Il concetto che ha dato il titolo a questo articolo non è mio (non voglio dirvi subito di chi è per creare un po’ di hype, lo saprete fra qualche mese), ma spiega benissimo il tema che le nostre democrazie devono affrontare, e alla svelta.
Davide Casaleggio è presidente di Casaleggio Associati, l’azienda di famiglia che si occupa di tecnologia, comunicazione, strategie aziendali, ma anche presidente dell’Associazione Rousseau, alla quale il primo partito di governo ha delegato la propria amministrazione.
È anche presidente di una (piccola?) associazione culturale fondata nel nome di suo padre Gianroberto Casaleggio, che organizza cene di finanziamento durante l’anno e un grosso evento con numerose conferenze e numerosi ospiti ogni anno a Ivrea (Sum).
Casaleggio gestisce tutte le attività attraverso queste entità che assolvono a specifiche funzioni, parla ed è riconosciuto leader del Movimento 5 Stelle ma non ha alcun ruolo formale in seno ad esso e, a leggere gli statuti, non esiste procedura per rimuoverlo dal proprio ruolo.
Questa condizione gli permette di amministrare attività, relazioni, potere, influenza in totale autonomia.
La struttura che hanno costruito Gianroberto e Davide Casaleggio, attraverso la quale acquisire potere, consenso, dati e relazioni, è un pericolo per i nostri sistemi istituzionali? Siamo preparati a gestire un nuovo modello organizzativo in cui è formalmente legale l’accentramento dell’amministrazione del partito, del consenso, delle relazioni, dei processi democratici, ma il titolare di questi poteri non è sottoposto ad alcun controllo democratico?
Per farmi del male, ho passato la domenica seguendo la Leopolda e Italia 5 Stelle. Non ci crederete, ma c’è un tema di cui si è parlato ad entrambe le manifestazioni che spiega bene come capire come si esercita il potere oggi.
Nel frattempo, a Roma, Davide Casaleggio presentava “una nuova funzione di Rousseau”: la possibilità di iscriversi via SMS. Già, ma iscriversi a cosa? Alla piattaforma Rousseau, che risiede all’indirizzo rousseau.movimento5stelle.it, un sottodominio del sito del partito, registrato a nome del partito.
A chi si manda l’SMS? Il numero di telefono 43030 risulta, dall’elenco disponibile attraverso il sito del MISE, registrato alla società SMS Italia s.r.l., un provider di servizi telefonici a cui, evidentemente, il M5s si rivolge per la gestione di questa funzionalità. Il M5s? Sicuri?
Come al solito, non è chiaro per l’utente, come dovrebbe essere in base alla nuova normativa GDPR, che giro facciano i dati. Il sito a cui il servizio rimanda per la normativa sui dati personali è m5sms.it, il cui titolare è l’Associazione Rousseau di Davide Casaleggio. Pensi di collegarti a un sito del Movimento (m5sms.it) ma non è vero. Per scoprire che in realtà sta parlando con Rousseau e non con Dibba un ignaro utente dovrebbe prima fare clic sul link che rimanda alla Cookie Policy del sito del Movimento. Attenzione, non la Privacy Polici, la Cookie Policy. Da lì accorgersi che non è quello il disclaimer sul trattamento dei propri dati e linkare su “Privacy Policy”, che rimanda a un PDF dove, nascosto in norme e codicilli, si dice che Rousseau è il titolare del trattamento dei dati.
Insomma: non ci si può iscrivere al Movimento senza contemporaneamente iscriversi a Rousseau e viceversa e, nel farlo, è obbligatorio consegnare i propri dati a Davide Casaleggio. Che, in questo modo, consolida la propria influenza sul partito.
A chi si deve rivolgere Di Maio per sapere il numero di iscritti? Casaleggio.
A chi si deve rivolgere Di Maio per inviare una comunicazione agl’iscritti? Casaleggio.
A chi si deve rivolgere Di Maio per lanciare una consultazione tra gl’iscritti? Casaleggio.
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Francesco Cancellato, cambiando posizione rispetto allo scorso aprile, sostiene in un suo editoriale che “non fare il governo Pd-M5s sia stato un errore colossale”.
L’articolo inizia precisando che “la storia non si fa con i se” per proseguire descrivendo una realtà parallela in cui Roberto Fico ha trovato l’accordo col Partito Democratico per far partire un governo.
Va detto, anzitutto, che se la storia non si fa con i se, il futuro è tutto da scrivere e la legislatura è lunga. Non crediamo accadrà, come più volte spiegato, ma siccome è bene non dare mai nulla per scontato se dovesse cadere il governo Lega-M5s in questa legislatura quell’ipotesi tornerebbe un’opzione. Eccoci quindi a commentarla.
Senza fare l’esegesi del testo di Cancellato, ci limiteremo a sottolineare l’errore che commettono molti di coloro che ipotizzano questo scenario. Che non sono pochi: il mitico Andrea Scanzi, per dire, definiva, in buona compagni, “disadattati neuronali” — cedendo all’uso dei problemi clinici e delle malattie come insulti, tipico dei criptofascisti inconsapevoli — chi spiegava che dato l’esito del voto del 4 marzo l’unico punto di caduta possibile della legislatura fosse un governo Di Maio — Salvini.
