Il tempo sta per scadere per Luigi Di Maio

Nell’aprile di due anni fa rilasciai un’intervista a La Stampa in cui esprimevo, dopo la morte di Gianroberto Casaleggio, la mia opinione su quanto stesse accadendo nel Movimento 5 Stelle.

Due cose in particolare: primo, era in atto una guerra per il potere all’interno del partito, una scalata del clan di Di Maio sostenuta, dall’esterno, da Matteo Renzi che aveva appena concluso una simile operazione nel Partito Democratico. Secondo, dunque, che le carriere dei due erano gemelle.

Renzi, infatti, appena diventato Presidente del Consiglio, si scelse il suo avversario — Di Maio, all’epoca vice presidente della Camera — rendendolo credibile anche agli occhi dei compagni del M5s. I dettagli sono raccontati in Supernova, il libro che ho scritto insieme a Nicola Biondo, in libreria dal prossimo 10 maggio.

I fatti degli ultimi due anni si sono già incaricati di confermare quelle preoccupazioni: Di Maio ha scalato il partito, che ora controlla militarmente, proprio come Renzi controlla (ancora) militarmente il Partito Democratico.

Nel PD, il tentativo di deviare dalla linea dettata dall’ex segretario è stato soffocato nella culla. Nel M5s la linea, dopo aver cercato in ogni modo di andare al governo, la detta solo il capo politico ed è chiedere il ritorno alle urne subito. Perché?

Di Maio, Casaleggio e il M5s hanno, in questi anni, investito tutte le risorse su un unico obiettivo: Luigi Presidente del Consiglio. Mai è stata proposta un’alternativa da nessuno, nel partito. Per farlo, hanno fatto carta straccia di ogni regola: prima capo-ombra del Direttorio, poi capo politico, poi candidato presidente, poi le candidature scelte in prima persona con l’aiuto del suo comitato elettorale. È stata anche sedata la rivolta interna e mandato Roberto Fico in esilio alla Presidenza della Camera (un bell’esilio, per carità, il “metodo-Fini”).

Poi, arrivati al dunque, Di Maio ha fatto l’errore dello scommettitore scemo: puntare su ogni risultato possibile, l’unica mossa che, è certo, non ti fa vincere. Ha proposto di formare un governo alla Lega, sperando che Salvini mollasse Berlusconi. Niente. Poi, ha bussato alla porta del PD, sperando che Renzi se ne stesse buono buono in disparte. Nulla.

Ora Luigi è, come si suol dire, nella melma: sfumato Palazzo Chigi, coi sondaggi che cominciano a calare, è chiaro che voglia andare subito al voto: la certezza di ricandidatura per tutti, con una buona probabilità di essere rieletti, può passare ancora per pochi giorni nel gruppo parlamentare, così come far digerire agli attivisti la deroga alla norma sui due mandati (che impedirebbe al Clan di essere di nuovo nelle liste). Ma se sfuma anche il voto, non avrebbe centrato nessuno degli obiettivi. Nemmeno uno. La sua credibilità nel gruppo parlamentare e nel MoVimento sarebbe annullata e da quel momento tutto potrebbe accadere. Senza più una figura di riferimento, senza nessun nuovo leader possibile, è facile ipotizzare che molti — soprattutto tra i neo eletti — non rinunceranno facilmente a cinque anni di stipendio e benefit da parlamentare.

Tutto molto Fico

C’è un comma del codice etico che tutti i parlamentari M5S hanno sottoscritto quando si sono candidati che li obbliga a votare la fiducia a qualsiasi governo presieduto da un Cinque Stelle.

Era stato pensato per blindare la candidatura a Presidente del Consiglio a Luigi Di Maio e silenziare le fronde interne. Solo che, come sempre accade da quelle parti, non hanno pensato agli effetti collaterali.

C’è un un modo molto semplice per il Partito Democratico e Roberto Fico per portare a termine con successo questo giro di consultazioni, se volessero: trovare un accordo sui temi (come ha dichiarato di voler fare il Presidente della Camera) e proporre al Capo dello Stato la figura dello stesso Fico per l’incarico a formare il Governo. Non sarebbe difficile per i Cinque Stelle votare la fiducia a questo eventuale esecutivo: a norma di regolamento sarebbe proprio vietato non farlo.

Marco Canestrari e Nicola Biondo

Ps. Il 10 maggio troverete Supernova in tutte le librerie per l’editore Ponte Alle Grazie

Due parole su Davide Casaleggio

Di meschini, sciacalli e bugiardi

Foto: Huffingtonpost.it

Ieri, l’Ereditiere Davide Casaleggio ha confermato di aver cacciato di proposito Jacopo Iacoboni dalla convention di Ivrea, dandogli del meschino e ricordando l’ultimo comunicato stampa di suo padre, Gianroberto Casaleggio, che lo chiamava sciacallo e smentiva le ricostruzioni del giornalista. Tenete a mente questo dettaglio, ci torniamo fra un attimo.

Vi racconto intanto un episodio su Davide che mi riguarda.

Siamo nel 2009 e io sono un dipendente di Casaleggio Associati. Ad aprile, un mio parente stretto — già malato — si aggrava. La situazione era tale per cui chiesi a un collega di poterlo sostituire in un viaggio aziendale a Roma, dove vive quel ramo della mia famiglia, per poterlo salutare, cosa che grazie a quel collega potei fare.

Informai, inoltre, tutti i miei capi che entro poco tempo avrei potuto avere bisogno di qualche giorno di ferie, facendo intendere l’imminente possibile funerale. Per qualche motivo che ignoro, la cosa irritò Davide. Il mio caro mancò a metà maggio.

Quel fine settimana chiesi tre giorni di ferie, sempre informando tutti i soci via mail e Davide di persona la domenica, visto che entrambi ci trovavamo a Torino alla fiera del Libro.

Spensi quindi il telefono e andai di nuovo a Roma.

