Sette motivi per cui Rousseau e il M5s non spariranno

Questa è stata la settimana in cui è iniziata davvero la trattativa per portare Forza Italia in area di governo. Vedremo se sarà un appoggio esterno, se verrà concesso a Berlusconi qualche sottosegretario, come reagiranno Salvini e Meloni. Ma ormai è chiaro che questa legislatura vedrà perfino una qualche forma di accordo tra Berlusconi, Casaleggio e Grillo.

Di Maio, in alcune interviste dopo gli Stati Generali, si era dichiarato disponibile. Bettini (PD), titola Linkiesta, offre un “patto del Nazareno” a Berlusconi e allo stesso Di Maio.

C’è anche stato l’episodio del presidente della commissione antimafia Morra, con una dichiarazione spiacevole sulla defunta presidente di Forza Italia della regione Calabria, Jole Santelli. La gaffe è stata subito sfruttata dal centrodestra per chiederne le dimissioni, ma il senatore osserva con attenzione anche le reazioni dei suoi compagni di Partito.

Di Maio, ad esempio, ha incontrato poche ore dopo la presidente del Senato Casellati. Di cosa si è parlato, non è stato reso noto, ma il deputato europeo M5s Corrao, vicino ad Alessandro Di Battista, spera che “non si sia parlato di intese con Berlusconi”. Segno che probabilmente si è proprio parlato di intese con Berlusconi.

Casaleggio, Rousseau, il voto e i candidati

Casaleggio, sul tema, ha detto che qualsiasi cambio di maggioranza dovrà essere votato su Rousseau. Aggiungendo, in un’intervista al Corriere della Sera, che la selezione dei candidati del Movimento 5 Stelle dovrà rimanere compito di Rousseau e non passare, come chiedono i parlamentari, al Movimento 5 Stelle. Perché, spiega, ci sarebbe un conflitto d’interesse tra le persone che devono selezionare i candidati, tra cui sé stessi. Ma è ovvio che la selezione dei candidati è funzionale a mantenere la sua influenza: Casaleggio infatti si comporta come un broker di seggi parlamentari, che noleggia per 300€ al mese. Poter decidere il metodo con cui selezionare i candidati è ciò che glielo permette.

Ma non è tutto. Il vantaggio di una struttura “leggera” come Rousseau è quella di poter prendere decisioni velocemente, anticipando le mosse dei propri concorrenti, compreso il Movimento parlamentare. Proprio oggi, lunedì 23 novembre, Rousseau lancia il “Piano 2020/2021”. Un’iniziativa sia per la raccolta di fondi – data la riluttanza di parte dei parlamentari a versare le proprie quote – sia per anticipare alcune richieste che sono emerse dagli Stati Generali. Quella che mi sembra la più significativa è la necessità di luoghi d’incontro fisici.

Casaleggio propone nuovi strumenti di relazione digitali e una “struttura decentralizzata”. Chiarissimo il tentativo, che verosimilmente riuscirà, di fare concorrenza agli Stati Generali. Vito Crimi si è affrettato a dire che non si tratta di un’iniziativa del Movimento, ma do Rousseau, ma le comunicazioni che arrivano a chi decide di partecipare all’evento di oggi sono confuse. La mail arriva con mittente “Iniziative a 5 Stelle”, presenta i due marchi “Movimento 5 Stelle | Rousseau”, sembra in tutto e per tutto un’iniziativa del partito.



L’utilizzo anche del marchio “M5s” per questo evento ha fatto infuriare Luigi Di Maio, dice chi è vicino al ministro. Casaleggio considera il Movimento roba sua e ne dispone come meglio crede senza nessun interesse per le dichiarazioni di quelli che considera “strumenti” del proprio Sistema, i parlamentari.

Questi episodi saranno sempre più frequenti da qui al prossimo voto: è la guerriglia a bassa intensità che si sta combattendo tra il Sistema Casaleggio e il Movimento parlamentare.

Sette motivi per cui Rousseau e il M5s non spariranno

Dall’8 settembre 2007, quando i lettori del Blog di Grillo si manifestarono fisicamente in piazza, e poi da quando nel 2009 venne fondato il M5s, leggo dai più diversi commentatori che il partito di Casaleggio è destinato a scomparire. Dopo tredici anni, quindici se si considera l’anno di apertura del Blog, siamo ancora qui. Credo che nemmeno alla prossima tornata elettorale il Sistema Casaleggio svanirà come neve al sole. Ecco i sette motivi per cui non accadrà.

