M5s: l’accordo impossibile col PD

L’effetto Dunning-Kruger che vince sulla logica

di Marco Canestrari e Nicola Biondo


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Francesco Cancellato, cambiando posizione rispetto allo scorso aprile, sostiene in un suo editoriale che “non fare il governo Pd-M5s sia stato un errore colossale”.

L’articolo inizia precisando che “la storia non si fa con i se” per proseguire descrivendo una realtà parallela in cui Roberto Fico ha trovato l’accordo col Partito Democratico per far partire un governo.

Va detto, anzitutto, che se la storia non si fa con i se, il futuro è tutto da scrivere e la legislatura è lunga. Non crediamo accadrà, come più volte spiegato, ma siccome è bene non dare mai nulla per scontato se dovesse cadere il governo Lega-M5s in questa legislatura quell’ipotesi tornerebbe un’opzione. Eccoci quindi a commentarla.

Senza fare l’esegesi del testo di Cancellato, ci limiteremo a sottolineare l’errore che commettono molti di coloro che ipotizzano questo scenario. Che non sono pochi: il mitico Andrea Scanzi, per dire, definiva, in buona compagni, “disadattati neuronali” — cedendo all’uso dei problemi clinici e delle malattie come insulti, tipico dei criptofascisti inconsapevoli — chi spiegava che dato l’esito del voto del 4 marzo l’unico punto di caduta possibile della legislatura fosse un governo Di Maio — Salvini.

Ebbene, l’errore che si commette è figlio, probabilmente, dell’effetto Dunning-Kruger: dopo 5 anni di legislatura i commentatori, non avendo mai capito nulla del Movimento 5 Stelle, essendosi accorti dell’esistenza di Gianroberto Casaleggio con giusto un pochino di ritardo (quando è morto), prima di rendersi conto del ruolo di suo figlio Davide — a parte, va sottolineato, proprio Francesco Cancellato — sono convinti di aver domato la bestia e aver capito come funziona il partito di Di Maio.


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Lo schema che propinano è il seguente: Fico è il compagno istituzionale, Di Battista è il compagno combattivo, Di Maio è il moderato governativo; basta dare un po’ di coraggio ai primi et voilà servito l’accordo col Partito Democratico.

Ecco: nulla di tutto ciò è vero. Ci fu solo un momento in cui Fico avrebbe potuto contare qualcosa, e fu a fine 2016 quando sembrava aver radunato attorno a sé una truppa pronta a disarcionare Di Maio. L’abbiamo raccontato nel capitolo La Rivolta del nostro libro Supernova. Purtroppo, le truppe di Fico erano meno convinte di lui e chi ci raccontò quella storia, Laura Castelli, si è rivelata addirittura un’infiltrata doppiogiochista del “nemico” Di Maio.

Ma tralasciando queste piccinerie di piccoli uomini e piccole donne, tutte le analisi tralasciano un fattore determinante: nessuno di queste persone decide nulla. Ogni singola decisione strategica è sottoposta al veto di Davide Casaleggio. Scoccia doversi ripetere, ma sarà necessario ribadirlo ogni volta che si parlerà di questi argomenti. Lo Statuto del Movimento delega la comunicazione e la gestione di ogni processo democratico interno all’Associazione Rousseau, che opera anche come tesoreria-ombra del partito, raccogliendo le donazioni dei sostenitori e il finanziamento dei Parlamentari.

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L’accordo con la Lega di Salvini è funzionale al mantenimento di questi equilibri e al soddisfacimento di tutte le aspirazioni dei loro stakeholder: gli ambiziosi parlamentari di seconda nomina hanno tutti, o quasi, ottenuto prestigiosi incarichi istituzionali; la seconda “infornata” di parlamentari di prima nomina sono messi in coda per il prossimo giro; Casaleggio mantiene il controllo sulla macchina e accede a un’incredibile rete di relazioni utili alle sue attività commerciali e di lobbing.

