essere votato su Rousseau. Aggiungendo, in un’intervista al Corriere della Sera, che la selezione dei candidati del Movimento 5 Stelle dovrà rimanere compito di Rousseau e non passare, come chiedono i parlamentari, al Movimento 5 Stelle. Perché, spiega, ci sarebbe un conflitto d’interesse tra le persone che devono selezionare i candidati, tra cui sé stessi. Ma è ovvio che la selezione dei candidati è funzionale a mantenere la sua influenza: Casaleggio infatti si comporta come un broker di seggi parlamentari, che noleggia per 300€ al mese. Poter decidere il metodo con cui selezionare i candidati è ciò che glielo permette.

Ma non è tutto. Il vantaggio di una struttura “leggera” come Rousseau è quella di poter prendere decisioni velocemente, anticipando le mosse dei propri concorrenti, compreso il Movimento parlamentare. Proprio oggi, lunedì 23 novembre, Rousseau lancia il “Piano 2020/2021”. Un’iniziativa sia per la raccolta di fondi – data la riluttanza di parte dei parlamentari a versare le proprie quote – sia per anticipare alcune richieste che sono emerse dagli Stati Generali. Quella che mi sembra la più significativa è la necessità di luoghi d’incontro fisici.

Casaleggio propone nuovi strumenti di relazione digitali e una “struttura decentralizzata”. Chiarissimo il tentativo, che verosimilmente riuscirà, di fare concorrenza agli Stati Generali. Vito Crimi si è affrettato a dire che non si tratta di un’iniziativa del Movimento, ma do Rousseau, ma le comunicazioni che arrivano a chi decide di partecipare all’evento di oggi sono confuse. La mail arriva con mittente “Iniziative a 5 Stelle”, presenta i due marchi “Movimento 5 Stelle | Rousseau”, sembra in tutto e per tutto un’iniziativa del partito.



L’utilizzo anche del marchio “M5s” per questo evento ha fatto infuriare Luigi Di Maio, dice chi è vicino al ministro. Casaleggio considera il Movimento roba sua e ne dispone come meglio crede senza nessun interesse per le dichiarazioni di quelli che considera “strumenti” del proprio Sistema, i parlamentari.

Questi episodi saranno sempre più frequenti da qui al prossimo voto: è la guerriglia a bassa intensità che si sta combattendo tra il Sistema Casaleggio e il Movimento parlamentare.

Sette motivi per cui Rousseau e il M5s non spariranno

Dall’8 settembre 2007, quando i lettori del Blog di Grillo si manifestarono fisicamente in piazza, e poi da quando nel 2009 venne fondato il M5s, leggo dai più diversi commentatori che il partito di Casaleggio è destinato a scomparire. Dopo tredici anni, quindici se si considera l’anno di apertura del Blog, siamo ancora qui. Credo che nemmeno alla prossima tornata elettorale il Sistema Casaleggio svanirà come neve al sole. Ecco i sette motivi per cui non accadrà.

1. Le motivazioni di Casaleggio

Se all’inizio il ruolo del clan Casaleggio era per lo più ignoto, ora è noto che il proprietario del partito sia l’Erede di Gianroberto. Chi non ha chiaro questo concetto, che io e Nicola Biondo ripetiamo dal 2016, riconosce per lo meno un ruolo della struttura di Casaleggio. Davide non gestisce il Movimento 5 Stelle, tramite Rousseau, per divertimento, ma per soldi e influenza. Mantenere il ruolo di recettore dei desiderata dei portatori d’interessi, nazionali e internazionali, è ciò che gli consente di fare business con la propria società, Casaleggio Associati.

Senza le relazioni che può coltivare grazie al fatto di controllare un partito, l’azienda verosimilmente non starebbe sul mercato. Anche solo perché non si è mai misurata col mercato vero, senza gli agganci con la finanza milanese prima e la politica romana poi. Rousseau è, di fatto, una spin off di Casaleggio Associati ed è gestita come un’azienda: non può permettersi che fallisca.