Ebbene, l’errore che si commette è figlio, probabilmente, dell’effetto Dunning-Kruger: dopo 5 anni di legislatura i commentatori, non avendo mai capito nulla del Movimento 5 Stelle, essendosi accorti dell’esistenza di Gianroberto Casaleggio con giusto un pochino di ritardo (quando è morto), prima di rendersi conto del ruolo di suo figlio Davide — a parte, va sottolineato, proprio Francesco Cancellato — sono convinti di aver domato la bestia e aver capito come funziona il partito di Di Maio.
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Lo schema che propinano è il seguente: Fico è il compagno istituzionale, Di Battista è il compagno combattivo, Di Maio è il moderato governativo; basta dare un po’ di coraggio ai primi et voilà servito l’accordo col Partito Democratico.
Ecco: nulla di tutto ciò è vero. Ci fu solo un momento in cui Fico avrebbe potuto contare qualcosa, e fu a fine 2016 quando sembrava aver radunato attorno a sé una truppa pronta a disarcionare Di Maio. L’abbiamo raccontato nel capitolo La Rivolta del nostro libro Supernova. Purtroppo, le truppe di Fico erano meno convinte di lui e chi ci raccontò quella storia, Laura Castelli, si è rivelata addirittura un’infiltrata doppiogiochista del “nemico” Di Maio.
Ma tralasciando queste piccinerie di piccoli uomini e piccole donne, tutte le analisi tralasciano un fattore determinante: nessuno di queste persone decide nulla. Ogni singola decisione strategica è sottoposta al veto di Davide Casaleggio. Scoccia doversi ripetere, ma sarà necessario ribadirlo ogni volta che si parlerà di questi argomenti. Lo Statuto del Movimento delega la comunicazione e la gestione di ogni processo democratico interno all’Associazione Rousseau, che opera anche come tesoreria-ombra del partito, raccogliendo le donazioni dei sostenitori e il finanziamento dei Parlamentari.
L’accordo con la Lega di Salvini è funzionale al mantenimento di questi equilibri e al soddisfacimento di tutte le aspirazioni dei loro stakeholder: gli ambiziosi parlamentari di seconda nomina hanno tutti, o quasi, ottenuto prestigiosi incarichi istituzionali; la seconda “infornata” di parlamentari di prima nomina sono messi in coda per il prossimo giro; Casaleggio mantiene il controllo sulla macchina e accede a un’incredibile rete di relazioni utili alle sue attività commerciali e di lobbing.
Nessuno di questi attori ha interesse a costruire equilibri diversi da quelli attuali. La Lega garantisce disinteresse nel ciclopico conflitto di interesse di Casaleggio, in cambio il Movimento garantisce benevolenza nei confronti del condono fiscale, dei 49 milioni rubati dalla Lega per il bene superiore di governare 5 anni il Paese e, l’anno prossimo forse il Continente.
Queste persone non rinunceranno mai a queste incredibili condizioni favore. L’ipotesi di accordo col PD non è mai esistita dopo il voto: è stato solo il modo in cui Di Maio e Casaleggio hanno preparato i loro fan, vendendo l’operazione come “inevitabile” (per i gonzi che credevano all’alternativa).
Se esisterà in futuro sarà perché qualcosa in questi equilibri, per ora solidissimi, si sarà rotto, non certo per qualcosa che minimamente si avvicini all’interesse collettivo.
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La bugia del presidente di Rousseau sul suo potere nel Movimento ha le gambe corte
Ieri raccontavo come dopo le prossime elezioni europee il Movimento 5 Stelle dovrà trovare un accordo con il partito di Salvini e Le Pen per sopravvivere politicamente, date le regole del Parlamento Europeo che subordinano l’erogazione di fondi e il diritto di parola in assemblea all’adesione dei parlamentari a un gruppo politico.
Concludevo sottolineando come un’eventuale intesa coi Verdi fosse difficile per l’indisponibilità del partito presieduto da Monica Frassoni e Philippe Lamberts.
“[Uno dei motivi di divergenza] ha a che fare con la presenza di Davide Casaleggio, il suo ruolo non chiaro, priva di qualsiasi legittimazione elettorale e certamente incompatibile con una struttura democratica quale dovrebbe essere quella di un partito politico”
e racconta che
“Gli ultimi contatti ufficiali li ebbi con David Borrelli, quando era ancora il leader europeo del M5s, ormai più di due anni fa. Ricordo che nel 2014 la possibilità di costituire un’alleanza tra noi e i grillini nel Parlamento di Strasburgo fu valutata con serietà. Ma poi tutto s’interruppe perché, ci fu detto, era Casaleggio a non volere un’intesa del genere. Per noi, una simile dinamica è inaccettabile: chi è davvero Casaleggio?”
Si riferisce proprio a Davide Casaleggio: fu lui infatti, essendo madrelingua inglese, a condurre le trattative con Farage insieme a David Borrelli e Beppe Grillo nel 2014. Ci fu, come conferma Lamberts, un contatto anche coi Verdi: il contatto, verosimilmente, avvenne per tramite di Monica Frassoni che con Grillo aveva un rapporto d’amicizia da parecchi anni. Oggi sappiamo che fu Casaleggio a rifiutare l’intesa.
Ci fu un secondo tentativo nel 2016 prima, durante, o dopo il tentativo di accordo con l’ALDE?