Per scrupolo, la mattina del funerale controllai la posta. In replica alla mia richiesta formale di ferie, mi viene chiesto di tornare a Milano la mattina seguente entro le 10 per improrogabili impegni. Rispondo che l’unico modo sarebbe stato, per motivi organizzativi, lasciare la cerimonia funebre. Cosa che feci.

Davide mi rispose quindi privatamente ammettendo che il problema non era lavorativo, ma che non avevo risposto a una sua telefonata che mi fece mentre mi trovavo nella camera mortuaria. Del resto, quale momento più opportuno per telefonare a un proprio dipendente, se non quando sai che sta piangendo un parente defunto.

Tornato al lavoro, infatti, non ebbi consegne al di fuori della routine per 10 giorni. Non c’era nessuna urgenza.

Questo è il modo in cui capitava venissero trattati i dipendenti di Davide, che lo sappiano coloro che pensano di fare accordi con queste persone. Se non sbaglio c’è una parola precisa per definire questo genere di atteggiamento da parte delle aziende nei confronti dei loro dipendenti.

Ma non è tutto.

Tornato in ufficio Davide insinuò che non avessi mai avuto alcun parente malato o morto. A quel punto mi recai nello studio di Gianroberto — col quale avevo un ottimo rapporto e che era il presidente dell’azienda— e gli raccontai tutta la vicenda dall’inizio alla fine, pretendendo le scuse di suo figlio, che era anche suo socio.

Mi disse: “Ti chiedo io scusa per lui e per conto dell’azienda. Davide fatica a nascondere la gelosia nei confronti delle persone con cui vado d’accordo. Ti assicuro che gli farò pesare tutto il mio disagio per quanto accaduto e, di nuovo, ti chiedo scusa”.

Mi è tornato in mente questo episodio proprio a causa della citazione di quel suo ultimo comunicato. Gianroberto smentiva con forza, dandogli addirittura dello sciacallo, la ricostruzione di Iacoboni secondo cui Davide avrebbe assunto il controllo delle attività relative al Movimento di lì a breve.

È da notare che non si trova una sola dichiarazione di Gianroberto Casaleggio sul figlio. Nessuno, o quasi, sapeva in quel momento chi fosse. La notizia era quindi clamorosa, se confermata, come poi si è incaricata di fare la Storia.

Tutti coloro che andavano d’accordo con Gianroberto, in un modo o nell’altro sono stati allontanati. Io me ne andai a un anno da quell’episodio (continuando però a lavorare con Gianroberto, sentendolo settimanalmente). Così fece il mio collega David. Lo stesso è capitato a Matteo Ponzano, Nicola Biondo e Filippo Pittarello.

Eppure, mai Gianroberto aveva parlato di suo figlio in relazione al M5S. Mai aveva fatto sapere di voler fondare l’associazione Rousseau, costituita mentre Roberto è sul letto di morte a poche ore dal suo trapasso, consentendo a Davide, aiutato dai suoi avvocati, di diventarne il dominus.

Lui, un figlio di cui Gianroberto era costretto a scusarsi coi propri dipendenti, che raramente il padre presentava ai suoi uomini di fiducia, che quasi nessuno, prima di quel momento, conosceva tra i parlamentari M5S. L’unico riferimento pubblico a questo suo figlio è quel comunicato di smentita di Iacoboni. L’ultima cosa che Gianroberto ha voluto fare nella sua vita, dalla clinica in cui si era fatto registrare come Gianni Isolato, è negare con forza di voler lasciare la sua creatura politica, frutto del lavoro di vent’anni, a suo figlio, che invece riuscirà a ereditarla con un atto notarile per soli trecento euro.

Proprio il comportamento coerente che ci si aspetta da una persona lucida nelle sue ultime ore di vita. Quello che tutti noi penseremmo di fare se fossimo consapevoli di aver poco tempo prima del commiato da questa Terra: un atto notarile e un comunicato stampa per negarlo.

Se fossi Iacoboni, andrei fiero di essere chiamato meschino da un soggetto come Davide Casaleggio.

Guardate lontano

Il mio intervento a “Sinistra Anno Zero”, 7 aprile 2018

Foto: Nicolò Carboni

Grazie per l’invito.

Sono Marco Canestrari e ho lavorato dal 2007 al 2010 in Casaleggio Associati. Ho visto e fatto nascere il M5s, coordinavo i gruppi MeetUp e accompagnavo Grillo nelle più importanti occasioni ufficiali.

Tutti siamo a conoscenza e condividiamo ciò che non ci piace del M5s, ma oggi vorrei concentrarmi su cosa ha invece funzionato nella loro strategia e su cosa hanno sbagliato i loro avversari in questi anni, ovviamente dal mio punto di vista e per la mia esperienza.

Parlerò di tre aspetti della strategia del M5s: organizzazione, comunicazione, formazione delle posizioni politiche.

Parto dalle posizioni politiche perché il primo grande errore è stato quello di ignorare e deridere, fin dall’inizio, quelle che erano posizioni politiche — condivisibili o meno — trattandole con sufficienza: nei confronti di Grillo venne utilizzata la parola “antipolitica”, con ciò rifiutando perfino di considerare le istanze che provenivano dai suoi gruppi organizzati, di cui parleremo fra un attimo.

In realtà, il motore di quello che sarebbe diventato il MoVimento era, negli anni 2000, l’interesse di Gianroberto Casaleggio per i nuovi modelli organizzativi possibili grazie a Internet, che all’epoca iniziava a produrre nuovi modelli di business per le aziende, nuovi modelli organizzativi per le lobby civiche, nuove occasioni per fare informazione, controinformazione e, ovviamente, disinformazione.

Casaleggio, da studioso di questi fenomeni, aveva capito il cambiamento in atto e cercava di prevedere quali settori della società sarebbero stati interessati. Uno studio che proseguiva da anni, fatto di molti viaggi e molte letture.

