M5s: l’accordo impossibile col PD

L’effetto Dunning-Kruger che vince sulla logica

di Marco Canestrari e Nicola Biondo


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Francesco Cancellato, cambiando posizione rispetto allo scorso aprile, sostiene in un suo editoriale che “non fare il governo Pd-M5s sia stato un errore colossale”.

L’articolo inizia precisando che “la storia non si fa con i se” per proseguire descrivendo una realtà parallela in cui Roberto Fico ha trovato l’accordo col Partito Democratico per far partire un governo.

Va detto, anzitutto, che se la storia non si fa con i se, il futuro è tutto da scrivere e la legislatura è lunga. Non crediamo accadrà, come più volte spiegato, ma siccome è bene non dare mai nulla per scontato se dovesse cadere il governo Lega-M5s in questa legislatura quell’ipotesi tornerebbe un’opzione. Eccoci quindi a commentarla.

Senza fare l’esegesi del testo di Cancellato, ci limiteremo a sottolineare l’errore che commettono molti di coloro che ipotizzano questo scenario. Che non sono pochi: il mitico Andrea Scanzi, per dire, definiva, in buona compagni, “disadattati neuronali” — cedendo all’uso dei problemi clinici e delle malattie come insulti, tipico dei criptofascisti inconsapevoli — chi spiegava che dato l’esito del voto del 4 marzo l’unico punto di caduta possibile della legislatura fosse un governo Di Maio — Salvini.

Ebbene, l’errore che si commette è figlio, probabilmente, dell’effetto Dunning-Kruger: dopo 5 anni di legislatura i commentatori, non avendo mai capito nulla del Movimento 5 Stelle, essendosi accorti dell’esistenza di Gianroberto Casaleggio con giusto un pochino di ritardo (quando è morto), prima di rendersi conto del ruolo di suo figlio Davide — a parte, va sottolineato, proprio Francesco Cancellato — sono convinti di aver domato la bestia e aver capito come funziona il partito di Di Maio.


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Lo schema che propinano è il seguente: Fico è il compagno istituzionale, Di Battista è il compagno combattivo, Di Maio è il moderato governativo; basta dare un po’ di coraggio ai primi et voilà servito l’accordo col Partito Democratico.

Ecco: nulla di tutto ciò è vero. Ci fu solo un momento in cui Fico avrebbe potuto contare qualcosa, e fu a fine 2016 quando sembrava aver radunato attorno a sé una truppa pronta a disarcionare Di Maio. L’abbiamo raccontato nel capitolo La Rivolta del nostro libro Supernova. Purtroppo, le truppe di Fico erano meno convinte di lui e chi ci raccontò quella storia, Laura Castelli, si è rivelata addirittura un’infiltrata doppiogiochista del “nemico” Di Maio.

Ma tralasciando queste piccinerie di piccoli uomini e piccole donne, tutte le analisi tralasciano un fattore determinante: nessuno di queste persone decide nulla. Ogni singola decisione strategica è sottoposta al veto di Davide Casaleggio. Scoccia doversi ripetere, ma sarà necessario ribadirlo ogni volta che si parlerà di questi argomenti. Lo Statuto del Movimento delega la comunicazione e la gestione di ogni processo democratico interno all’Associazione Rousseau, che opera anche come tesoreria-ombra del partito, raccogliendo le donazioni dei sostenitori e il finanziamento dei Parlamentari.

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L’accordo con la Lega di Salvini è funzionale al mantenimento di questi equilibri e al soddisfacimento di tutte le aspirazioni dei loro stakeholder: gli ambiziosi parlamentari di seconda nomina hanno tutti, o quasi, ottenuto prestigiosi incarichi istituzionali; la seconda “infornata” di parlamentari di prima nomina sono messi in coda per il prossimo giro; Casaleggio mantiene il controllo sulla macchina e accede a un’incredibile rete di relazioni utili alle sue attività commerciali e di lobbing.

Nessuno di questi attori ha interesse a costruire equilibri diversi da quelli attuali. La Lega garantisce disinteresse nel ciclopico conflitto di interesse di Casaleggio, in cambio il Movimento garantisce benevolenza nei confronti del condono fiscale, dei 49 milioni rubati dalla Lega per il bene superiore di governare 5 anni il Paese e, l’anno prossimo forse il Continente.

Queste persone non rinunceranno mai a queste incredibili condizioni favore. L’ipotesi di accordo col PD non è mai esistita dopo il voto: è stato solo il modo in cui Di Maio e Casaleggio hanno preparato i loro fan, vendendo l’operazione come “inevitabile” (per i gonzi che credevano all’alternativa).

Se esisterà in futuro sarà perché qualcosa in questi equilibri, per ora solidissimi, si sarà rotto, non certo per qualcosa che minimamente si avvicini all’interesse collettivo.


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