De Falco, Fattori, Nugnes

Come spesso accade, la maggioranza in Senato si regge su pochi numeri di scarto. Accade per due motivi: il primo è che i senatori eletti sono 315, a cui vanno aggiunti – al momento – sei senatori a vita. Il secondo è che la Costituzione prevede, per la Camera Alta, la rappresentatività su base regionale. Tutte le leggi elettorali, in ossequio a questo principio, hanno sempre assegnato i cosiddetti premi di maggioranza su base territoriale. Quasi mai un partito raggiunge buoni risultati ovunque, nel Paese, quindi in Senato lo scarto di voti di fiducia è spesso molto basso.

In questa legislatura, i voti di scarto sono sei. La somma dei senatori di Movimento 5 Stelle e Lega è 167. La maggioranza è 160.

In questa situazione appare chiaro come ciascun senatore sia determinante. Poche defezioni possono mettere a rischio la sopravvivenza del governo.

Sono certamente consapevoli di questo i tre senatori del Movimento che, in occasione della fiducia sulla legge finanziaria, hanno dichiarato che sarebbe stato l’ultimo voto di fiducia concesso al governo.

Si tratta di Gregorio De Falco, Paola Nugnes ed Elena Fattori. I tre già erano noti per la loro insofferenza alla piega che ha preso il governo. Pochi giorni fa, per la prima volta, hanno palesato congiuntamente il disappunto che li anima con una video intervista per il quotidiano Open.

È seguita un’intervista della senatrice Fattori a Repubblica e ieri dieci deputati erano assenti al voto sulla manovra finanziaria.

Nessuno però minaccia seriamente di far cadere il governo. Ne ho parlato in passato: non credo che questa legislatura finirà prima del previsto, cioè il 2023. Troppi parlamentari al primo incarico, troppo debole l’opposizione. Nessuno trarrebbe vantaggio da un voto anticipato.

Da gennaio, però, è possibile che inizi una guerra di trincea per costringere i vertici del Movimento a dare qualche chiarimento. La voce che gira più insistentemente, nascosta dai soliti rumor sul rimpasto di governo, è la crescente diffidenza nei confronti del Sistema Casaleggio, quel groviglio di norme, codici, regole scritte o meno che consentono all’Erede del Fondatore di raccogliere soldi e gestire potere al riparo da ogni controllo democratico.

Prepariamoci a un 2019 ricco di sorprese.

L’opposizione al Movimento 5 Stelle

C’è una cosa che proprio non riesco a capire, ma è un limite mio: chi dall’opposizione pensa o non esclude un “dialogo”, un “accordo”, un “sentire le ragioni” del Movimento 5 Stelle cos’ha in mente, di preciso?

Non lo riesco a capire dal punto di vista politico e dal punto di vista della comunicazione.

Partiamo dalla comunicazione: vedo due problemi. Il primo, è che a sinistra viene usato un linguaggio ambiguo. Non ho sentito nessuno dire “con questi dirigenti non voglio avere nulla a che fare“. Sento parlare di “disgelo”, lo ha fatto il braccio destro di Zingaretti, Massimo Smeriglio, salvo poi essere smentito dal suo capo. Leggo di aperture a Roberto Fico da parte di Maurizio Martina. Ancora più esplicito è stato Giuseppe Sala. Il messaggio che passa è che il PD può essere sostituito alla Lega di Salvini, e la domanda successiva è: “dunque in cosa sono diversi?”. Non è quello che penso io, sia chiaro. Le differenze tra i dirigenti del Partito Democratico e quelli della Lega le vedo. Ma il subconscio è una brutta bestia. Sembra che l’obiettivo sia solo decidere quale sia il modo migliore di tornare al potere, non quale sia la migliore alternativa.

Tanto più che molti parlamentari, soprattutto nella comunicazione sui social network, interpretano il ruolo di opposizione come quelle persone che passano il tempo a sottolineare quello che non gli piace. Se non a prendere in giro gli avversari politici. Un fulgido esempio è la timeline twitter di Alessia Morani. È un’operazione che va fatta, per carità, ma se non è affiancato da una proposta diversa la domanda che sorge è: “e quindi?”. In questo modo il governo beneficia della propria propaganda e di quella dell’opposizione: si parla solo di loro, mai di una possibile alternativa. Per questo l’impressione è che l’opposizione non esista.

Quando il Movimento era minoranza, al martellamento contro gli avversari ha sempre affiancato proposte fortemente alternative, provocatorie, spesso esagerate. Spesso scellerate, razziste, pericolose. Ma c’erano, e questo ha pagato.