L’incontro con Grillo, che avviene nel 2004, produce il mix esplosivo: Grillo da anni si era dedicato al cosiddetto “teatro civile”, affrontava temi sovrapponibili a quelli che stava studiando Casaleggio, con l’occhio dell’artista popolare, geniale nel capire gli umori del suo pubblico, i problemi, la rabbia, le paure.

Così l’uno, Grillo, spiegava all’altro, Casaleggio, come le persone perdessero ore e ore di vita — di vita — in macchina per andare in ufficio e l’altro replicava come, grazie alla tecnologia, fossero possibili il telelavoro (ricordiamoci che siamo all’inizio degli anni 2000, all’epoca era una novità) e una migliore organizzazione dei trasporti pubblici e privati (dì li a pochi anni sarebbe nata Uber). Discorsi di questo tipo sublimavano in posizioni politiche estremamente efficaci dal punto di vista della propaganda: “investire nell’immobilità”, per sintetizzare come si dovesse investire affinché si riducessero il numero e la durata dei trasferimenti.

E arriviamo così al secondo tema, quello della comunicazione.

Si è molto detto e scritto di come Grillo e Casaleggio abbiamo “bypassato” la comunicazione tradizionale attraverso Internet. Poco o nulla, invece, si è detto di come abbiano utilizzato la Rete per aprire un canale di comunicazione inverso: dal pubblico verso di loro.

Inizialmente, il Blog serviva a Grillo per farsi raccontare dal suo pubblico, prima dei suoi spettacoli, qualche notizia locale da inserire nel suo show. Col tempo hanno cominciato ad arrivare segnalazioni di qualsiasi tipo, su moltissimi argomenti, locali e nazionali. Perché? Perché laddove i siti delle altre organizzazioni, dai partiti, ai sindacati, alle associazioni, ai singoli politici — i pochi che lo avevano, non permettevano di inviare mail o commenti, quello di Grillo era aperto.

Così su di noi, in Casaleggio, si riversava tutta la rabbia e la frustrazione di chi sentiva di non avere voce. Trovavano nel Blog un orecchio pronto ad ascoltare e una voce pronta a gridare, letteralmente, per loro.

Siamo nel periodo del secondo governo Berlusconi: quelli di destra erano delusi dalle mancate promesse esaudite, quelli di sinistra erano furiosi per un’opposizione che veniva percepita come complice.

Ripeto: quello che trovavano i lettori del blog era qualcuno pronto ad ascoltare. E a cui chiedevano, sempre più insistentemente, soluzioni.

Terzo tema: come organizzarsi?

Il M5s nasce nel 2009, ma fin dal 2005 il Blog di Grillo aveva iniziato a organizzare gruppi locali chiamati “MeetUp”: assemblee che si riunivano per discutere i temi affrontati da Grillo nei suoi post. In cui si condivideva anche quella rabbia e voglia di rivalsa e di partecipazione che avevamo ascoltato, raccolto, elaborato, rilanciato. Periodicamente, il Blog organizzava un incontro nazionale in cui i lettori e gli attivisti potevano conoscersi fisicamente dopo aver a lungo discusso nei “forum” online. In questo modo si è creato un embrione di comunità raccolta intorno ad alcuni valori condivisi: la voglia di riscatto e partecipazione, la richiesta di ricambio, di “pulizia” della classe dirigente, non solo politica.

Tutti ci si conosceva: è falso dire che la comunità fosse esclusivamente online. Gli incontri locali erano settimanali e i vari responsabili locali si confrontavano sia online sia di persona più volte al mese.

Per due anni i MeetUp hanno cercato di spingere la politica locale ad interessarsi ai temi proposti, ma nella stragrande maggioranza dei casi la porta era sbarrata o, peggio ancora, l’ufficio dietro quella porta era marcio.

Io sono di Pavia: nel 2006 col MeetUp incontrammo un dirigente locale del futuro PD per parlargli dei rischi collegati all’inquinamento legato al ciclo dei rifiuti, spiegandogli che aumentava l’incidenza di alcune malattie, per proporre la raccolta porta a porta. Sapete quale fu la risposta? “Se sono malattie che fanno fare soldi, allora mi interessa, se no arrivederci”. Questo dirigente si trova oggi in carcere. Era così ovunque.

Episodi del genere ci venivano segnalati settimanalmente da ogni parte d’Italia.

Sono queste esperienze comuni, queste frustrazioni, che hanno cementato il gruppo dirigente del MoVimento. E che hanno costruito un codice di condotta a lungo non scritto, ma comunque chiaro a tutti, che ha permesso ai loro elettori di applicare la sanzione reputazionale senza indugio ogni qual volta si è ritenuto, a torto o a ragione, necessario.

Sì, ci sono e ci sono state palesi ingiustizie, esagerazioni, distorsioni e innumerevoli porcherie. Ma, alla fine, il gruppo dirigente era ed è compatto intorno ad alcuni princìpi ben riconoscibili e riconosciuti, fermo restando il vuoto pneumatico intorno agli altri temi che serve affrontare per formare una proposta politica credibile.

Non è evidentemente un metodo esemplare, lo è piuttosto l’obiettivo raggiunto.

L’assemblearismo perenne degli inizi ha assorbito perfino l’intera dialettica degli anni dell’istituzionalizzazione, anche grazie al fatto che fino a quando ci sono riusciti, i fondatori hanno impedito la formazione di strutture e gerarchie: qualsiasi tentativo di emergere o proporre organigrammi veniva soffocato nella culla.

Anche lo scontro tra Fico e Di Maio è rientrato prima del voto perché non era tra aspiranti dirigenti, ma tra vecchi compagni di strada.

Tutto cambia nel 2014 quando gli attuali dirigenti impongono ai fondatori il direttorio all’indomani della sconfitta alle europee, mossa che romperà il tabù delle gerarchie e permetterà al partito di mettersi in assetto da campagna elettorale, capitalizzando la fiducia raccolta nei 10 anni di attività investendola in pura propaganda.