Se ancora ce ne fosse bisogno, tutto questo dimostra che Casaleggio mente quando sostiene di non occuparsi di politica e di avere solo un ruolo di attivista del Movimento. È invece, attraverso la sua Associazione Rousseau, titolare di un potere non codificato negli statuti, se non dove si riconosce proprio all’associazione il ruolo di amministratore dei processi democratici e della comunicazione del partito. Con il non irrilevante dettaglio che Casaleggio è inamovibile dalla presidenza dell’associazione, al contrario delle cariche politiche, delle candidature e degli organi di garanzia del Movimento.
Dimostra anche che il suo ruolo è oggetto di interesse e perplessità anche all’estero. Una circostanza interessante che andrà indagata con attenzione.
Casaleggio Associati ha sempre avuto un rapporto ipocrita con la stampa e il giornalismo: negli anni in cui ho lavorato in via Morone ogni mattina, sul tavolo della sala riunioni, venivano messi a disposizione i quotidiani freschi d’edicola. Il Sole, il Corriere, Repubblica e un altro paio che potevano variare. Qualche rivista mensile o settimanale.
Poi, quasi quotidianamente, dai prodotti editoriali curati dall’azienda per conto di qualche cliente — il Blog di Grillo, quello di Di Pietro — si lanciavano strali contro quelle stesse pagine. Una volta Gianroberto Casaleggio ebbe l’idea di misurare le notizie col righello. Avete capito bene: col righello. Ne uscì un post di Grillo in cui si suggeriva di valutare l’importanza dell’informazione in metri quadri. Un’evidente presa in giro.
Il rapporto era ed è rimasto ipocrita perché, come racconta il direttore di Panorama Raffaele Leone nell’introduzione al suo reportage, le pareti di quella stessa sala riunioni sono tappezzate di ritagli che “raccontano la nostra storia”, come afferma Maurizio Benzi, socio. La mia impressione è che i Casaleggio, e per osmosi i suoi soci, abbiamo sempre sofferto di un complesso d’inferiorità nei confronti della stampa che li ha quasi sempre ignorati. Gianroberto, tuttavia, non cercava l’approvazione dei grossi quotidiani, che sinceramente disprezzava. Davide è tutt’altra storia.
Normalizzare il rapporto con la stampa, con molta cautela, è funzionale allo scopo. Davide ha ottimi rapporti con il Corriere della Sera, a cui manda letterine che vengono subito pubblicate quando ha l’esigenza di affermare il suo potere e rilascia interviste sulle attività della sua azienda, subito riprese dal suo Blog delle Stelle.
Settimana scorsa, l’intervista-reportage di Panorama, molto interessante e ricco di spunti ma viziato da un vistoso Reality Distortion Field che è necessario correggere, come andremo a fare.
Gli anni irripetibili di Webegg
Apre le danze Maurizio Benzi, che ricorda gli “anni irripetibili” di Webegg, l’azienda di Telecom in cui lavorano lui ed Eleuteri il cui amministratore delegato era Gianroberto Casaleggio. Benzi ne parla come “l’incubatore” della futura Casaleggio Associati. Quel che dimentica di spiegare è perché finì quell’esperienza: quando la dirigenza Telecom e Gianroberto risolsero il loro rapporto, Webegg era in forte perdita a causa della gestione dissennata del futuro fondatore del Movimento 5 Stelle. Vale la pena ricordarlo perché è esattamente la fine che stava per fare la stessa Casaleggio Associati, per tre anni in forte perdita fino alla morte di Casaleggio, oggi tornata all’utile anche grazie alle manovre di Davide che ha “socializzato” le perdite causate dalle attività relative al Movimento, trasferendole all’Associazione Rousseau che viene finanziata dalle donazioni e dai parlamentari.
Il “cliente” Beppe Grillo
Molto romantico il racconto di Casaleggio quando ricorda del primo incontro con Beppe Grillo: “lo vedevamo come un potenziale cliente”, lasciando sottinteso che, dopo, è diventato un fraterno amico. Qui è fortissimo il RDF: Davide dimentica del tutto il modo in cui Grillo veniva utilizzato dall’azienda negli anni d’oro del Blog. Grillo non era solo un cliente, era utilizzato come un asset da Casaleggio Associati, come abbiamo ricostruito nel libro Supernova, come quando dal palco dei suoi spettacoli pubblicizzava occultamente i prodotti di medicina robotica di AbMedica — cliente del suo editore Gianroberto — o quando partecipò in videoconferenza alla festa di Italia dei Valori di Antonio Di Pietro che pure usufruiva dei servizi della srl milanese.
“Con la politica non abbiamo fatto soldi, guardate i bilanci”
È vero: a guardare solo i bilanci si potrebbe affermare che l’azienda ha rischiato di fallire per colpa, genericamente, della politica. Ma è proprio questo il tema andrebbe approfondito: come ha risolto Davide Casaleggio il problema?
Se le spese che hanno appesantito i bilanci di CA le consideriamo investimenti risulta più chiara la riorganizzazione delle attività: l’azienda di consulenza — Casaleggio Associati — , l’interfaccia politica — l’Associazione Rousseau — , l’incubatore di relazioni attraverso il quale fare attività di lobbing — l’Associazione Gianroberto Casaleggio. Tutte presiedute da Davide. Difficile affermare che l’azienda non ne tragga beneficio.