1. Le motivazioni di Casaleggio

Se all’inizio il ruolo del clan Casaleggio era per lo più ignoto, ora è noto che il proprietario del partito sia l’Erede di Gianroberto. Chi non ha chiaro questo concetto, che io e Nicola Biondo ripetiamo dal 2016, riconosce per lo meno un ruolo della struttura di Casaleggio. Davide non gestisce il Movimento 5 Stelle, tramite Rousseau, per divertimento, ma per soldi e influenza. Mantenere il ruolo di recettore dei desiderata dei portatori d’interessi, nazionali e internazionali, è ciò che gli consente di fare business con la propria società, Casaleggio Associati.

Senza le relazioni che può coltivare grazie al fatto di controllare un partito, l’azienda verosimilmente non starebbe sul mercato. Anche solo perché non si è mai misurata col mercato vero, senza gli agganci con la finanza milanese prima e la politica romana poi. Rousseau è, di fatto, una spin off di Casaleggio Associati ed è gestita come un’azienda: non può permettersi che fallisca.

2. La struttura organizzativa

I partiti sopravvissuti alla seconda repubblica e ancora influenti non sono molti, nonostante molti ne siano stati fondati negli ultimi anni. La maggioranza di questi non è rappresentata in parlamento da due legislature. Verdi, Radicali, rifondatori  comunisti, Sel, la lista Monti, Udeur, Italia dei Valori, hanno avuto soprattutto problemi con la struttura organizzativa. In alcuni casi non c’era, in altri era troppo costosa. Sono rimasti quelli con una forte componente ideologica, dopo una drastica cura dimagrante dei costi (Forza Italia, Lega, Fratelli D’Italia), o una solida struttura organizzativa (PD, Movimento 5 Stelle).

Quella del Movimento 5 Stelle, come abbiamo visto, è non solo leggerissima, ma è anche gestita con mentalità imprenditoriale, che la rende più efficiente di quella dei concorrenti. È, o cerca di essere, allo stesso tempo sia lontana dalle logiche di distribuzione del potere che molto ben inserita negli uffici che contano.

Soprattutto: esiste. Il M5s è stato favorito, nella sua scalata, dalla narrativa che raccontava il partito come una manica di scappati di casa che non avrebbero combinato nulla. Tralasciando colpevolmente, per molti anni, di raccontare la macchina milanese, il sistema Casaleggio, che governa i processi e la comunicazione, studia e implementa strategie, si occupa della burocrazia del Movimento con una struttura mai sottoposta ad alcun controllo democratico.

Fattore importante, è una struttura che meglio di altri ha saputo utilizzare i dati, anche commettendo gravi errori e violando molte leggi. Il valore, in termini elettorali, che Rousseau è in grado di estrarre da un dato è almeno un ordine di grandezza superiore a quello che sono in grado di estrarre i concorrenti.

3. La strategia della sinistra italiana

I complici. Non saprei come altro definirli. Il Movimento 5 Stelle non scomparirà pure perché la sinistra italiana, soprattutto il Partito Democratico, ha rinunciato a elaborare una proposta più attraente, preferendo il tentativo di appropriarsi dei voti di Casaleggio e Grillo. Non funzionerà. Non sta funzionando. Il conflitto d’interessi di Casaleggio, che persino il presidente del Parlamento Europeo aveva deciso di sottoporre a scrutinio, è sparito. Invece, le parole d’ordine, pericolose, dei Cinque Stelle sono entrate nel discorso quotidiano dei cosiddetti democratici.

Per ultimo, il concetto di cancellare il debito contratto per la crisi sanitaria. Proposta fatta propria dallo stesso Sassoli, smentito e spernacchiato da tutte le autorità continentali. La sinistra italiana è guidata da personale incapace di leggere il XXI secolo e, per non perdere il proprio potere, ha venduto la propria storia e i propri valori a uno spregiudicato imprenditore delle nullità, che noleggia la democrazia per 300 euro a seggio. Quelli che scompariranno rischiano di essere loro, non Casaleggio.

4. Gli iscritti

Il sistema di reclutamento del personale politico che il clan Casaleggio ha elaborato, e che infatti non vuole cedere, è la fonte inesauribile di slancio dell’Associazione Rousseau. Casaleggio ha passato anni a profilare un esercito di aspiranti parlamentari che non devono fare altro che aspettare il proprio turno per diventare onorevoli. La concorrenza, gli altri partiti e perfino il Movimento parlamentare che si sta rivoltando contro Milano, cosa offrono? Come faccio a diventare parlamentare iscrivendomi al PD, alla corrente Di Maio, ad Azione di Carlo Calenda? Quali sono le probabilità di entrare a Montecitorio con loro, quali con Rousseau?