A meno della rottura di altri tabù come il limite dei due mandati, questo gruppo dirigente esaurirà la sua parabola in questa legislatura. A chi vuole contrastarli mi permetto — rispettosamente, visto che sono ospite in casa d’altri — di consigliare tre cose.

Primo: guardare lontano.

Casaleggio, nel 2007–2009, si diede l’obiettivo di conquistare il governo in 10–15 anni, ogni zero virgola conquistato alle elezioni era una vittoria. Derisa dagli avversari miopi che non vedevano la marea montare.

Bisogna ragionare come se i prossimi 5 anni siano loro, e progettare i successivi 10. Primo per lasciarli, che governare sarà diverso dalla propaganda e quest’onda va lasciata sfogare. Secondo perché chi governa è assorbito dal presente, mentre incalza il futuro. Chi non avrà questa incombenza può approfittarne per fermarsi e studiare.

Secondo: proporre partecipazione, reale e diversa.

Oggi il m5s è forza di governo. Le loro energie saranno tutte impiegate a spiegare e giustificare l’azione dell’esecutivo, ma i loro strumenti di partecipazione, come Rousseau, per quanto siano tecnicamente ridicoli, assolvono al compito di dare l’impressione ai loro iscritti di contare qualcosa. Bisogna studiare ciò che propongono e offrire la possibilità reale di contare. In un modo differente — perché vale sempre il discorso della copia e dell’originale — ma più efficiente e attraente.

Terzo: investire tempo e pazienza.

Il modello di comunicazione m5s è difficilmente replicabile: non esiste un altro Beppe Grillo, ammesso si voglia usare quel registro, il contesto è cambiato. Ma c’è un fattore che gioca a favore delle nuove opposizioni ed è il tempo. C’è il tempo per capire come sarà il mondo fra dieci anni, per anticipare i problemi e studiare delle soluzioni. Il tempo per spiegare tuctto questo alla generazione dei quindicenni di oggi, Come Grillo 15 anni fa si rivolgeva agli adolescenti di ieri che oggi sono i suoi elettori, insieme ai loro genitori e zii.

Ci vogliono pazienza e intelligenza. Bisogna sforzarsi di affiancare al sarcasmo ormai tossico del linguaggio tipico dei social network, la paziente e comprensiva spiegazione delle proprie ragioni, supportate sempre dalle opportune evidenze. Credo che questo, soprattutto, sia oggi il miglior modo per marcare la differenza dal M5s.

Grazie.

Il MoVimento di Casaleggio

Se ne sono accorti già un po’ tutti: il nuovo Blog di Grillo non è come il “passo di lato” del 2014, su cui poi è tornato. Non è come il padre che accompagna suo figlio all’aeroporto e lo vede iniziare la sua vita da adulto.

Il messaggio con cui Beppe ha lanciato la sua “nuova avventura” è una nostalgica dichiarazione di guerra. Si è reso conto — e chissà se Supernova lo ha aiutato — di essere stato raggirato, scavalcato, scalato e tradito, complice la morte dell’amico Gianroberto.

Ho conosciuto Beppe: sono ancora convinto, anche se so che molti della “vecchia guardia” non la pensano così, che certi gesti gli siano risultati innaturali. Non voglio credere che si sia sentito a suo agio nel trattare come tutti sappiamo i vari “epurati” della storia del MoVimento, alcuni dei quali erano diventati suoi amici personali.

Comunque, ormai il dado è tratto.

Negli ultimi giorni è diventato chiaro che quello di Beppe non è un semplice allontanamento dal Movimento, ma assomiglia sempre di più a un sabotaggio. Per quale motivo al mondo, a quaranta giorni dalle elezioni politiche che potrebbero portare il M5S al governo, dopo averlo visto attraversare il Canale di Sicilia a nuoto e girare l’Italia durante lo Tsunami Tour del 2013, avrebbe dovuto compiere una mossa così drastica, privare il partito della sua indubbia capacità mediatica, se non perché non ci vuole mettere più la faccia?

Il distacco dal passato è clamorosamente definitivo e profondo: i vecchi post sono stati maldestramente copiati sul Blog delle Stelle, mentre dal nuovo beppegrillo.it sono spariti, come la possibilità di commentare. La cancellazione della memoria storica del MoVimento, della sua community virtuale, delle sue abitudini, perfino, passa anche e soprattutto da questi dettagli.

Sarebbe ora di cominciare a chiamarlo il MoVimento di Casaleggio, di chiamarli casaleggini. Il MoVimento di Beppe Grillo è morto e sepolto, ma questo, se avete letto il libro, lo sapete già.

“Sono degli incompetenti!”

Dalle chat del M5S un audio esclusivo. In tempo reale i commenti sul sistema di voto di Rousseau


Riceviamo da attivisti messinesi e pubblichiamo in esclusiva un audio messaggio che circola in queste ore nelle chat del MoVimento 5 Stelle. Un Parlamentare commenta il sistema di voto di Rousseau che pare essere un po’ carente, come abbiamo raccontato in Supernova — Com’è stato ucciso il MoVimento 5 Stelle.

Il rischio di annullamento delle Parlamentarie pare essere concreto.

“Enrico ciao, 
scusami sta succedendo un manicomio. Il sistema è andato in tilt, mancano troppi candidati all’appello, addirittura manca anche un candidato senatore uscente. Il sistema non sta funzionando. L’ordine è di non votare per adesso e di aspettare la giornata di domani sperando che il sistema si aggiusti da solo; altrimenti saranno rinviate queste parlamentarie.
E’ una malacumpassa allucinante e io sono… comincio ad essere stanco di tutti questi problemi creati dallo Staff per incompetenze ormai palesi a tutti.
Ti prego di girare questa richiesta di sospensione del voto anche alle persone che tu hai contattato per i clic.
Ti abbraccio, ciao.