Dal punto di vista politico, invece, parto da una considerazione. Il Movimento ha pescato voti a sinistra in un modo molto semplice: accusando i dirigenti dei loro partiti di non essersi opposti a Berlusconi, anzi di aver cercato sempre un accordo con lui. Cosa che in effetti è accaduta nella scorsa legislatura e, prima di questa, quando hanno sostenuto il governo Monti. La domande per chi pensa che sia una buona idea cercare un accordo, un dialogo, un disgelo con i 5 stelle sono: cercando un accordo con Berlusconi siete arrivati al 14%, perché stavolta dovrebbe andare diversamente? Gli elettori ancora fedeli vedono i propri dirigenti rincorrere i nuovi potenti invece di cercare di guidare l’agenda politica. Gli elettori passati ai Cinque Stelle concluderanno che la strategia di “punire” nelle urna funziona: perché dovrebbero cambiarla invece di votare i nuovi potenti?

Soprattutto: perché nessuno sembra capire che dialogo con il Movimento significa parlare con Davide Casaleggio, portatore di un macroscopico conflitto d’interessi e vero padrone del partito?

C’è qualcuno tra i miei lettori che votano a sinistra che mi spiega perché mai ha senso cercare un accordo, dialogo, un come-lo-volete-chiamare con il Movimento 5 Stelle?

Dov’era Roberto Fico?

Domenica scorsa il Presidente della Camera Roberto Fico ha partecipato alla trasmissione Mezz’ora in più, di Lucia Annunziata.

In chiusura di trasmissione ha detto che il Movimento dovrebbe chiedere scusa per il TAP e il Terzo Valico, su cui non è riuscito a mantenere le promesse fatte. In campagna elettorale, infatti, avevano promesso di bloccare le opere.

Proprio sul Terzo Valico, peraltro, il ministro Toninelli ha mentito sui conti: non è vero che costerebbe di più interrompere l’opera che terminarla, come ha dimostrato il Foglio. È chiaro quindi che il Movimento non è in grado di far valere la propria linea su quella del suo alleato di governo. Verosimilmente succederà pure col Tav in Val Susa.

La domanda per il Presidente della Camera è: dov’era quando il Movimento, Grillo e Gianroberto Casaleggio accusavano il sindaco di Parma Pizzarotti di non aver mantenuto promesse che non aveva fatto?

Fico sostiene il Global Compact sull’immigrazione: dov’era quando Grillo e Casaleggio scrivevano post razzisti contro i ROM?

Fico ebbe l’occasione di opporsi alla scalata di Luigi Di Maio, che ha portato all’accordo con la Lega. Preferì l’inganno verso i “suoi”, quei parlamentari che la scorsa legislatura provarono ad organizzare la rivolta, che abbiamo raccontato in Supernova, ma si scelse i generali sbagliati. Laura Castelli, ad esempio, che prima di diventare vice ministro era una nostra fonte.

Scelse di soccombere al potere nascente, riscuotendo – come osserva Nicola Biondo – il più alto dividendo politico disponibile: la presidenza della Camera.

Roberto Fico, purtroppo, è solo l’ennesimo arrampicatore sociale che ha venduto i propri princìpi alla carriera che gli si è stesa davanti. Nulla di nuovo, il Movimento è pieno di questi soggetti.

È stucchevole il fatto che, nell’opposizione, qualcuno possa immaginare di poter dialogare con simili personaggi, credendo che siano in grado di mantenere la parola data.

Salva Casaleggio a metà

Nel momento in cui scrivo, la Camera sta discutendo la legge anticorruzione del ministro Bonafede. Per quanto leggete, il governo dovrebbe averla votata ponendo la fiducia.

Qualche settimana fa Nicola Biondo aveva scovato nel disegno di legge alcune norme che ho ribattezzato Salva Casaleggio.

In breve, quattro punti:

In una serie di articoli avevo spiegato come questi commi avrebbero avuto l’effetto di blindare per legge Davide Casaleggio nel suo ruolo, consentendogli di amministrare i soldi che arrivano a Rousseau in totale autonomia.

Matteo Renzi riprese la nostra denuncia sui suoi social, seguito dalla stampa nazionale.

Luigi Di Maio fece un video negando che quei provvedimenti fossero pensati per Casaleggio. Se così fosse stato, cioè se queste norme fossero state davvero ritenute utili a contrastare la corruzione, sarebbero dovute rimanere. Eppure nella nuova formulazione sono spariti gli ultimi due commi, proprio quelli che avevo battezzato “comma Rousseau” e “comma Casaleggio”.

Ovviamente la cosa mi fa piacere, evidentemente avevamo colto nel segno. Tanto più che, da quel che sappiamo, in seguito a quell’episodio sono partiti i nervosismi nel Movimento che portarono all’inciampo sul peculato.