Nessuno di questi attori ha interesse a costruire equilibri diversi da quelli attuali. La Lega garantisce disinteresse nel ciclopico conflitto di interesse di Casaleggio, in cambio il Movimento garantisce benevolenza nei confronti del condono fiscale, dei 49 milioni rubati dalla Lega per il bene superiore di governare 5 anni il Paese e, l’anno prossimo forse il Continente.

Queste persone non rinunceranno mai a queste incredibili condizioni favore. L’ipotesi di accordo col PD non è mai esistita dopo il voto: è stato solo il modo in cui Di Maio e Casaleggio hanno preparato i loro fan, vendendo l’operazione come “inevitabile” (per i gonzi che credevano all’alternativa).

Se esisterà in futuro sarà perché qualcosa in questi equilibri, per ora solidissimi, si sarà rotto, non certo per qualcosa che minimamente si avvicini all’interesse collettivo.


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Il veto di Davide Casaleggio all’accordo con i Verdi europei

La bugia del presidente di Rousseau sul suo potere nel Movimento ha le gambe corte

Ieri raccontavo come dopo le prossime elezioni europee il Movimento 5 Stelle dovrà trovare un accordo con il partito di Salvini e Le Pen per sopravvivere politicamente, date le regole del Parlamento Europeo che subordinano l’erogazione di fondi e il diritto di parola in assemblea all’adesione dei parlamentari a un gruppo politico.

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Concludevo sottolineando come un’eventuale intesa coi Verdi fosse difficile per l’indisponibilità del partito presieduto da Monica Frassoni e Philippe Lamberts.

Proprio Lambert, sempre ieri, rilascia un’intervista al Foglio in cui, tra le altre cose, rivela:

“[Uno dei motivi di divergenza] ha a che fare con la presenza di Davide Casaleggio, il suo ruolo non chiaro, priva di qualsiasi legittimazione elettorale e certamente incompatibile con una struttura democratica quale dovrebbe essere quella di un partito politico”

e racconta che

“Gli ultimi contatti ufficiali li ebbi con David Borrelli, quando era ancora il leader europeo del M5s, ormai più di due anni fa. Ricordo che nel 2014 la possibilità di costituire un’alleanza tra noi e i grillini nel Parlamento di Strasburgo fu valutata con serietà. Ma poi tutto s’interruppe perché, ci fu detto, era Casaleggio a non volere un’intesa del genere. Per noi, una simile dinamica è inaccettabile: chi è davvero Casaleggio?”

Si riferisce proprio a Davide Casaleggio: fu lui infatti, essendo madrelingua inglese, a condurre le trattative con Farage insieme a David Borrelli e Beppe Grillo nel 2014. Ci fu, come conferma Lamberts, un contatto anche coi Verdi: il contatto, verosimilmente, avvenne per tramite di Monica Frassoni che con Grillo aveva un rapporto d’amicizia da parecchi anni. Oggi sappiamo che fu Casaleggio a rifiutare l’intesa.

Ci fu un secondo tentativo nel 2016 prima, durante, o dopo il tentativo di accordo con l’ALDE?

Se ancora ce ne fosse bisogno, tutto questo dimostra che Casaleggio mente quando sostiene di non occuparsi di politica e di avere solo un ruolo di attivista del Movimento. È invece, attraverso la sua Associazione Rousseau, titolare di un potere non codificato negli statuti, se non dove si riconosce proprio all’associazione il ruolo di amministratore dei processi democratici e della comunicazione del partito. Con il non irrilevante dettaglio che Casaleggio è inamovibile dalla presidenza dell’associazione, al contrario delle cariche politiche, delle candidature e degli organi di garanzia del Movimento.

Dimostra anche che il suo ruolo è oggetto di interesse e perplessità anche all’estero. Una circostanza interessante che andrà indagata con attenzione.

Elezioni europee, la posta in gioco per il Movimento 5 Stelle

 

Alle elezioni europee del 23 maggio 2019 non parteciperà il Regno Unito: salvo incredibili colpi di scena, infatti, Londra uscirà dall’Unione il prossimo marzo e perderà quindi i seggi al Parlamento Europeo che verrà rinnovato.