Io e Nicola Biondo abbiamo scritto come nasce, cresce e muta il MoVimento 5 Stelle in Supernova — Com’è stato ucciso il MoVimento 5 Stelle. Eravamo stretti collaboratori di Gianroberto Casaleggio; eravamo, dal 2007 al 2014, lì dove le cose succedevano: nello studio di Milano, dove il M5S è nato, e nell’ufficio Comunicazione della Camera. In questo libro raccontiamo la storia di come il sogno di Gianroberto Casaleggio sia diventato un pericoloso inganno.

Supernova è disponibile su Amazon, Google Play, iBooks, IBS, e Kobo.

L’inizio della fine

Supernova , il libro-verità che ho scritto insieme a Nicola Biondo sulla nostra esperienza ai vertici del MoVimento 5 Stelle, si conclude con una facile profezia: questa è una storia che va a finire male.

È notizia dell’11 gennaio 2018 — anche se nell’ambiente si sapeva da settimane — che Grillo ha deciso di riprendersi il suo dominio, il suo Blog beppegrillo.it, e darlo in gestione a qualcuno esterno e lontano dalla Casaleggio Associati.

Che Grillo e Casaleggio (Gianroberto) fossero ai ferri corti lo raccontammo a settembre 2016 svelando al pubblico il capitolo “L’ultima telefonata”. Fu un terremoto: fummo ricoperti di insulti e ingiurie da esponenti del MoVimento, amici, giornalisti, ex colleghi. Ma mai una smentita.

Scrivere queste righe, com’è stato scrivere Supernova, è un po’ come fare i conti con me stesso, che ho delle responsabilità — quota parte — per come sono andate, o non sono andate, le cose nel MoVimento. Ma voglio pensare che Beppe, con cui ho condiviso alcune delle esperienze più memorabili della mia vita, pur non facendosi mai più sentire abbia letto i miei interventi pubblici a partire da quello di aprile 2016 sulla Stampa.

In quell’intervista a Jacopo Iacoboni (di cui esce in questi giorni il suo libro sul M5S, “L’Esperimento”), rilasciata all’indomani della morte di Gianroberto Casaleggio, dissi che il MoVimento delle origini era fallito e che stava per essere scalato. L’intervista si concludeva con queste parole:

«Beppe avrà un ruolo decisivo i prossimi mesi. So che di recente si chiede anche lui se la nostra gente volesse tutto questo. È molto dubbioso lui per primo sul M5S di oggi. Gli manderei un consiglio: pensa bene di chi fidarti, guarda il blog adesso, pieno di pubblicità, ricordati di quando mi chiedevi di convincere Roberto a togliere tutti i bottoni “compra” che non ti piacevano. Quello non è piu il Blog, è un asset aziendale. E nessuno voleva un Movimento così».

Scelse, in quel momento, di fidarsi di Davide Casaleggio, il figlio dell’amico scomparso diventato capo della sua azienda e, di conseguenza, deus ex machina del MoVimento. Lo fece, credo, anche perché non aveva altra scelta in quel momento di smarrimento.

Tuttavia, le cose da subito presero una brutta piega. Davide, con la sua fredda lucidità, inziò il golpe il giorno stesso la morte del padre, durante l’orazione funebre che divenne un messaggio ai politici presenti: “Io solo posso interpretare il volere di mio padre”.

Mentre iniziava a scatenarsi La Rivolta, Davide fondava l’associazione Rousseau e vi trasferiva le attività del blog e del MoVimento di cui prima si occupava la Casaleggio Associati, insieme a un suo dipendente, Pietro Dettori, facendo rifiatare i conti in rosso della s.r.l.

Grillo gli diede di fatto un solo compito: fare ordine nella confusione di ruoli della s.r.l., del Blog, del MoVimento, delle varie associazioni collegate, del personale, delle cause giudiziarie. Lo fece nonostante uno dei funzionari del MoVimento, quello a lui certamente più vicino, era consapevole delle limitate capacità di Davide e dei suoi soci e certamente glielo fece presente.

Ora il tempo è scaduto: gli evidenti limiti di Davide nella capacità di gestione e risoluzione dei problemi sono esplosi con il provvedimento del Garante della privacy che ha gridato forte e chiaro “il re è nudo!”. Davide non ha risolto nessuno dei problemi di Grillo e del MoVimento, ma solo alcuni di quelli della sua azienda. I soggetti giuridici che ruotano intorno al MoVimento sono aumentati, le cause di ex attivisti espulsi si sono moltiplicate, delle regole e dello spirito iniziale del MoVimento non c’è più traccia. E c’è la spada di Damocle di multe salatissime, probabilmente in capo anche a Grillo, titolare del trattamento dei dati personali degli iscritti che Davide Casaleggio e l’Associazione Rousseau non sono stati capaci di tutelare.

Le intrusioni informatiche di quest’estate prima e il provvedimento del Garante poi, hanno definitivamente messo in luce l’inadeguatezza di Davide nel portare a termine i compiti che gli aveva assegnato Beppe, soprattutto se confrontati con la maestria con cui Casaleggio Associati ha tratto profitto fino all’ultimo giorno dalle pubblicità presenti sul Blog — “un prodotto con scopo di lucro” come ha dichiarato recentemente Casaleggio, così come l’Associazione Rousseau ha raccolto centinaia di migliaia di euro di donazioni grazie alla popolarità del marchio beppegrillo.it e si appresta a raccogliere i contributi dei futuri parlamentari M5S.

Avevamo ragione io e Nicola: Grillo era veramente incazzato e l’ha dimostrato a modo suo nel corso degli ultimi mesi. Non facendosi vedere, presenziando solo quando poteva, pubblicamente, scaricarsi delle responsabilità come nominare capo politico Di Maio, insufflando nelle orecchie dei parlamentari vicini, come Roberto Fico, parole che, però, non hanno sortito gli effetti di un tempo sulla truppa, ridotta ormai a un manipolo di disertori. Il golpe e la scalata sono riusciti. Di Maio si è preso il MoVimento, lo ha reso un partito stringendo un accordo di ferro con Davide, che ora segue come un’ombra lui e non più Beppe.