Con Rousseau mi basta convincere un bassissimo numero di persone a votarmi su di una piattaforma insicura e manipolabile. Al resto ci pensa Casaleggio. Davide Casaleggio vende un efficiente servizio di noleggio di seggi parlamentari a un costo estremamente ridotto, 300 euro al mese, se paragonato ai quasi 130mila euro di reddito garantito per cinque anni, nel caso si venga eletti. Tutti gli altri partiti, al contrario, chiedono un versamento anticipato per essere candidati.

5. Lo spazio politico

Siamo sicuri che lo spazio politico che hanno finora occupato i Casaleggio sia scomparso? Io sono convinto di no. In parte perché il messaggio è tenuto volutamente semplice affinché raggiunga il maggior numero possibile di persone (lo scrive lo stesso Casaleggio in Tu sei Rete). In parte perché quei voti sono funzionali ai concorrenti che sanno, adesso, di poter contare su di una realtà disponibile a governare con chiunque. Ma c’è un altro fattore importante: Casaleggio ha dimostrato di saper adattare la propria strategia sulla base del contesto che muta. Ha creato una struttura di potere sufficientemente resiliente, o elastica, da permettere di riempire qualsiasi vuoto politico si crei. Un filler democratico che s’insinua nelle crepe della società e se ne approfitta per perpetuare sé stesso.

6. La legge elettorale

Il Clan Casaleggio e il suo tentacolo politico costituito da Rousseau e dal Movimento Cinque Stelle sono pensati per funzionare con qualsiasi sistema elettorale. Ma è chiaro che la situazione che in Italia si è creata, con un minore numero di seggi disponibili dalla prossima legislatura e la prospettiva di una legge proporzionale, favorirà il M5s anche se dovesse perdere molti voti. Anche con una percentuale dimezzata o men che dimezzata, diciamo tra il 12 e il 15 percento, il partito di Casaleggio sarà determinante per la costituzione di una maggioranza. Ma pure ci fossero altre opzioni e il Movimento fosse relegato all’opposizione non sarebbe un problema. Il Sistema funziona, e l’abbiamo visto, anche meglio all’opposizione.

7. I soldi (m5s è più “efficiente”)

Il fattore soldi è determinante. Si avvicina una crisi economica che colpirà duro e tutte le imprese ne risentiranno. Anche le imprese politiche. I partiti hanno costi elevatissimi per le proprie infrastrutture, soprattutto le sedi fisiche, e su di esse basano buona parte della loro capacità di raccogliere, organizzare, gestire il consenso. Rousseau ha un sola sede fisica, poco personale (circa dieci persone), e una capacità di convincere volontari operativi molto elevata. Ha tecnicamente ragione Casaleggio quando dice che sono in grado di offrire un servizio migliore a un costo inferiore.

Guardate lontano

Il mio intervento a “Sinistra Anno Zero”, 7 aprile 2018

Foto: Nicolò Carboni

Grazie per l’invito.

Sono Marco Canestrari e ho lavorato dal 2007 al 2010 in Casaleggio Associati. Ho visto e fatto nascere il M5s, coordinavo i gruppi MeetUp e accompagnavo Grillo nelle più importanti occasioni ufficiali.

Tutti siamo a conoscenza e condividiamo ciò che non ci piace del M5s, ma oggi vorrei concentrarmi su cosa ha invece funzionato nella loro strategia e su cosa hanno sbagliato i loro avversari in questi anni, ovviamente dal mio punto di vista e per la mia esperienza.

Parlerò di tre aspetti della strategia del M5s: organizzazione, comunicazione, formazione delle posizioni politiche.

Parto dalle posizioni politiche perché il primo grande errore è stato quello di ignorare e deridere, fin dall’inizio, quelle che erano posizioni politiche — condivisibili o meno — trattandole con sufficienza: nei confronti di Grillo venne utilizzata la parola “antipolitica”, con ciò rifiutando perfino di considerare le istanze che provenivano dai suoi gruppi organizzati, di cui parleremo fra un attimo.