Che c’entra il Movimento? C’entra, ma va fatto un passo indietro e spiegato come funzionano i gruppi parlamentari a Bruxelles.

https://www.spreaker.com/user/marcocanestrari/elezioni-europee-la-posta-in-gioco-per-i

I deputati europei possono iscriversi a un gruppo transanzionale di partiti che condividono gli stessi obiettivi oppure al gruppo cosiddetto dei “non iscritti”. Secondo i regolamenti, per formare un gruppo servono almeno 25 parlamentari di sette paesi diversi (la regola dice 1/4 dei paesi membri, il numero non cambierà anche se ci sarà un paese in meno). I deputati non iscritti hanno fortissime limitazioni in termini economici (niente soldi per i collaboratori) e di azione politica (accesso limitato ai dossier, a determinati ruoli, alle commissioni e minor tempo di parola in assemblea plenaria). Questo è il motivo per cui, quattro anni fa, il Movimento cercò e trovò un accordo con lo UKIP di Nigel Farage per la formazione del “Gruppo per la libertà e la democrazia diretta”.

Tra dicembre 2016 e gennaio 2017 David Borrelli, allora principale esponente del M5s al Parlamento Europeo, trattò l’ingresso del partito nell’Alde; sarebbe stato un fatto storico per molti motivi: sarebbero passati dal gruppo meno europeista a quello più europeista del Continente. Pur tra molti mugugni, la base approvò l’operazione che, però, venne fatta saltare proprio dall’Alde.

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Forse, quell’operazione guardava proprio al problema che si presenterà il prossimo anno: orfano dello UKIP, il M5s non è sicuro di trovare 25 parlamentari di sette paesi diversi per formare un gruppo e ottenere quindi soldi e potere.

Le alternative plausibili sembrano, allo stato, essere due: l’ingresso in “Europa delle Nazioni e della Libertà”, il gruppo di Salvini e di Marine Le Pen, o un accordo simile a quello che fece nel 2009 il Partito Democratico che non entrò nel Partito Socialista Europeo dando però vita al gruppo dei “Socialisti e Democratici”.

Questo preluderebbe, evidentemente, a un accordo di governo continentale col Partito Popolare, che si prevede più spostato a destra sulle posizioni di Orbàn. A suffragio di questa ipotesi, il ripensamento del Movimento proprio sulle sanzioni al premier Ungherese: se i parlamentari europei avevano votato a favore, gli stellati italiani hanno impegnato il governo in senso contrario in sede di Consiglio Europeo.

Altre opzioni (ad esempio un accordo coi Verdi) sembra essere non praticabile sia per l’indisponibilità degli ipotetici alleati sia, e soprattutto, perché difficilmente si vorranno mettere a rischio gli equilibri domestici per trovarne di nuovi a Bruxelles.


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Casaleggio Associati debunked

di Marco Canestrari e Nicola Biondo

Casaleggio Associati ha sempre avuto un rapporto ipocrita con la stampa e il giornalismo: negli anni in cui ho lavorato in via Morone ogni mattina, sul tavolo della sala riunioni, venivano messi a disposizione i quotidiani freschi d’edicola. Il Sole, il Corriere, Repubblica e un altro paio che potevano variare. Qualche rivista mensile o settimanale.

Poi, quasi quotidianamente, dai prodotti editoriali curati dall’azienda per conto di qualche cliente — il Blog di Grillo, quello di Di Pietro — si lanciavano strali contro quelle stesse pagine. Una volta Gianroberto Casaleggio ebbe l’idea di misurare le notizie col righello. Avete capito bene: col righello. Ne uscì un post di Grillo in cui si suggeriva di valutare l’importanza dell’informazione in metri quadri. Un’evidente presa in giro.

Il rapporto era ed è rimasto ipocrita perché, come racconta il direttore di Panorama Raffaele Leone nell’introduzione al suo reportage, le pareti di quella stessa sala riunioni sono tappezzate di ritagli che “raccontano la nostra storia”, come afferma Maurizio Benzi, socio. La mia impressione è che i Casaleggio, e per osmosi i suoi soci, abbiamo sempre sofferto di un complesso d’inferiorità nei confronti della stampa che li ha quasi sempre ignorati. Gianroberto, tuttavia, non cercava l’approvazione dei grossi quotidiani, che sinceramente disprezzava. Davide è tutt’altra storia.