Il vecchio capo se ne va. Come sempre negando di farlo, come nel racconto di Dino Buzzati “I sette piani”. Un passo dopo l’altro, negando che la situazione peggiori di piano in piano. Ormai non può nemmeno più esprimersi usando il suo stesso blog: deve scrivere ai tanto odiati giornali per parlare. Grillo scrive al Fatto. Casaleggio al Corriere.

Scrive Grillo: “Stanno articolando questa stupidaggine con una sola costante: sono io che abbandono loro, non loro che abbandonano me”. Un pizzino.

Curioso. Questa storia finisce com’era iniziata: il MoVimento doveva essere come la “Lega” di Bossi, ma “buona” — diceva Gianroberto Casaleggio, leghista della primissima ora — non come “quelli là”, che prima gridavano “Roma ladrona” e poi andavano al governo col “vecchio sistema”. Il MoVimento doveva governare da solo, costi quel che costi, altrimenti opposizione a vita.

Proprio come Bossi, fallito il progetto, Beppe viene messo da parte, scavalcato da arrivisti senza scrupoli che per soldi e potere piscierebbero sulla tomba dei propri genitori pronti, ovviamente, a stringere accordi di governo anche con la Lega.

E se ne va.

Non so se il “nuovo Blog” avrà successo, ma spero che le persone di cui si circonderà Beppe siano all’altezza della sua mente vulcanica e della sua curiosità, talenti che è delittuoso sprecare com’è stato fatto negli ultimi anni. Spero che si diverta almeno la metà di quanto ci siamo divertiti in quegli incredibili anni tra il 2006 e il 2010.

Buona fortuna, Beppe. E grazie lo stesso.

L’ultima telefonata

La voce è un grido e il grido è un “Vaffanculo”.

Solo che non c’è una folla acclamante davanti, e non c’è una piazza.

C’è un uomo e quell’uomo è Beppe Grillo. E l’invito ad andare a quel paese è rivolto a lui. Al telefono. Da Gianroberto Casaleggio.

Ironia del destino, si direbbe. La storia dell’amicizia tra il comico e il manager si conclude com’era iniziata quella del MoVimento 5 stelle.

“Vaffanculo! Non ti voglio più sentire”: queste sono le ultime parole che Grillo ascolta dal Samurai, guerriero ormai stanco e giunto alla fine della sua battaglia contro un male che lo sta uccidendo. E infatti pochi giorni dopo Casaleggio morirà in una stanza dell’Istituto auxologico italiano di via Mosè Bianchi a Milano, vicino alla sua casa che si trova in zona Fiera, dove è ricoverato, registrato sotto il nome falso, da lui stesso inventato, di Gianni Isolato.

La morte di Casaleggio, dopo quell’ultima telefonata, senza la possibilità di un ultimo chiarimento, un riavvicinamento, devasta Beppe Grillo. I suoi amici, le persone a lui più vicine — poche, in realtà, davvero poche, quelle del MoVimento — lo descrivono come un uomo distrutto e smarrito.

Piange, Beppe Grillo. L’uomo che ha fatto ridere l’Italia, poi l’ha fatta arrabbiare, l’inventore del più grande esperimento di partecipazione dal basso mai fatto in Europa, adesso, piange.

Piange per l’amico Gianroberto. Piange per le parole che non si sono detti, o per quelle di troppo. “Negli ultimi tempi Gianroberto si era come incattivito. A volte stentavo a riconoscerlo. Mi spiace sia finita così…” commenta con i suoi.

Ma piange soprattutto, perché sa: senza il Samurai adesso diventa tutto più difficile. Grillo è davvero solo.

Quell’ultima telefonata è uno dei passaggi più rilevanti e drammatici della storia del MoVimento: testimonia quello che il MoVimento già non è più, spiega cosa sta diventando, descrive il rimpianto di Beppe per quello che sarebbe dovuto essere.

È il paradigma di un nuovo assestamento strutturale che la “dirigenza” del MoVimento, nel silenzio totale degli iscritti che poco o nulla sanno, sta perseguendo, e di cui Grillo da tempo si lamenta, ricordando con nostalgia i primi anni del Blog, i primi successi politici, piccoli ma autentici.

La partita è in corso. Ed è la vera partita, la madre di tutte le battaglie, all’interno del MoVimento 5 stelle. Altro che Virginia Raggi, i problemi a Roma o in altre parti d’Italia, le inchieste, le gaffe di Di Maio…

La posta, è enorme. Chi ha le mani sul MoVimento può controllare gli iscritti al Blog, che compongono un database sterminato, determinante per una piccola azienda di marketing digitale, e allo stesso tempo indispensabile per chi voglia guidare il MoVimento.

Sui rapporti stretti, a volte simbiotici, tra i due fondatori si è scritto molto, ma pochi, pochissimi, sanno che negli ultimi mesi di vita Casaleggio non ha informato Grillo di alcuni passaggi fondamentali: la nascita del Blog delle stelle, per esempio, e quella del portale Rousseau. Da Genova la cosa è stata presa male, perché in questo modo non è più il Blog di Beppe Grillo al centro delle attenzioni; il motore propulsore del MoVimento, la sua comunicazione, non passano più da quel portale, ma migrano altrove. Il Samurai Casaleggio sceglie di esternalizzare una serie di servizi, guardando oltre il vecchio sodale, tutelando da una parte la sua azienda, dall’altra accontentando le richieste dei parlamentari che vogliono a tutti i costi un loro spazio che non sia all’ombra del Blog di Grillo.

E questo ovviamente al comico genovese non va giù.

Perché da tempo lui stesso si trova a disagio.

Gli “girano le scatole” — come lui stesso dice — per quello che si va delineando nella marcia verso il potere della sua creatura.