Restano tuttavia i primi due: la legge sdogana la struttura di Rousseau, il Sistema Casaleggio. Casaleggio potrà continuare a utilizzare l’associazione privata Rousseau come se fosse la tesoreria del Movimento 5 Stelle, senza che il suo ruolo sia sottoposto a controllo democratico. Anzi, avrà una copertura legislativa. Come conseguenza della norma che prevede la pubblicità dei donatori oltre i 500 euro, Casaleggio sarà sempre l’unico a sapere con certezza da chi arrivano i soldi delle donazioni, che sono quasi tutte sotto i 500 euro.

Oggi, quindi, è un giorno da ricordare: il Movimento 5 Stelle approverà la sua prima legge ad personam.

Risposte alle vostre domande

Oggi ho voluto fare un Q&A, cioè un video di vostre domande con le mie risposte, che trovate qui a fianco.

Se volete, guardate il video, ascoltate il Podcast e ditemi cosa ne pensate nei commenti e non dimenticate di seguire i miei canali social: Facebook, Twitter, Telegram, Instagram e YouTube.

Ho anche un Podcast che trovate su tutte le piattaforme, da qualche giorno anche Spotify.

Casaleggio Review

Davide Casaleggio ha rilasciato l’ennesima intervista, come sempre al Corriere della Sera. Come ricordavo pochi giorni fa i Casaleggio hanno sempre avuto un rapporto ambiguo coi giornali. Dicono e fanno dire di disprezzarli, ma li usano (e questi si fanno usare) quando torna utile.

In questo caso, l’esigenza era quella di rispondere a un articolo del Fatto Quotidiano scritto da Carlo Tecce insieme al vicedirettore Stefano Feltri. Tema: Casaleggio da mesi organizza incontri e cene dove si sospetta approfitti del suo doppio ruolo di presidente di Casaleggio Associati e Associazione Rousseau per i propri affari. Fa piacere che il conflitto d’interessi che da mesi sto denunciando stia facendo breccia.

Nota di colore: non è un caso che la risposta sia sul giornale concorrente. Davide coltiva sia un ottimo rapporto col Corriere che un pessimo rapporto col Fatto Quotidiano da quando, nel 2010, Padellaro e soci rifiutarono di affidare alla sua società la gestione del sito (ho ricostruito la vicenda in Supernova).

Veniamo all’intervista.

Casaleggio nega di fare lobbing (“sta scherzando?”). L’azienda, dice, ha sempre raccolto sponsor, anche prima che il Movimento fosse al governo. Le aziende a proprietà pubblica, come Poste, si sono però fatte vive solo quando il Movimento è sbarcato in Parlamento. Interessante anche il fatto che vecchi sponsor dell’azienda siano poi diventati assessori nelle giunte del Movimento. È accaduto a Roma, con l’ex assessore Adriano Meloni, amministratore delegato di Expedia quando il colosso del turismo finanziava le ricerche di Casaleggio Associati.

Il fatto, però, che l’azienda dell’Erede offrisse ai propri partner una rete di contatti privilegiata non è una congettura del Fatto, del Corriere o mia. È proprio uno dei vantaggi che veniva presentato nel “pacchetto” di sponsorizzazione che Casaleggio Associati offriva ai propri partner. L’ho raccontato qui.

Il Corriere sottolinea come sia curioso che il governo stanzi fondi per la Blockchain l’anno della ricerca di Casaleggio sulla Blockchain. Casaleggio parte col pistolotto sul fatto che in tutto il mondo si parla di Blockchain. Vero. Omette di dire, però, che ancora un’applicazione funzionale di questa tecnologia, fatte salve le criptovalute, ancora pare non esserci. Ne riparleremo in modo molto approfondito: per il momento vi lascio questo articolo che spiega come le consulenze su Blockchain, come quelle che vuole fornire Casaleggio, abbiamo di solito un tasso di successo dello 0%. ZERO PERCENTO. Indistinguibili da una truffa, dice il direttore di The Register.

L’intervista prosegue con una domanda sulla piattaforma Rousseau. Due cose interessanti: la prima è che conferma quanto vi dicevo pochi giorni fa. La nuova funzione “segnalazioni” serve a monitorare il dissenso soprattutto a livello locale. La seconda è che il prossimo anno sarà rilasciata una nuova versione del software proprietario con il voto su Blockchain. Ne ho già parlato tempo fa. È una supercazzola. La tecnologia blockchain, se serve a qualcosa, non serve per il voto elettronico. È inoltre una pessima idea, come spiega bene Stefano Quintarelli qui. Casaleggio non sa di cosa parla, oppure vi prende in giro.