D’altronde, la tecnica l’hanno imparata negli anni in cui lavoravano col ministro (non “ministero”) delle infrastrutture Di Pietro: separare anche solo formalmente le attività serve per evitare che qualche cliente mangi la foglia e si accorga che le mansioni che Casaleggio Associati svolgeva in relazione al progetto Movimento 5 Stelle del 2009 erano finanziate, di fatto, dagli altri clienti della società, in particolare quelli più sensibili alle attività politiche come Italia dei Valori e il gruppo editoriale Gems, a cui probabilmente si riferiscono quando parlano dei grossi clienti che li hanno abbandonati da un giorno all’altro.
Le firme del V-Day
È sempre affascinante, quando si parla del V-Day, come entri prepotentemente in azione il campo di distorsione della realtà. Non sull’evento dell’8 settembre 2007 ma sul secondo V-Day, quello del 25 aprile del 2008.
Anche in occasione di questa intervista Casaleggio ricorda con orgoglio il successo della raccolta firme per la legge d’iniziativa popolare “Parlamento Pulito”, 350.000 sottoscrizioni in poche ore. Passa poi al 2009, alla fondazione del M5s.
In mezzo, però, c’è la seconda raccolta firme, quella fallita: quella per i referendum sull’informazione. In quell’occasione non solo non fu raggiunto l’obiettivo del milione e mezzo di firme per i tre diversi quesiti proposti, ma il padre Gianroberto cercò di ottenere il diritto di gestire i rimborsi referendari pur non facendo nemmeno parte del comitato promotore.
Anche questa vicenda è estesamente raccontata nel nostro lavoro “Supernova”. Fu un episodio cruciale per infinite vicende pubbliche e private degli anni a venire e capisco che Casaleggio voglia farlo dimenticare.
La piattaforma Rousseau in regalo a…
Una delle battute più riuscite di Grillo è quella in cui spiega il conflitto d’interessi di Tronchetti Provera quando, da presidente Telecom, ha venduto gli immobili della società telefonica alla Pirelli, presieduta da se stesso. Grillo immagina la trattativa: Tronchetti che parla al vuoto, poi ruota di centottanta gradi e risponde al suo alter ego immaginario.
Ebbene, anche Davide Casaleggio sa essere molto divertente quando racconta di come, alla morte del padre, abbia donato la piattaforma Rousseau sviluppata dalla sua azienda, lasciando intendere una grossa perdita economica dell’azienda ripagata dalla consapevolezza di aver fatto un bel gesto. Sa essere molto divertente perché, proprio come Tronchetti, il beneficiario di questa straordinaria ciofeca è se stesso, ossia l’associazione Rousseau da lui fondata e da lui presieduta.
Balla fotonica: i candidati li hanno decisi gl’iscritti a Rousseau
Fino a qui le dichiarazioni riportate erano riprese dall’introduzione all’intervista a Davide Casaleggio. Ora passiamo alle domande e risposte vere e proprie, dove ci sono le balle fotoniche vere, non solo la distorsione di storia e realtà.
La prima è relativa alle candidature, che Casaleggio sostiene essere state decise dagli iscritti alla piattaforma Rousseau. È una balla, almeno in (buona) parte. Le candidature sono state prima scremate dallo “staff”, poi sottoposte al capo politico, poi alla fine, gli iscritti hanno potuto scegliere l’ordine di comparizione delle liste bloccate. I candidati all’uninominale, invece, sono stati tutti decisi, tutti quanti, da Luigi Di Maio in persona.
Non è vero nemmeno che tutti i processi di voto siano stati certificati. È successo solo in un paio di occasioni e, peraltro, la bontà della certificazione è andata in frantumi quando il Garante per la protezione dei dati personali ha chiesto lumi sul prodotto. Le parole dei tecnici che hanno effettuato l’ispezione tradiscono imbarazzo nel descrivere un software sviluppato senza le competenze minime necessarie in termini di sicurezza e best practice.
Casaleggio scivola nel ridicolo quando spiega che a certificare l’esito ora ci sono i notai, come se questo possa garantire la corretta elaborazione degli algoritmi di Rousseau, o quando parla di blockchain come “punto di arrivo” in termini di efficienza e sicurezza del voto online. Rimando al video qui a fianco per l’approfondimento sulla supercazzola in questione.
Balla fotonica: lo Statuto del Movimento 5 Stelle modificato a causa della legge elettorale
Raffaele Leone, direttore di Panorama che conduce l’intervista, fa notare come in un anno Rousseau abbia perso 40.000 iscritti. La risposta è tanto esilarante quanto disarmante: secondo Casaleggio la nuova elettorale ha imposto un nuovo statuto e così gli iscritti sono ripartiti da zero.
La verità è tutt’altra: la necessità di creare una nuova associazione Movimento 5 Stelle (la terza in 5 anni) è dovuta a molteplici fattori. I due più importanti sono gli errori commessi nella richiesta di autorizzazione dell’utilizzo dei dati in fase d’iscrizione (ai sensi della normativa sulla privacy) e il rischio dovuto alle cause intentate dagli ex attivisti assistiti dall’avvocato Borrè, che hanno ottenuto che l’associazione originaria (quella che veniva chiamata non-associazione e a cui si era originariamente iscritti) fosse messa “sotto tutela” da parte di un curatore, in attesa di stabilire se Beppe Grillo sia in conflitto di interessi nel presiedere tutte le varie associazioni create nel tempo.
La legge elettorale, dunque, non c’entra nulla: c’entra la superficialità — e forse peggio — con cui sono stati trattati i dati degli iscritti nel corso degli anni.