Prima di salire sul palco di Imola alla Festa nazionale dei 5 stelle, nell’Ottobre del 2015, confessa ad alcuni parlamentari: “Non credo sia questo che la nostra gente vuole, io non mi riconosco in questa roba…”

Si cala lo stesso la maschera delle serate migliori ma con il microfono in mano assesta delle bordate spaventose sui MeetUp sempre in guerra e sui parlamentari. Uno in particolare: Luigi Di Maio. “Adesso è una macchina da guerra. Ma quando lo abbiamo preso in provincia di Napoli, parlava come Bassolino…” è la battuta più perfida che dedica al deputato campano. Il Samurai gli fa eco: “Non ci faremo imporre il candidato Presidente del Consiglio dalle tv.”

Solo che Grillo, fuori dal palco, nel MoVimento, conta sempre meno, soprattutto nella sua gestione quotidiana, ormai sempre più accentrata a Roma. E diminuisce progressivamente anche il peso di Casaleggio, che delega, stremato, sempre più la gestione manageriale al figlio Davide.

I fondatori del MoVimento perdono progressivamente tutti i loro riferimenti tra i parlamentari. Rimane soltanto la fedele deputata Carla Ruocco, stimata da Grillo e dal Samurai.

Era stata lei qualche mese prima, nel Gennaio del 2015, ad andare su tutte le furie dopo la Notte dell’onestà a Roma, l’iniziativa dei 5 stelle contro la corruzione e per tenere alta l’attenzione sui fatti emersi dall’inchiesta Mafia Capitale. “D’ora in poi possiamo fare a meno di Beppe” dicono Di Maio e Di Battista, facendo il bilancio dell’iniziativa. E che Beppe non fosse ospite gradito su quel palco era così noto che, all’inizio, in scaletta non compariva nemmeno il suo nome. Lui si prende comunque la scena e, per chiarire i termini della questione, manda a quel paese Renzi, con il quale Di Maio sta in quel periodo flirtando su legge elettorale e altri temi.

“Siete degli ingrati” urla Ruocco inviperita — mentre Fico rimane basito e senza parole — di fronte alle parole dei nuovi leader, parole che le sembrano ingenerose nei confronti del fondatore. A cui ovviamente riferisce l’accaduto.

Poche ore dopo la morte di Casaleggio, è sempre Carla Ruocco a manifestare ad alcuni suoi colleghi tutta la solitudine sua e di Grillo. “Lui è morto, Beppe è isolato e io rimango in mezzo a quei ragazzini cattivi…”. Il riferimento è chiaro.

E in questa storia, di isolato, come abbiamo detto, non c’è solo il nome finto con il quale Casaleggio si registra in clinica. Isolato ormai è Grillo. Lasciando tutto nelle mani di altri, Casaleggio ha di fatto permesso la scalata al MoVimento 5 stelle, consentendo, pur forse non volendo arrivare a questo, che altri lo facessero progressivamente fuori dalla creatura che lui stesso aveva ideato e fondato.

Qualcuno vuole mettere pressione a Grillo perché molli. E così viene fuori che Grillo sarebbe intenzionato a lasciare il simbolo al direttorio.

In molti chiamano il fondatore per avere conferma. Ma Beppe li rassicura: “Non ci penso nemmeno, state tranquilli”.

E così l’ultima spallata a Grillo viene sventata. Ma la resa dei conti è solo rimandata.

Nel frattempo, la cabina di regia del MoVimento vive momenti di grande confusione. Non c’è una guida, non c’è uno statuto. Non si sa neanche quanti siano gli iscritti. Le loro identità sono note solo ai gestori tecnici del Blog e della piattaforma Rousseau.

La domanda è: a chi appartengono gli iscritti del MoVimento? All’associazione MoVimento 5 stelle o all’azienda nei cui server sono contenuti tutti quei dati? E chi li gestirà in futuro quando sarà pronto un nuovo statuto del MoVimento con precisi incarichi?

Da un lato, per la Casaleggio conoscere il comportamento sulla piattaforma e sul Blog degli iscritti ha un enorme valore commerciale. In questo caso, vale la massima molto nota nel settore: quando un servizio online è gratis, significa che il prodotto sei tu.

Dall’altro, sapere come la pensino gli iscritti di un certo territorio, su un determinato tema, o perfino gli stessi parlamentari, è un vantaggio competitivo non indifferente sia verso l’interno che verso l’esterno, per chiunque voglia guidare il partito: Di Maio, se vuole prendere in mano le redini del MoVimento, deve avere accesso a quei dati. Sapere chi, nel gruppo parlamentare, ha votato pro o contro il direttorio, pro o contro l’abolizione del reato di clandestinità, pro o contro le unioni civili, per esempio, farebbe la differenza.

Rousseau: cinque domande a David Borrelli

Ieri, un articolo del Foglio a firma Luciano Capone svela un fatto importante e inquietante. C’è un europarlamentare del MoVimento 5 Stelle, David Borrelli, vicinissimo a Casaleggio padre e a Beppe Grillo, che ha acconsentito a fare sostanzialmente da prestanome allo stesso Grillo come socio nell’associazione Rousseau.

Le sue parole sono inquietanti: “non so nulla, sono in quell’associazione perché Beppe mi ha chiesto di esserci, ma è come se non ci fossi. Meno so meglio è”.

Nello stesso articolo si fa notare come non siano pubblici né lo statuto né il bilancio analitico di Rousseau. Si sa quanti soldi sono stati raccolti, quanti ne sono stati spesi, ma non si sa per cosa e con quali fornitori.

Non si conosce nemmeno quali siano esattamente le misure adottate, come richiesto dal Garante della Privacy, per tutelare i dati personali degli iscritti raccolti dalla piattaforma Rousseau che è gravemente, e in alcuni casi illecitamente, carente in termini di sicurezza, progettazione, procedure.