Seguono tre-quattro domande di luoghi comuni sul rapporto tra Movimento e Lega, tenuta del governo e altre amenità. Di cui si chiede conto a Casaleggio, chissà poi perché visto che si definisce un “semplice attivista“.

Dino Giarrusso non è un giornalista

Per darvi un’idea di come lavora la comunicazione del Movimento 5 Stelle, vi racconto la storia di Dino Giarrusso.

Giarrusso è la dimostrazione plastica del complesso d’inferiorità che dai Casaleggio è penetrato nel Movimento. Gianroberto faceva strillare Grillo contro i giornali, ma tappezzava le pareti dell’ufficio di quelli che parlavano di lui.

Giarrusso ha lavorato col programma Le Iene. Poi ha tentato di candidarsi col Movimento 5 Stelle, ma è stato trombato (uno dei pochissimi all’uninominale, praticamente un record per un antivaccinista). Poi è stato riciclato nello staff di Roberta Lombardi. Storia finita presto. Ma vuoi privarti di un talento così brillante? No: riciclato come portaborse del viceministro Fioramonti.

Solo che non si capisce bene quale sia il talento di Giarrusso: quando è stato nominato portaborse, il viceministro ha dichiarato di averlo messo a capo di un inesistente ufficio di controllo dei concorsi universitari. Non era vero niente.

Siccome dev’essere molto bravo e indispensabile pure come portaborse, ha molto tempo libero e va spesso in televisione. Lì viene presentato come giornalista. Solo che giornalista non è, perché non risulta iscritto all’ordine, come da settimane va ricordando quotidianamente il buon Luciano Capone del Foglio.

Ci sarebbe da compatirlo per l’evidente difficoltà nel giustificare la propria posizione, se non fosse grave che in ogni trasmissione viene spacciato il portaborse di un uomo di governo come un giornalista indipendente.

Ricordatevene la prossima volta che lo incrociate in televisione.

Rousseau: delazione per la profilazione

Il nuovo servizio “Segnalazioni” della piattaforma Rousseau permette, a chi s’iscrive, di segnalare comportamenti scorretti e in violazione delle regole del Movimento 5 Stelle.

È stato usato il termine “delazione” per descrivere questa funzione. Vero. Peraltro la pratica è ben rodata nel Movimento. Fu Gianroberto Casaleggio a pubblicare una chat tra consiglieri regionali, anni fa, che parlavano male di lui. Qualcuno che partecipava, evidentemente, gliel’aveva mandata, dimostrandogli fedeltà. Lui fece un post riportando tutta la conversazione ma oscurando i nomi. Come a dire: occhi e orecchie in ascolto mi riportano quel che succede. Il delatore ha fatto una brillantissima carriera nel Movimento e adesso ha un ottimo stipendio da Palazzo Chigi.

Questa funzione sistematizza il processo: i probi viri e soprattuto Casaleggio avranno i loro nuovi occhi e orecchie dappertutto. Chi vuol fare carriera sa come fare.

C’è un altro termine che va utilizzato per descrivere quanto succederà, ed è profilazione.

Compilando il modulo, Davide Casaleggio, l’Associazione Rousseau e altre persone di cui non conosciamo l’identità (i dipendenti di Casaleggio) otterranno informazioni sul conto di chi effettua la segnalazione e su coloro che, a loro insaputa, ne sono l’oggetto. I quali potrebbero, com’è spesso accaduto in passato, vedere pubblicate tali segnalazioni, ad esempio in seguito a violazioni della sicurezza che Rousseau, per l’incompetenza dei gestori, subisce spesso.

È importante, quindi, capire la vera esigenza che questo strumento risolve: permettere una migliore profilazione degli utenti, attivisti e – chissà – rappresentanti eletti al solo vantaggio dell’unica persone che non potrà mai esserne vittima: Davide Casaleggio.

6 cose in comune tra M5s e Forza Italia

Ieri ho avuto uno scambio con un amico che commentava l’analisi sul passaggio di Matteo Dall’Osso dal Movimento 5 Stelle a Forza Italia.

Io sostengo che ci siano molte analogie tra i due partiti e che non sia un caso che, tendenzialmente, chi lascia il Movimento trovi collocazione più spesso a destra che a sinistra.

Chiaramente Forza Italia e Movimento non sono la stessa cosa. Hanno storie diverse e ruoli diversi. Tuttavia ci sono alcune analogie interessanti. Eccone sei.