L’Erede è più pragmatico del padre; non gl’interessa la politica ma, come ho già scritto, ha l’esigenza di capitalizzare il patrimonio di relazioni e investimenti — spesso azzardati — dell’illustre genitore.

Normalizzare il rapporto con la stampa, con molta cautela, è funzionale allo scopo. Davide ha ottimi rapporti con il Corriere della Sera, a cui manda letterine che vengono subito pubblicate quando ha l’esigenza di affermare il suo potere e rilascia interviste sulle attività della sua azienda, subito riprese dal suo Blog delle Stelle.

Settimana scorsa, l’intervista-reportage di Panorama, molto interessante e ricco di spunti ma viziato da un vistoso Reality Distortion Field che è necessario correggere, come andremo a fare.

Gli anni irripetibili di Webegg

Apre le danze Maurizio Benzi, che ricorda gli “anni irripetibili” di Webegg, l’azienda di Telecom in cui lavorano lui ed Eleuteri il cui amministratore delegato era Gianroberto Casaleggio. Benzi ne parla come “l’incubatore” della futura Casaleggio Associati. Quel che dimentica di spiegare è perché finì quell’esperienza: quando la dirigenza Telecom e Gianroberto risolsero il loro rapporto, Webegg era in forte perdita a causa della gestione dissennata del futuro fondatore del Movimento 5 Stelle. Vale la pena ricordarlo perché è esattamente la fine che stava per fare la stessa Casaleggio Associati, per tre anni in forte perdita fino alla morte di Casaleggio, oggi tornata all’utile anche grazie alle manovre di Davide che ha “socializzato” le perdite causate dalle attività relative al Movimento, trasferendole all’Associazione Rousseau che viene finanziata dalle donazioni e dai parlamentari.

Il “cliente” Beppe Grillo

Molto romantico il racconto di Casaleggio quando ricorda del primo incontro con Beppe Grillo: “lo vedevamo come un potenziale cliente”, lasciando sottinteso che, dopo, è diventato un fraterno amico. Qui è fortissimo il RDF: Davide dimentica del tutto il modo in cui Grillo veniva utilizzato dall’azienda negli anni d’oro del Blog. Grillo non era solo un cliente, era utilizzato come un asset da Casaleggio Associati, come abbiamo ricostruito nel libro Supernova, come quando dal palco dei suoi spettacoli pubblicizzava occultamente i prodotti di medicina robotica di AbMedica — cliente del suo editore Gianroberto — o quando partecipò in videoconferenza alla festa di Italia dei Valori di Antonio Di Pietro che pure usufruiva dei servizi della srl milanese.

“Con la politica non abbiamo fatto soldi, guardate i bilanci”

È vero: a guardare solo i bilanci si potrebbe affermare che l’azienda ha rischiato di fallire per colpa, genericamente, della politica. Ma è proprio questo il tema andrebbe approfondito: come ha risolto Davide Casaleggio il problema?

Se le spese che hanno appesantito i bilanci di CA le consideriamo investimenti risulta più chiara la riorganizzazione delle attività: l’azienda di consulenza — Casaleggio Associati — , l’interfaccia politica — l’Associazione Rousseau — , l’incubatore di relazioni attraverso il quale fare attività di lobbing — l’Associazione Gianroberto Casaleggio. Tutte presiedute da Davide. Difficile affermare che l’azienda non ne tragga beneficio.

D’altronde, la tecnica l’hanno imparata negli anni in cui lavoravano col ministro (non “ministero”) delle infrastrutture Di Pietro: separare anche solo formalmente le attività serve per evitare che qualche cliente mangi la foglia e si accorga che le mansioni che Casaleggio Associati svolgeva in relazione al progetto Movimento 5 Stelle del 2009 erano finanziate, di fatto, dagli altri clienti della società, in particolare quelli più sensibili alle attività politiche come Italia dei Valori e il gruppo editoriale Gems, a cui probabilmente si riferiscono quando parlano dei grossi clienti che li hanno abbandonati da un giorno all’altro.