David Borrelli, però, è socio dell’associazione Rousseau e ne ha firmato il bilancio. Ha dunque i mezzi per fare luce, tanto più che ora, con il nuovo statuto del MoVimento, l’Associazione Rousseau di Davide Casaleggio è un organo ufficiale, che gestisce e gestirà una importante quantità di denaro. Borrelli è inoltre un membro del Parlamento Europeo eletto: gli è richiesto un grado di trasparenza maggiore a quella che può essere richiesto a un privato cittadino.

Pertanto chiediamo a David Borrelli:

  • Può fornire copia dello Statuto dell’Associazione Rousseau, di cui lei fa parte?
  • Può fornire copia del bilancio analitico dell’Associazione Rousseau, affinché se ne conoscano i fornitori?
  • Può fornire copia della policy di sicurezza per il trattamento dei dati e lo sviluppo degli strumenti informatici?
  • Con quale scopo Grillo le chiese di far parte dell’Associazione Rousseau?
  • Lei ha dichiarato, in merito alla gestione da parte di Davide Casaleggio dell’Associazione Rousseau: “meno ne so, meglio è”. Può chiarire il significato di queste parole? È a conoscenza di condotte illegittime o illecite?

Le domande sono state inviate all’On. Borrelli via mail, al suo indirizzo ufficiale di Europarlamentare, e per conoscenza al Presidente del Parlamento Europeo Antonio Tajani e al Vicepresidente del Parlamento Europeo del M5S Fabio Massimo Castaldo.

Rousseau e il controllo del voto

Le primarie di Roma monitorate da Milano

Beppe Grillo e Filippo Pittarello

Il Garante della Privacy ha dimostrato che i voti su Rousseau non sono sicuri né, soprattutto, segreti. Il concretizzarsi di questo pericolo è ben descritto in Supernova — Com’è stato ucciso il MoVimento 5 Stelle.

Se c’è una persona che può spiegare in che modo viene controllato da Milano il voto su Rousseau è Filippo Pittarello, ex dipendente di Casaleggio Associati, ora funzionario M5S al Parlamento Europeo, molto vicino a David Borrelli dell’Associazione Rousseau. Ecco il racconto di chi quelle primarie le ha vissute “in diretta”, estratto dal libro.

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Agostini [del MeetUp di Roma] ha rapporti diretti e molto amichevoli con Casaleggio e quando a Roma arriva il momento di presentarsi alle elezioni — siamo alla fine del 2012 — è lui che organizza le primarie online per le elezioni comunali. Non sulla piattaforma della Casaleggio ma su un server autonomo: cittadini informati e democrazia diretta come stelle polari.

L’affluenza è buona, per i candidati a sindaco si organizza anche un confronto pubblico con un format in pieno stile televisivo. Tutto è pronto per scegliere chi sfiderà Ignazio Marino. Dopo il successo di febbraio c’è chi crede possibile conquistare anche il Campidoglio.

L’unico a non crederci, anzi a sperare che questo non succeda è proprio Beppe Grillo. “Se la tenessero Roma…” dice di fronte a molti testimoni.

Sa che il MoVimento non è attrezzato a quel salto, stare all’opposizione è in fondo molto più comodo, almeno in quel momento.

Comunque sia, nel 2013 i miti fondativi del MoVimento sulla carta ancora reggono.

Ma da Milano arriva l’ordine, puntuale.

“Fu deciso” racconta Agostini “contro ogni logica di far votare il candidato sindaco sulla loro piattaforma. Provai a parlarne con Gianroberto ma fu irremovibile. Ma quello che mi sorprese fu altro. Quando gli chiesi se pensava di far verificare le votazioni online da un ente terzo la sua risposta arrivò come un maglio: ‘Col cazzo che faccio entrare una società estranea nel mio database…’”

Non finisce qui.

A Roma dopo anni di dissapori e divisioni, c’è un candidato forte: si chiama Daniele Frongia.

Il suo sfidante è meno conosciuto ma è appoggiato da Roberta Lombardi, in quel momento capogruppo e presidente del M5S alla Camera.

A Roma, l’attivismo ha una frattura: o stai con Roberta o sei suo nemico.

Il suo candidato è Marcello De Vito: apprezzato sì ma a dire di molti — tra cui anche Grillo — privo di fascino.

Agostini è molto legato a Frongia. E il giorno delle votazioni sul Blog è sulle spine.

“Decidono i cittadini, decidono i romani, non i partiti.” È uno degli slogan del MoVimento.

“Per questo” continua Agostini “quando ricevo la chiamata da Milano rimango di sasso. Era Filippo Pittarello che voleva avvertirmi che Daniele era nettamente in testa…”.

Agostini è sorpreso perché questo significa che il software della Casaleggio permette a chi ha le password di osservare in tempo reale chi vota, come vota. Una situazione che apre la porta a qualsiasi sospetto, anche i peggiori.

Il pensiero di Agostini torna a quel diktat, alla decisione di trasferire le votazioni da un server indipendente a quello della Casaleggio.

Ma le sorprese di quel giorno di marzo non finiscono qui.

Per tutto il pomeriggio da Milano confermano il trend su Frongia, sarà lui il candidato del MoVimento a Roma.

Pochi minuti dopo la chiusura delle votazioni Agostini però riceve un’altra chiamata da Milano. Al telefono è sempre Pittarello, “Mi spiace, Marco, comunica a Daniele che non ce l’ha fatta, ha vinto Marcello…”.


Io e Nicola Biondo abbiamo scritto come nasce, cresce e muta il MoVimento 5 Stelle in Supernova — Com’è stato ucciso il MoVimento 5 Stelle. Eravamo stretti collaboratori di Gianroberto Casaleggio; eravamo, dal 2007 al 2014, lì dove le cose succedevano: nello studio di Milano, dove il M5S è nato, e nell’ufficio Comunicazione della Camera. In questo libro raccontiamo la storia di come il sogno di Gianroberto Casaleggio sia diventato un pericoloso inganno.

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