Vale anche la pena di ricordare un paio di fatti, che singolarmente Casaleggio non riporta nelle sue risposte:
il nuovo Statuto del Movimento 5 Stelle, che consegna alla sua Associazione Rousseau il potere di amministrare comunicazione e processi democratici del partito e lo rende parte integrante di esso, è stato scritto da Luca Lanzalone, ora agli arresti per la vicenda dello stadio della Roma
in virtù di quello statuto, Casaleggio raccoglie fondi dai parlamentari e dalle donazioni degli utenti del Blog delle Stelle; questi fondi dovrebbero essere utilizzati per lo sviluppo e la messa in sicurezza della piattaforma Rousseau; invece, Casaleggio ha impiegato parte di questi denari per organizzare una sua iniziativa chiamata “Rousseau Open Academy” e sottratto tempo alle attività prescritte dal Garante della Privacy a cui ha chiesto un’ulteriore proroga delle scadenze.
Casaleggio afferma anche che non ci sia alcun conflitto di interessi tra le sue attività politiche e quelle imprenditoriali e che presto le sedi di Casaleggio Associati e Associazione Rousseau verranno separate; il che è ovviamente totalmente inutile ai fini di trasparenza e separazione delle attività, fintanto che lui resta presidente di entrambe.
Il vero ruolo di Davide Casaleggio
Infine, Casaleggio cerca di ridimensionare il suo ruolo. Nel farlo, curiosamente, ribadisce l’influenza che ha su Luigi Di Maio. Un messaggio a tutti i parlamentari che, non senza motivo, si lamentano della tassazione imposta per Rousseau.
No, Davide ha una grande influenza sul Movimento 5 Stelle e, come racconteremo io e Nicola Biondo nei prossimi mesi, sta costruendo il suo personale piano B grazie all’eredità imprenditoriale, politica, relazionale di suo padre Gianroberto.
Ad ogni occasione utile Casaleggio Associati lamenta la confusione con cui i commentatori parlano delle realtà che ruotano intorno a Rousseau e al Movimento 5 Stelle.
Formalmente, ad oggi, Casaleggio Associati non si occupa più della comunicazione politica del Movimento, avendo ceduto la piattaforma e spostato le attività all’Associazione Rousseau presieduta da Davide Casaleggio.
Eppure il difetto di trasparenza e chiarezza è tutto loro e si porta dietro, peraltro, alcuni interrogativi importanti dalla cui risposta potrebbe dipendere la sopravvivenza stessa dell’azienda di Casaleggio, Eleuteri, Benzi, Maiocchi e Bucchich.
Leggendo il dossier del Garante della Privacy sulla vicenda iniziata ad agosto 2017 con la violazione della piattaforma del Movimento 5 stelle appare chiaro come nemmeno l’ufficio dell’authority sia riuscito a comprendere appieno quali siano i rapporti tra l’azienda, il partito e perfino lo stesso Beppe Grillo, al punto che si lascia intendere, nel cosiddetto “Rapporto Rousseau”, che un’indagine in tal senso sarebbe opportuna.
Le ambiguità sono molte: l’ispezione viene fatta negli uffici dell’azienda, in via Morone 6 a Milano, considerata “parte” in causa, tanto più che ad assistere la società in quell’occasione è l’avvocato Montefusco, storico collaboratore dei Casaleggio. La nota di uno dei dirigenti che accompagna il rapporto sulla sicurezza parla di “siti gestiti da Casaleggio & Associati per conto del Movimento 5 Stelle e dell’Associazione Rousseau”. Alcuni documenti, peraltro, sono inviati all’ufficio del Garante dalla PEC (Posta Elettronica Certificata) di Casaleggio Associati.
Ancora: non risulta chiaro chi sia il titolare del contratto di fornitura dei servizi erogati da IT.Net — i server, per semplificare: Casaleggio o Rousseau? Questo dettaglio è importante per stabilire a chi debbano essere comminate le eventuali multe — e anche per un’altra vicenda di cui parleremo a tempo debito.
Sono passati giorni da quando @Clodo76 ha segnalato un bug che, tra le altre cose, certifica l'ambiguità gestionale tra Casaleggio Associati e Associazione Rousseau. Il bug è ancora lì. Il dilettantismo manageriale di Davide #Casaleggio è imbarazzante. pic.twitter.com/Wl1jvgS5iT
I contratti non sono presenti nel dossier, quindi non possiamo ancora sciogliere questa ambiguità che si può sintetizzare in una semplice domanda: c’è stato un passaggio di denaro in qualche momento tra l’Associazione Rousseau, il Movimento 5 Stelle e Casaleggio Associati? La “gestione” di cui si parla nel Rapporto Rousseau del Garante per la tutela dei dati personali è stato a titolo oneroso? Chi paga per i server su cui “gira” la piattaforma Rousseau, che un bug recentemente scoperto ha dimostrato essere legato a “Casaleggio”?
Un fatto è sempre più chiaro, dettaglio dopo dettaglio, notizia dopo notizia: Davide Casaleggio sta capitalizzando l’ingente investimento che fece suo padre Gianroberto per costruire il Movimento 5 Stelle e il potere che ha lasciato in dote al figlio.
Padre e figlio hanno caratteri diversi, diversi approcci e diversi obiettivi. Diverse agende. Ma vivono anche in due momenti storici differenti.