Le firme del V-Day

È sempre affascinante, quando si parla del V-Day, come entri prepotentemente in azione il campo di distorsione della realtà. Non sull’evento dell’8 settembre 2007 ma sul secondo V-Day, quello del 25 aprile del 2008.

Anche in occasione di questa intervista Casaleggio ricorda con orgoglio il successo della raccolta firme per la legge d’iniziativa popolare “Parlamento Pulito”, 350.000 sottoscrizioni in poche ore. Passa poi al 2009, alla fondazione del M5s.

In mezzo, però, c’è la seconda raccolta firme, quella fallita: quella per i referendum sull’informazione. In quell’occasione non solo non fu raggiunto l’obiettivo del milione e mezzo di firme per i tre diversi quesiti proposti, ma il padre Gianroberto cercò di ottenere il diritto di gestire i rimborsi referendari pur non facendo nemmeno parte del comitato promotore.

Anche questa vicenda è estesamente raccontata nel nostro lavoro “Supernova”. Fu un episodio cruciale per infinite vicende pubbliche e private degli anni a venire e capisco che Casaleggio voglia farlo dimenticare.

La piattaforma Rousseau in regalo a…

Una delle battute più riuscite di Grillo è quella in cui spiega il conflitto d’interessi di Tronchetti Provera quando, da presidente Telecom, ha venduto gli immobili della società telefonica alla Pirelli, presieduta da se stesso. Grillo immagina la trattativa: Tronchetti che parla al vuoto, poi ruota di centottanta gradi e risponde al suo alter ego immaginario.

Ebbene, anche Davide Casaleggio sa essere molto divertente quando racconta di come, alla morte del padre, abbia donato la piattaforma Rousseau sviluppata dalla sua azienda, lasciando intendere una grossa perdita economica dell’azienda ripagata dalla consapevolezza di aver fatto un bel gesto. Sa essere molto divertente perché, proprio come Tronchetti, il beneficiario di questa straordinaria ciofeca è se stesso, ossia l’associazione Rousseau da lui fondata e da lui presieduta.

Balla fotonica: i candidati li hanno decisi gl’iscritti a Rousseau

Fino a qui le dichiarazioni riportate erano riprese dall’introduzione all’intervista a Davide Casaleggio. Ora passiamo alle domande e risposte vere e proprie, dove ci sono le balle fotoniche vere, non solo la distorsione di storia e realtà.

La prima è relativa alle candidature, che Casaleggio sostiene essere state decise dagli iscritti alla piattaforma Rousseau. È una balla, almeno in (buona) parte. Le candidature sono state prima scremate dallo “staff”, poi sottoposte al capo politico, poi alla fine, gli iscritti hanno potuto scegliere l’ordine di comparizione delle liste bloccate. I candidati all’uninominale, invece, sono stati tutti decisi, tutti quanti, da Luigi Di Maio in persona.

Non è vero nemmeno che tutti i processi di voto siano stati certificati. È successo solo in un paio di occasioni e, peraltro, la bontà della certificazione è andata in frantumi quando il Garante per la protezione dei dati personali ha chiesto lumi sul prodotto. Le parole dei tecnici che hanno effettuato l’ispezione tradiscono imbarazzo nel descrivere un software sviluppato senza le competenze minime necessarie in termini di sicurezza e best practice.

Casaleggio scivola nel ridicolo quando spiega che a certificare l’esito ora ci sono i notai, come se questo possa garantire la corretta elaborazione degli algoritmi di Rousseau, o quando parla di blockchain come “punto di arrivo” in termini di efficienza e sicurezza del voto online. Rimando al video qui a fianco per l’approfondimento sulla supercazzola in questione.

Balla fotonica: lo Statuto del Movimento 5 Stelle modificato a causa della legge elettorale

Raffaele Leone, direttore di Panorama che conduce l’intervista, fa notare come in un anno Rousseau abbia perso 40.000 iscritti. La risposta è tanto esilarante quanto disarmante: secondo Casaleggio la nuova elettorale ha imposto un nuovo statuto e così gli iscritti sono ripartiti da zero.