2. La struttura organizzativa

I partiti sopravvissuti alla seconda repubblica e ancora influenti non sono molti, nonostante molti ne siano stati fondati negli ultimi anni. La maggioranza di questi non è rappresentata in parlamento da due legislature. Verdi, Radicali, rifondatori  comunisti, Sel, la lista Monti, Udeur, Italia dei Valori, hanno avuto soprattutto problemi con la struttura organizzativa. In alcuni casi non c’era, in altri era troppo costosa. Sono rimasti quelli con una forte componente ideologica, dopo una drastica cura dimagrante dei costi (Forza Italia, Lega, Fratelli D’Italia), o una solida struttura organizzativa (PD, Movimento 5 Stelle).

Quella del Movimento 5 Stelle, come abbiamo visto, è non solo leggerissima, ma è anche gestita con mentalità imprenditoriale, che la rende più efficiente di quella dei concorrenti. È, o cerca di essere, allo stesso tempo sia lontana dalle logiche di distribuzione del potere che molto ben inserita negli uffici che contano.

Soprattutto: esiste. Il M5s è stato favorito, nella sua scalata, dalla narrativa che raccontava il partito come una manica di scappati di casa che non avrebbero combinato nulla. Tralasciando colpevolmente, per molti anni, di raccontare la macchina milanese, il sistema Casaleggio, che governa i processi e la comunicazione, studia e implementa strategie, si occupa della burocrazia del Movimento con una struttura mai sottoposta ad alcun controllo democratico.

Fattore importante, è una struttura che meglio di altri ha saputo utilizzare i dati, anche commettendo gravi errori e violando molte leggi. Il valore, in termini elettorali, che Rousseau è in grado di estrarre da un dato è almeno un ordine di grandezza superiore a quello che sono in grado di estrarre i concorrenti.

3. La strategia della sinistra italiana

I complici. Non saprei come altro definirli. Il Movimento 5 Stelle non scomparirà pure perché la sinistra italiana, soprattutto il Partito Democratico, ha rinunciato a elaborare una proposta più attraente, preferendo il tentativo di appropriarsi dei voti di Casaleggio e Grillo. Non funzionerà. Non sta funzionando. Il conflitto d’interessi di Casaleggio, che persino il presidente del Parlamento Europeo aveva deciso di sottoporre a scrutinio, è sparito. Invece, le parole d’ordine, pericolose, dei Cinque Stelle sono entrate nel discorso quotidiano dei cosiddetti democratici.

Per ultimo, il concetto di cancellare il debito contratto per la crisi sanitaria. Proposta fatta propria dallo stesso Sassoli, smentito e spernacchiato da tutte le autorità continentali. La sinistra italiana è guidata da personale incapace di leggere il XXI secolo e, per non perdere il proprio potere, ha venduto la propria storia e i propri valori a uno spregiudicato imprenditore delle nullità, che noleggia la democrazia per 300 euro a seggio. Quelli che scompariranno rischiano di essere loro, non Casaleggio.

4. Gli iscritti

Il sistema di reclutamento del personale politico che il clan Casaleggio ha elaborato, e che infatti non vuole cedere, è la fonte inesauribile di slancio dell’Associazione Rousseau. Casaleggio ha passato anni a profilare un esercito di aspiranti parlamentari che non devono fare altro che aspettare il proprio turno per diventare onorevoli. La concorrenza, gli altri partiti e perfino il Movimento parlamentare che si sta rivoltando contro Milano, cosa offrono? Come faccio a diventare parlamentare iscrivendomi al PD, alla corrente Di Maio, ad Azione di Carlo Calenda? Quali sono le probabilità di entrare a Montecitorio con loro, quali con Rousseau?

Con Rousseau mi basta convincere un bassissimo numero di persone a votarmi su di una piattaforma insicura e manipolabile. Al resto ci pensa Casaleggio. Davide Casaleggio vende un efficiente servizio di noleggio di seggi parlamentari a un costo estremamente ridotto, 300 euro al mese, se paragonato ai quasi 130mila euro di reddito garantito per cinque anni, nel caso si venga eletti. Tutti gli altri partiti, al contrario, chiedono un versamento anticipato per essere candidati.