Gianroberto voleva sedersi al tavolo e, per farlo, si è fatto strada a spallate digitali e insulti usando Grillo come ariete. Ha perseguito il suo obiettivo coi suoi metodi, come un mulo, senza deviazioni, senza cedimenti nelle sue convinzioni. Con reazioni il più delle volte sproporzionate rispetto ai problemi che gli si ponevano davanti. Casaleggio ha investito una montagna di denaro sottraendolo ai profitti della sua azienda pur di sedersi al tavolo.
Davide si è trovato a un passo da quel tavolo e poi ci si è seduto davvero. Quando Gianroberto è morto, il Movimento si avvicinava alle elezioni del 2018 col vento in poppa: per il salto di qualità servivano pragmatismo, strategia e il consolidamento delle relazioni coltivate nel corso degli anni.
Il modo con cui è stato ristrutturato il potere della struttura di Casaleggio, come sono state consolidate le relazioni interne ed esterne, come sono stati messi in sicurezza i ruoli, rispondono a quell’esigenza e al carattere di Davide.
È vero: nei dieci-dodici anni in cui al timone c’era Gianroberto, i Casaleggio non si sono arricchiti con la politica: hanno investito. Ora quell’investimento viene messo a frutto.
Era necessario ufficializzare le responsabilità, formalizzare la suddivisione delle attività commerciali da quelle politiche e normalizzare i rapporti con la stampa. L’intervista ai soci di Casaleggio Associati sull’ultimo numero di Panorama, ad esempio, rientra perfettamente in questo schema.
Dopo la semina, il raccolto.
Il metodo Casaleggio, il potere ai tempi di Casaleggio, è una storia che va studiata e approfondita, perché è un racconto ancora in divenire.
Tempo fa ho partecipato a Omnibus su La7 con Gaia Tortora, insieme a Francesco Cancellato, che disse un cosa che mi colpì: “Casaleggio sembra avere un’agenda sua, diversa da quella del Movimento 5 Stelle”. Ho riflettuto molto con Nicola Biondo su queste parole.
È importante capire se l’Erede abbia una propria agenda pubblica e quale per via dell’influenza che può esercitare sul primo partito di governo. Le sue scelte, ambizioni, propositi, aspirazioni, pur non avendo egli alcun ruolo pubblico definito — come abbiamo spiegato qui e qui — possono impattare la vita di tutti senza che il nostro sia sottoposto ad alcun controllo democratico. Il suo è un ruolo estraneo al partito ma preminente rispetto ad esso. Soprattutto, è un ruolo privato che non può essere sottoposto a censura o a sostituzione. La sua Associazione è titolare di quel ruolo per statuto del partito, e lui è presidente per statuto dell’Associazione.
La posizione che si è costruito, peraltro con modalità che sarebbe bene fossero indagate a fondo, gli conferisce vantaggi intangibili rispetto al mercato in cui opera sia come imprenditore, che tutti sanno essere ben inserito nei meccanismi dello Stato per via del rapporto col governo, sia come soggetto politico. Come ho avuto modo di spiegare alla Festa Nazionale de l’Unità, il rischio per le opposizioni è quello di dover combattere un avversario su un campo di battaglia asimmetrico. Non ci sarà mai alcun segretario, leader, capo politico che avrà la libertà di azione, parola e organizzazione che ha Casaleggio, senza alcun ruolo da perdere né alcun elettorato a cui rispondere, ma solo un partito da indirizzare dalla terza fila.
Casaleggio parla poco, quasi mai di Movimento 5 Stelle, spesso della sua Associazione Rousseau. Le due realtà sono confusamente, volutamente, sovrapposte. Rousseau ha di fatto in appalto la gestione della comunità del Partito. Acquisisce e amministra gl’iscritti che sono, però, in forte calo: -30% in un anno come riportato da Luciano Capone sul Foglio. Gestisce la comunicazione tramite il Blog delle Stelle, su cui Casaleggio scrive di tanto in tanto anche promuovendo le attività della propria azienda — Casaleggio Associati. Sviluppa la piattaforma decisionale, Rousseau, che sfortunatamente è un inutile colabrodo, buono solo a procurare gran mal di testa e pesanti multe per il dilettantismo con cui è realizzata e, diciamo così, manutenuta.
Primo: lo scorso anno Rousseau ha subìto una violazione con perdita di dati, seguita da un provvedimento del Garante. In questi mesi, inclusa una proroga, avrebbe dovuto mettere in sicurezza la piattaforma. Oggi è stata di nuovo violata. Soldi spesi poco e male, evidentemente.
Secondo: Casaleggio ha fatto partire nuove iniziative con la sua associazione privata finanziata dagli eletti e sostenitori del Movimento. Di una ha perfino registrato il marchio ed è ospitata su un sito a parte. Il Movimento non ha mai deliberato nulla in merito.
Terzo: Rousseau e Casaleggio godono della benevolenza e perfino della sponsorizzazione di una truppa di centinaia di parlamentari e migliaia di eletti. Tutti a ripetere il mantra di Rousseau e della democrazia diretta mentre perdono 40.000 iscritti e Casaleggio si occupa d’altro.
Le domande a Casaleggio, ad ogni occasione, dovrebbero essere: 1) cosa ha fatto coi soldi, visto che perde 40.000 iscritti e Rousseau è una ciofeca? 2) Qual è la sua vera agenda? Corollario: le risposte sono nella terza black box, l’Associazione Gianroberto Casaleggio?