La verità è tutt’altra: la necessità di creare una nuova associazione Movimento 5 Stelle (la terza in 5 anni) è dovuta a molteplici fattori. I due più importanti sono gli errori commessi nella richiesta di autorizzazione dell’utilizzo dei dati in fase d’iscrizione (ai sensi della normativa sulla privacy) e il rischio dovuto alle cause intentate dagli ex attivisti assistiti dall’avvocato Borrè, che hanno ottenuto che l’associazione originaria (quella che veniva chiamata non-associazione e a cui si era originariamente iscritti) fosse messa “sotto tutela” da parte di un curatore, in attesa di stabilire se Beppe Grillo sia in conflitto di interessi nel presiedere tutte le varie associazioni create nel tempo.

La legge elettorale, dunque, non c’entra nulla: c’entra la superficialità — e forse peggio — con cui sono stati trattati i dati degli iscritti nel corso degli anni.

Vale anche la pena di ricordare un paio di fatti, che singolarmente Casaleggio non riporta nelle sue risposte:

  1. il nuovo Statuto del Movimento 5 Stelle, che consegna alla sua Associazione Rousseau il potere di amministrare comunicazione e processi democratici del partito e lo rende parte integrante di esso, è stato scritto da Luca Lanzalone, ora agli arresti per la vicenda dello stadio della Roma
  2. in virtù di quello statuto, Casaleggio raccoglie fondi dai parlamentari e dalle donazioni degli utenti del Blog delle Stelle; questi fondi dovrebbero essere utilizzati per lo sviluppo e la messa in sicurezza della piattaforma Rousseau; invece, Casaleggio ha impiegato parte di questi denari per organizzare una sua iniziativa chiamata “Rousseau Open Academy” e sottratto tempo alle attività prescritte dal Garante della Privacy a cui ha chiesto un’ulteriore proroga delle scadenze.

Casaleggio afferma anche che non ci sia alcun conflitto di interessi tra le sue attività politiche e quelle imprenditoriali e che presto le sedi di Casaleggio Associati e Associazione Rousseau verranno separate; il che è ovviamente totalmente inutile ai fini di trasparenza e separazione delle attività, fintanto che lui resta presidente di entrambe.

Il vero ruolo di Davide Casaleggio

Infine, Casaleggio cerca di ridimensionare il suo ruolo. Nel farlo, curiosamente, ribadisce l’influenza che ha su Luigi Di Maio. Un messaggio a tutti i parlamentari che, non senza motivo, si lamentano della tassazione imposta per Rousseau.

Sostiene di non interferire nelle decisioni politiche, eppure è presente in ogni occasione di rilievo dalla proclamazione dei candidati alle riunioni fiume per decidere il da farsi sullo stadio della Roma.

No, Davide ha una grande influenza sul Movimento 5 Stelle e, come racconteremo io e Nicola Biondo nei prossimi mesi, sta costruendo il suo personale piano B grazie all’eredità imprenditoriale, politica, relazionale di suo padre Gianroberto.

Di chi sono i server di Rousseau

Ad ogni occasione utile Casaleggio Associati lamenta la confusione con cui i commentatori parlano delle realtà che ruotano intorno a Rousseau e al Movimento 5 Stelle.

Formalmente, ad oggi, Casaleggio Associati non si occupa più della comunicazione politica del Movimento, avendo ceduto la piattaforma e spostato le attività all’Associazione Rousseau presieduta da Davide Casaleggio.

Eppure il difetto di trasparenza e chiarezza è tutto loro e si porta dietro, peraltro, alcuni interrogativi importanti dalla cui risposta potrebbe dipendere la sopravvivenza stessa dell’azienda di Casaleggio, Eleuteri, Benzi, Maiocchi e Bucchich.