Sono stati fondati da un’azienda

Forza Italia nasce dall’idea di Marcello Dell’Utri e viene organizzata negli uffici di Publitalia. Il Movimento viene fondato da Casaleggio negli uffici della sua Casaleggio Associati.

Detestano i giornalisti

Dall’Editto Bulgaro di Berlusconi, agl’insulti ai giornalisti di Grillo, al codice Rocco, sia Movimento che Forza Italia hanno pessimi rapporti col giornalismo.

Si fanno leggi per i propri amici

Le leggi ad personam non sono un’esclusiva di Berlusconi. In meno di sei mesi abbiamo la prima legge Salva Casaleggio del Movimento 5 Stelle.

Avversano i “professionisti della politica”

Ci sono molte analogie anche rispetto agli slogan: uno è quello che avversa i professionisti della politica in favore dei cittadini comuni che si occupano della cosa pubblica.

Sono alleati della Lega

Sia Forza Italia che il Movimento sono alleati della Lega di Salvini. I primi a livello locale, i secondi al governo nazionale.

I capi sono entrambi portatori di un conflitto d’interessi

Sia Berlusconi che Casaleggio sono portatori di un conflitto d’interesse. Del primo sappiamo tutto, del secondo ancora no: per ora solo che è presidente della sua società, dell’associazione Gianroberto Casaleggio e dell’Associazione Rousseau attraverso la quale controlla il Movimento e raccoglie una valanga di soldi.

Se avete altre analogie da segnalare, fatelo nei commenti.

 

Salvini è grillino!

“Siamo il cambiamento!”

[I ministri] “sono dipendenti al vostro servizio!”

“Siamo il primo movimento politico del Paese!”

Vi ricordate Beppe Grillo urlare dal palco di Piazza San Giovanni queste parole? Bene, vi ricordate male, perché queste sono le parole di Matteo Salvini urlate dal palco di Piazza del Popolo a Roma, due giorni fa.

Mi sono guardato i tre quarti d’ora di comizio.

C’è un fatto di cui non si è apparentemente accorto nessuno. Del resto, bisogna conoscere la storia e aver vissuto i primi anni del Blog di Beppe Grillo, dei V-Day e delle liste civiche per capire cosa stia facendo il capo della Lega.

Il discorso è pieno zeppo di riferimenti e parole d’ordine care al Movimento 5 Stelle, quello delle “origini”, dei V-Day. Di slogan di Casaleggio come “non molleremo mai”. Di repertorio di Beppe Grillo: “ci vuole un’idea di futuro a cinquant’anni“.

Sono risuonate parole come “cambiamento”, “cittadini”, “onestà“. Perfino il passaggio sulle forze dell’ordine che “sono con noi” non è di Salvini: lo diceva Beppe Grillo ai comizi.

I casi sono due: o Matteo Salvini sta cercando di tranquillizzare l’elettorato e i parlamentari del compagno di strada, Luigi Di Maio, oppure glieli vuole soffiare.

L’impressione che ho avuto è che il ministro dell’Interno stia giocando una partita inedita. Stia cercando di scambiare il mazzo con l’alleato di governo, avendo fiutato qualcosa.

Sei mesi fa il Movimento e Di Maio erano considerati l’ala moderata del governo e Salvini quella estremista. La percezione è cambiata o sta cambiando velocemente. La Lega vuole apparire più dialogante, responsabile (altro termine ricorrente durante il comizio), coi “piedi ben piantati a terra”. Perfino l’Europa non è più il nemico, ma va “cambiata dall’interno“. Proprio come proponeva Di Maio in campagna elettorale.

In politica, come sempre, i vuoti si riempiono. Così, se Di Maio non è considerato affidabile dai rappresentanti delle categorie produttive, Salvini li accoglie al ministero. Se il Movimento propone una tassa sulle auto inquinanti, Salvini mette il veto.

Così facendo, costringe gli alleati su posizioni più estreme, per potersi accreditare come quello ragionevole.

Se Di Battista si schiera con le proteste in Francia, Salvini sottolinea quanto sia pacifica la sua piazza. Come fece Grillo a Bologna l’8 settembre 2007.

Conta, in questo scenario, tutta l’esperienza politica di Salvini e soprattutto di Giorgetti, molto più scaltri e rapidi ad annusare il vento che cambia. Diceva Enrico Cuccia che le azioni non si contano ma si pesano. Lo stesso vale per i voti: Salvini ha preso il 17% il 4 marzo scorso; Di Maio il 32%; ma il consenso del governo, adesso, lo tiene alto la Lega.

Per questo comanda Salvini.

Che si vuole riprendere uno a uno i voti – soprattutto quelli del Sud – del centrodestra migrati verso il “moderato” Di Maio alle scorse politiche.