In realtà, il motore di quello che sarebbe diventato il MoVimento era, negli anni 2000, l’interesse di Gianroberto Casaleggio per i nuovi modelli organizzativi possibili grazie a Internet, che all’epoca iniziava a produrre nuovi modelli di business per le aziende, nuovi modelli organizzativi per le lobby civiche, nuove occasioni per fare informazione, controinformazione e, ovviamente, disinformazione.

Casaleggio, da studioso di questi fenomeni, aveva capito il cambiamento in atto e cercava di prevedere quali settori della società sarebbero stati interessati. Uno studio che proseguiva da anni, fatto di molti viaggi e molte letture.

L’incontro con Grillo, che avviene nel 2004, produce il mix esplosivo: Grillo da anni si era dedicato al cosiddetto “teatro civile”, affrontava temi sovrapponibili a quelli che stava studiando Casaleggio, con l’occhio dell’artista popolare, geniale nel capire gli umori del suo pubblico, i problemi, la rabbia, le paure.

Così l’uno, Grillo, spiegava all’altro, Casaleggio, come le persone perdessero ore e ore di vita — di vita — in macchina per andare in ufficio e l’altro replicava come, grazie alla tecnologia, fossero possibili il telelavoro (ricordiamoci che siamo all’inizio degli anni 2000, all’epoca era una novità) e una migliore organizzazione dei trasporti pubblici e privati (dì li a pochi anni sarebbe nata Uber). Discorsi di questo tipo sublimavano in posizioni politiche estremamente efficaci dal punto di vista della propaganda: “investire nell’immobilità”, per sintetizzare come si dovesse investire affinché si riducessero il numero e la durata dei trasferimenti.

E arriviamo così al secondo tema, quello della comunicazione.

Si è molto detto e scritto di come Grillo e Casaleggio abbiamo “bypassato” la comunicazione tradizionale attraverso Internet. Poco o nulla, invece, si è detto di come abbiano utilizzato la Rete per aprire un canale di comunicazione inverso: dal pubblico verso di loro.

Inizialmente, il Blog serviva a Grillo per farsi raccontare dal suo pubblico, prima dei suoi spettacoli, qualche notizia locale da inserire nel suo show. Col tempo hanno cominciato ad arrivare segnalazioni di qualsiasi tipo, su moltissimi argomenti, locali e nazionali. Perché? Perché laddove i siti delle altre organizzazioni, dai partiti, ai sindacati, alle associazioni, ai singoli politici — i pochi che lo avevano, non permettevano di inviare mail o commenti, quello di Grillo era aperto.

Così su di noi, in Casaleggio, si riversava tutta la rabbia e la frustrazione di chi sentiva di non avere voce. Trovavano nel Blog un orecchio pronto ad ascoltare e una voce pronta a gridare, letteralmente, per loro.

Siamo nel periodo del secondo governo Berlusconi: quelli di destra erano delusi dalle mancate promesse esaudite, quelli di sinistra erano furiosi per un’opposizione che veniva percepita come complice.

Ripeto: quello che trovavano i lettori del blog era qualcuno pronto ad ascoltare. E a cui chiedevano, sempre più insistentemente, soluzioni.

Terzo tema: come organizzarsi?

Il M5s nasce nel 2009, ma fin dal 2005 il Blog di Grillo aveva iniziato a organizzare gruppi locali chiamati “MeetUp”: assemblee che si riunivano per discutere i temi affrontati da Grillo nei suoi post. In cui si condivideva anche quella rabbia e voglia di rivalsa e di partecipazione che avevamo ascoltato, raccolto, elaborato, rilanciato. Periodicamente, il Blog organizzava un incontro nazionale in cui i lettori e gli attivisti potevano conoscersi fisicamente dopo aver a lungo discusso nei “forum” online. In questo modo si è creato un embrione di comunità raccolta intorno ad alcuni valori condivisi: la voglia di riscatto e partecipazione, la richiesta di ricambio, di “pulizia” della classe dirigente, non solo politica.

Tutti ci si conosceva: è falso dire che la comunità fosse esclusivamente online. Gli incontri locali erano settimanali e i vari responsabili locali si confrontavano sia online sia di persona più volte al mese.

Per due anni i MeetUp hanno cercato di spingere la politica locale ad interessarsi ai temi proposti, ma nella stragrande maggioranza dei casi la porta era sbarrata o, peggio ancora, l’ufficio dietro quella porta era marcio.