Ai responsabili del Movimento andrebbe chiesto: perché continuate a finanziare e sponsorizzare un fornitore così scarso, che vi fa perdere iscritti, non tutela i vostri dati personali e coi vostri soldi si occupa di attività slegate dal partito? L’agenda Casaleggio è la notizia.
“Non ho fatto alcuna donazione a Rousseau o al Movimento cinque stelle”.
A parlare è uno dei sette donatori della piattaforma Rousseau i cui dati sono stati divulgati dall’hacker r0gue_0 durante la violazione effettuata tra il 5 e il 6 settembre 2018, qui raccontata da David Puente.
Con questa testimonianza l’intera vicenda si arricchisce di un nuovo capitolo, quello dal risvolto più sorprendente: il donatore a sua insaputa.
I donatori pubblicati da r0gue_0
Il suo nome è finito in rete insieme a quelli di altri sei cittadini italiani: finanziatori, per poche decine di euro, di Rousseau, la piattaforma già finita nel mirino del Garante per la protezione dei dati personali e multata per 32mila euro per le sue carenze in tema di sicurezza informatica.
Il Corriere della Sera ha avuto conferma da due di questi donatori che la lista pubblicata è vera e che quelle donazioni sono state effettivamente operate. Ma un terzo donatore citato nel leak — che abbiamo contattato — nega di essere perfino iscritto.
“Non sono iscritto a Rousseau, né sono mai stato iscritto al Blog di Grillo”.
Eppure nella lista compare la sua mail, oltre che il suo nome e il cognome, com’è possibile?
Non ne ho idea.
Forse qualcuno aveva l’accesso alla sua mail e ha fatto per lei quella donazione?
Nessuno utilizza la mia mail, le assicuro.
Quindi lei nega di aver mai fatto quella donazione a Rousseau?
Sì, assolutamente. Mai fatta.
Ce ne sarebbe abbastanza per chiedere un ulteriore approfondimento su come vengono utilizzati i dati a Via Morone, perché questo episodio ci permette di dedurre alcuni fatti nuovi.
È entrato in vigore il nuovo Regolamento Generale per la protezione dei dati (GDPR), molto più severo della normativa precedente. L’utente coinvolto che abbiamo contattato sostiene di non essere iscritto a nessuno dei servizi informatici gestiti prima da Casaleggio Associati e poi dall’associazione Rousseau, quindi verosimilmente il Garante per la Privacy dovrà indagare sul come e perché questi dati fossero in possesso dell’Associazione di Casaleggio.
La GDPR prevede che si possa chiedere al gestore dei dati quali informazioni possieda su di noi: questa possibilità e le modalità di esercitare tale diritto devono essere chiaramente riportate sul sito interessato, cosa che il sito di Rousseau non fa. C’è solo un generico link “Contatti” che rimanda a un form sul sito del Movimento. Non si capisce nemmeno se i dati siano in carico al Movimento o a Rousseau. Non si capisce se iscrivendosi alla piattaforma di un’associazione privata ci si iscrive anche a un partito politico.
In materia di “data breach”, cioè di perdita dei dati in seguito a violazione, questo episodio dovrebbe rientrare nell’ambito degli articoli 33 e 34 della GDPR, che impongono la comunicazione della violazione al Garante e ai soggetti interessati. Vedremo nelle prossime 72 ore se tale obbligo verrà ottemperato. Sarà interessante soprattutto verificare se e quali protocolli di risposta, test periodici, attività di indagine sono stati predisposti. Non è secondario: uno dei responsabili di Rousseau è il ministro della Giustizia Bonafede.
In ogni caso, le cose per Davide Casaleggio si mettono male: c’è un procedimento aperto dopo la violazione dell’estate 2017 in seguito al quale il Garante Soro, dopo aver preso personalmente in carico la pratica, aveva imposto di raggiungere alcuni obiettivi minimi di sicurezza. Casaleggio aveva chiesto e ottenuto una proroga che scade il 30 settembre, in virtù del periodo elettorale: questa proroga non sembra è stata sfruttata per risolvere i problemi di sicurezza; non del tutto, almeno, perché nel frattempo sono state sviluppate e presentate altre iniziative ospitate dalla piattaforma e/o promosse dall’Associazione Rousseau. Ne troviamo traccia anche nei nuovi dati diffusi: “rsu_academy_proponi_corso” sembra fare riferimento alla nuova “Rousseau Open Academy”.
Tra le altre cose, i tecnici del Garante dovranno verificare che i sistemi siano stati aggiornati e che ogni possibile minaccia alla sicurezza sia stata individuata e disinnescata. Se i problemi che hanno portato a questa nuova violazione sono gli stessi dello scorso anno, si configura una palese violazione e sottovalutazione delle normative in vigore.
Come già spiegato, Casaleggio può godere di un fiume di soldi di provenienza pubblica, ossia gli stipendi dei parlamentari del Movimento 5 Stelle. Per questo privilegio deve ringraziare l’avvocato Luca Lanzalone — adesso agli arresti per la vicenda dello stadio della Roma — che inserì nello statuto del MoVimento l’associazione Rousseau come unico fornitore possibile per le lo sviluppo della piattaforma di democrazia diretta e degli strumenti di comunicazione. Di fatto, il partito ha appaltato a Casaleggio anche il reperimento di nuovi iscritti.