Leggendo il dossier del Garante della Privacy sulla vicenda iniziata ad agosto 2017 con la violazione della piattaforma del Movimento 5 stelle appare chiaro come nemmeno l’ufficio dell’authority sia riuscito a comprendere appieno quali siano i rapporti tra l’azienda, il partito e perfino lo stesso Beppe Grillo, al punto che si lascia intendere, nel cosiddetto “Rapporto Rousseau”, che un’indagine in tal senso sarebbe opportuna.

Le ambiguità sono molte: l’ispezione viene fatta negli uffici dell’azienda, in via Morone 6 a Milano, considerata “parte” in causa, tanto più che ad assistere la società in quell’occasione è l’avvocato Montefusco, storico collaboratore dei Casaleggio. La nota di uno dei dirigenti che accompagna il rapporto sulla sicurezza parla di “siti gestiti da Casaleggio & Associati per conto del Movimento 5 Stelle e dell’Associazione Rousseau”. Alcuni documenti, peraltro, sono inviati all’ufficio del Garante dalla PEC (Posta Elettronica Certificata) di Casaleggio Associati.

Ancora: non risulta chiaro chi sia il titolare del contratto di fornitura dei servizi erogati da IT.Net — i server, per semplificare: Casaleggio o Rousseau? Questo dettaglio è importante per stabilire a chi debbano essere comminate le eventuali multe — e anche per un’altra vicenda di cui parleremo a tempo debito.

I contratti non sono presenti nel dossier, quindi non possiamo ancora sciogliere questa ambiguità che si può sintetizzare in una semplice domanda: c’è stato un passaggio di denaro in qualche momento tra l’Associazione Rousseau, il Movimento 5 Stelle e Casaleggio Associati? La “gestione” di cui si parla nel Rapporto Rousseau del Garante per la tutela dei dati personali è stato a titolo oneroso? Chi paga per i server su cui “gira” la piattaforma Rousseau, che un bug recentemente scoperto ha dimostrato essere legato a “Casaleggio”?

Casaleggio: dopo la semina, il raccolto

Un fatto è sempre più chiaro, dettaglio dopo dettaglio, notizia dopo notizia: Davide Casaleggio sta capitalizzando l’ingente investimento che fece suo padre Gianroberto per costruire il Movimento 5 Stelle e il potere che ha lasciato in dote al figlio.

Padre e figlio hanno caratteri diversi, diversi approcci e diversi obiettivi. Diverse agende. Ma vivono anche in due momenti storici differenti.

Gianroberto voleva sedersi al tavolo e, per farlo, si è fatto strada a spallate digitali e insulti usando Grillo come ariete. Ha perseguito il suo obiettivo coi suoi metodi, come un mulo, senza deviazioni, senza cedimenti nelle sue convinzioni. Con reazioni il più delle volte sproporzionate rispetto ai problemi che gli si ponevano davanti. Casaleggio ha investito una montagna di denaro sottraendolo ai profitti della sua azienda pur di sedersi al tavolo.

Davide si è trovato a un passo da quel tavolo e poi ci si è seduto davvero. Quando Gianroberto è morto, il Movimento si avvicinava alle elezioni del 2018 col vento in poppa: per il salto di qualità servivano pragmatismo, strategia e il consolidamento delle relazioni coltivate nel corso degli anni.

Il modo con cui è stato ristrutturato il potere della struttura di Casaleggio, come sono state consolidate le relazioni interne ed esterne, come sono stati messi in sicurezza i ruoli, rispondono a quell’esigenza e al carattere di Davide.

È vero: nei dieci-dodici anni in cui al timone c’era Gianroberto, i Casaleggio non si sono arricchiti con la politica: hanno investito. Ora quell’investimento viene messo a frutto.

Era necessario ufficializzare le responsabilità, formalizzare la suddivisione delle attività commerciali da quelle politiche e normalizzare i rapporti con la stampa. L’intervista ai soci di Casaleggio Associati sull’ultimo numero di Panorama, ad esempio, rientra perfettamente in questo schema.

Dopo la semina, il raccolto.

Il metodo Casaleggio, il potere ai tempi di Casaleggio, è una storia che va studiata e approfondita, perché è un racconto ancora in divenire.