5. Lo spazio politico

Siamo sicuri che lo spazio politico che hanno finora occupato i Casaleggio sia scomparso? Io sono convinto di no. In parte perché il messaggio è tenuto volutamente semplice affinché raggiunga il maggior numero possibile di persone (lo scrive lo stesso Casaleggio in Tu sei Rete). In parte perché quei voti sono funzionali ai concorrenti che sanno, adesso, di poter contare su di una realtà disponibile a governare con chiunque. Ma c’è un altro fattore importante: Casaleggio ha dimostrato di saper adattare la propria strategia sulla base del contesto che muta. Ha creato una struttura di potere sufficientemente resiliente, o elastica, da permettere di riempire qualsiasi vuoto politico si crei. Un filler democratico che s’insinua nelle crepe della società e se ne approfitta per perpetuare sé stesso.

6. La legge elettorale

Il Clan Casaleggio e il suo tentacolo politico costituito da Rousseau e dal Movimento Cinque Stelle sono pensati per funzionare con qualsiasi sistema elettorale. Ma è chiaro che la situazione che in Italia si è creata, con un minore numero di seggi disponibili dalla prossima legislatura e la prospettiva di una legge proporzionale, favorirà il M5s anche se dovesse perdere molti voti. Anche con una percentuale dimezzata o men che dimezzata, diciamo tra il 12 e il 15 percento, il partito di Casaleggio sarà determinante per la costituzione di una maggioranza. Ma pure ci fossero altre opzioni e il Movimento fosse relegato all’opposizione non sarebbe un problema. Il Sistema funziona, e l’abbiamo visto, anche meglio all’opposizione.

7. I soldi (m5s è più “efficiente”)

Il fattore soldi è determinante. Si avvicina una crisi economica che colpirà duro e tutte le imprese ne risentiranno. Anche le imprese politiche. I partiti hanno costi elevatissimi per le proprie infrastrutture, soprattutto le sedi fisiche, e su di esse basano buona parte della loro capacità di raccogliere, organizzare, gestire il consenso. Rousseau ha un sola sede fisica, poco personale (circa dieci persone), e una capacità di convincere volontari operativi molto elevata. Ha tecnicamente ragione Casaleggio quando dice che sono in grado di offrire un servizio migliore a un costo inferiore.

M5s, Civil War.

Ancora sull’elezione di Joe Biden: le ripercussioni arrivano in Regno Unito dove viene allontanato dallo Staff di Boris Johnson il suo più fidato consigliere, mentre il rischio di compromettere l’accordo commerciale con gli Stati Uniti rende più vicina l’ipotesi di una ulteriore proroga, almeno parziale, della Brexit.

Il commento sugli Stati Generali del Movimento 5 Stelle: una guerra civile in vista per i prossimi due anni, mentre Casaleggio vince di fatto questa fase, mantenendo il proprio ruolo su cui, sembra, non ci sarà nessuna votazione.

Intervento a Radio Radicale: Gli Stati Generali del Movimento 5 Stelle

Conversazione con Nicola Biondo e Marco Canestrari sugli stati generali del Movimento 5 Stelle.

Puntata di “Lo stato del Diritto: Gli Stati Generali del Movimento 5 Stelle” di mercoledì 11 novembre 2020 che in questa puntata ha ospitato Irene Testa (tesoriera del Partito Radicale Nonviolento, Transnazionale e Transpartito), Nicola Biondo (giornalista e scrittore), Marco Canestrari (informatico, già collaboratore della Casaleggio Associati).

Tra gli argomenti discussi: Casaleggio, Conflitto D’interessi, Crimi, Di Battista, Diritto, Economia, Elezioni, Fico, Grillo, Guardia Di Finanza, Moby, Movimenti, Movimento 5 Stelle, Parlamento, Partiti, Partito Democratico, Philip Morris, Piattaforma Rousseau, Politica, Riciclaggio.