Di questi soldi e di questo tempo, Casaleggio che ne ha fatto? In un anno ha perso il 30% degli iscritti, come ha raccontato Luciano Capone sul Foglio, ha subìto almeno tre violazioni di sicurezza, ha utilizzato le risorse previste per lo sviluppo e la messa in sicurezza della piattaforma per attività diverse, come la Rousseau Open Academy che addirittura è ospitata su un sito diverso da quello del Movimento e della piattaforma.
Queste domande fanno tornare alla mente le inquietanti dichiarazioni di David Borrelli. Contattato sempre da Luciano Capone, fece intendere di sapere qualcosa sulla gestione allegra dei dati e dei fondi dell’Associazione di Casaleggio, cercando di allontanare da sé ogni responsabilità. Poche settimane dopo lasciò il Movimento e l’Associazione Roussseau. Un episodio del tutto singolare, soprattutto per l’inconsueta cortesia a lui riservata dai vertici del primo partito di governo.
Piano piano, si compone il rompicapo degli interessi che ruotano attorno alla macchina costruita dai Casaleggio in dieci anni. Una macchina ormai rodata anche se gestita in modo dilettantistico, per cui episodi come la promessa di relazioni agli sponsor di Casaleggio o le cene private organizzate per finanziare una delle scatole cinesi — l’associazione Gianroberto Casaleggio — non possono essere più considerati tra loro scollegati e casuali.
Abbiamo finalmente capito il ruolo di Davide Casaleggio nel Movimento 5 Stelle: il recupero crediti. Stiamo parlando dei soldi che il regolamento M5s impone agli eletti del partito di versare all’associazione Rousseau, di cui Davide Casaleggio è presidente per gestire l’omonima piattaforma. Gestione non proprio fatta a regola d’arte: Casaleggio è da un anno sotto indagine da parte del Garante per la Privacy, che ha già imposto una multa da 32.000 euro per la violazione della normativa sul trattamento dei dati personali.
Dicevamo, recupero crediti: il Giornale ieri racconta che ai parlamentari arrivano tre solleciti al mese per il versamento dei 300 € ciascuno previsti, sottolineando come, ciononostante, la piattaforma sia “ferma”. Casaleggio, senza citarlo direttamente, ieri replica sul Blog delle Stelle spiegando ai creditori perché devono pagare. Nel farlo, però, ci dà alcune informazioni che sollevano dubbi sulla sua gestione e spiegano perché sia costretto a inseguire i soldi che, evidentemente, gli eletti pentastellati non sono poi così entusiasti di versare nelle casse private dell’associazione dell’Erede.
Giova ricordare che la concessione per gestire i dati e i processi democratici del partito è prevista dallo statuto scritto da Luca Lanzalone — oggi agli arresti domiciliari — , all’art. 1c; il regolamento delle ultime elezioni, invece, prevede — artt. 2q e 6r — che i candidati versino a Rousseau 300 euro al mese destinato al “mantenimento delle piattaforme tecnologiche”. Casaleggio, nel suo articolo, racconta che quei soldi sono usati anche per organizzare “corsi e giornate di approfondimento” e la “Rousseau Open Academy”, un sitarello con alcuni video girati dai parlamentari (con le attrezzature pagate da chi?). Tutte attività che il partito non ha deliberato di finanziare, che anzi vengono presentate sempre a nome dell’associazione privata, la quale ha brevettato i propri marchi.
Junior, dunque, ha in concessione lo sviluppo di una piattaforma informatica e si impegna a farla utilizzare entro il 2018 a un milione di persone; per farlo si fa dare un fiume di denaro — che sollecita regolarmente — ma
dopo un anno gli iscritti sono in calo, poco più di 100.000 rispetto ai quasi 150.000 dichiarati negli anni scorsi
la piattaforma Rousseau è tecnicamente una ciofeca — è stata più volte violata — e la gestione dei suoi dati è risultata illegale
almeno parte dei fondi, invece di essere utilizzati per la messa in sicurezza e lo sviluppo, sono utilizzati per eventi e iniziative esclusive dell’ente privato concessionario
l’autodifesa del presidente dell’associazione privata Rousseau arriva dall’organo ufficiale del primo partito di governo, utilizzato come blog personale dal suo gestore — che è sempre Davide Casaleggio
Ci sarebbero ampi margini per la revoca della concessione: in breve, Casaleggio si comporta come il Benetton di Luigi Di Maio.
Un altro fatto è interessante: Davide Casaleggio nel perorare la causa della sua ciofeca digitale la paragona all’automobile, all’iPhone, a Netflix. Il futuro della democrazia spiegata come un prodotto commerciale (parasussidiato dal pubblico, in questo caso). D’altronde, l’Erede viene spesso avvistato a farne una vera e propria promozione in Italia e all’estero; di più: gode di una schiera di testimonial di lusso, una truppa di 330 parlamentari, ministri, viceministri, sottosegretari, qualche migliaio di consiglieri comunali e regionali, che non perdono occasione per sponsorizzare la sua merce e invitano a effettuare donazioni all’associazione Rousseau.
Come da tradizione famigliar-aziendale, infine, gli stipendi li paga qualcun altro: prima Pietro Dettori viene spostato da Casaleggio Associati a Rousseau, con gran beneficio al bilancio dell’azienda; oggi passa da Rousseau al ministero di Di Maio insieme al socio Bugani, che assomma le cariche di consigliere comunale e vicecapo segreteria sempre di Di Maio.
Ci sarà da lavorare molto per districare questa matassa di interessi, incarichi, girandole di soldi e traffico di influenze che stanno governando il paese.