Io sono di Pavia: nel 2006 col MeetUp incontrammo un dirigente locale del futuro PD per parlargli dei rischi collegati all’inquinamento legato al ciclo dei rifiuti, spiegandogli che aumentava l’incidenza di alcune malattie, per proporre la raccolta porta a porta. Sapete quale fu la risposta? “Se sono malattie che fanno fare soldi, allora mi interessa, se no arrivederci”. Questo dirigente si trova oggi in carcere. Era così ovunque.

Episodi del genere ci venivano segnalati settimanalmente da ogni parte d’Italia.

Sono queste esperienze comuni, queste frustrazioni, che hanno cementato il gruppo dirigente del MoVimento. E che hanno costruito un codice di condotta a lungo non scritto, ma comunque chiaro a tutti, che ha permesso ai loro elettori di applicare la sanzione reputazionale senza indugio ogni qual volta si è ritenuto, a torto o a ragione, necessario.

Sì, ci sono e ci sono state palesi ingiustizie, esagerazioni, distorsioni e innumerevoli porcherie. Ma, alla fine, il gruppo dirigente era ed è compatto intorno ad alcuni princìpi ben riconoscibili e riconosciuti, fermo restando il vuoto pneumatico intorno agli altri temi che serve affrontare per formare una proposta politica credibile.

Non è evidentemente un metodo esemplare, lo è piuttosto l’obiettivo raggiunto.

L’assemblearismo perenne degli inizi ha assorbito perfino l’intera dialettica degli anni dell’istituzionalizzazione, anche grazie al fatto che fino a quando ci sono riusciti, i fondatori hanno impedito la formazione di strutture e gerarchie: qualsiasi tentativo di emergere o proporre organigrammi veniva soffocato nella culla.

Anche lo scontro tra Fico e Di Maio è rientrato prima del voto perché non era tra aspiranti dirigenti, ma tra vecchi compagni di strada.

Tutto cambia nel 2014 quando gli attuali dirigenti impongono ai fondatori il direttorio all’indomani della sconfitta alle europee, mossa che romperà il tabù delle gerarchie e permetterà al partito di mettersi in assetto da campagna elettorale, capitalizzando la fiducia raccolta nei 10 anni di attività investendola in pura propaganda.

A meno della rottura di altri tabù come il limite dei due mandati, questo gruppo dirigente esaurirà la sua parabola in questa legislatura. A chi vuole contrastarli mi permetto — rispettosamente, visto che sono ospite in casa d’altri — di consigliare tre cose.

Primo: guardare lontano.

Casaleggio, nel 2007–2009, si diede l’obiettivo di conquistare il governo in 10–15 anni, ogni zero virgola conquistato alle elezioni era una vittoria. Derisa dagli avversari miopi che non vedevano la marea montare.

Bisogna ragionare come se i prossimi 5 anni siano loro, e progettare i successivi 10. Primo per lasciarli, che governare sarà diverso dalla propaganda e quest’onda va lasciata sfogare. Secondo perché chi governa è assorbito dal presente, mentre incalza il futuro. Chi non avrà questa incombenza può approfittarne per fermarsi e studiare.

Secondo: proporre partecipazione, reale e diversa.

Oggi il m5s è forza di governo. Le loro energie saranno tutte impiegate a spiegare e giustificare l’azione dell’esecutivo, ma i loro strumenti di partecipazione, come Rousseau, per quanto siano tecnicamente ridicoli, assolvono al compito di dare l’impressione ai loro iscritti di contare qualcosa. Bisogna studiare ciò che propongono e offrire la possibilità reale di contare. In un modo differente — perché vale sempre il discorso della copia e dell’originale — ma più efficiente e attraente.

Terzo: investire tempo e pazienza.

Il modello di comunicazione m5s è difficilmente replicabile: non esiste un altro Beppe Grillo, ammesso si voglia usare quel registro, il contesto è cambiato. Ma c’è un fattore che gioca a favore delle nuove opposizioni ed è il tempo. C’è il tempo per capire come sarà il mondo fra dieci anni, per anticipare i problemi e studiare delle soluzioni. Il tempo per spiegare tuctto questo alla generazione dei quindicenni di oggi, Come Grillo 15 anni fa si rivolgeva agli adolescenti di ieri che oggi sono i suoi elettori, insieme ai loro genitori e zii.

Ci vogliono pazienza e intelligenza. Bisogna sforzarsi di affiancare al sarcasmo ormai tossico del linguaggio tipico dei social network, la paziente e comprensiva spiegazione delle proprie ragioni, supportate sempre dalle opportune evidenze. Credo che questo, soprattutto, sia oggi il miglior modo per marcare la differenza dal M5s.

Grazie.