Per capire il M5s guardate SanPa

Se non avete ancora visto SanPa, la miniserie Netflix che racconta la storia della comunità di San Patrignano, fatelo. Quella storia dice molto di noi, di come l’Italia (non) affronta i problemi, di come si affidi sempre a stregoni, guru, guaritori vari.

Io, data la mia esperienza personale, ci ho visto tanto della vicenda di Gianroberto Casaleggio e del Movimento 5 Stelle. Se ci pensate, Casaleggio era una sorta di Muccioli della politica. Un po’ di esperienza nel proprio settore con la moglie, passione per l’esoterismo, forti convinzioni basate sostanzialmente sul nulla, tendenze autoritarie, scarsa conoscenza e scarso rispetto per le norme del comune vivere civile (meglio note come leggi), l’intuizione che sarà il suo successo e la sua rovina.

La miniserie è divisa in cinque puntate, che voglio ripercorrere per fare un parallelo con la storia di Casaleggio e del Movimento. Del resto, entrambi si definiscono comunità.

Nascita

Chi era Muccioli? Chi era Casaleggio? Due visionari dediti ad aiutare gli altri o due stregoni che si sono approfittati del disagio e della mancanza di alternative da parte delle Istituzioni?

Certo il background culturale dei due non era sovrapponibile. Casaleggio aveva ricevuto una buona istruzione, aveva costruito una rispettabile carriera ed era un uomo di ottime letture. Muccioli, al contrario, viene descritto come persona senza particolari doti, conoscenze, capacità o aspirazioni. Senza una chiara professione, si dedica all’amministrazione dell’albergo della moglie mentre coltiva la sua curiosità verso l’esoterismo e vive allevando galline nella casa di campagna. Organizza sedute spiritiche, si propone come guaritore (pare sia così che conosce Gian Marco Moratti, anche se non sono chiare le circostanze) e, negli anni settanta, aiuta qualche decina di ragazzi a disintossicarsi. Nel farlo, rifiuta la cosiddetta “medicina tradizionale” (cominciate a trovare qualche filo rosso, vero?) e propone un metodo di comunità facendo lavorare i ragazzi nella cascina di famiglia sulle colline di Coriano.

Il contesto storico in cui nasce San Patrignano è molto diverso da quello in cui Casaleggio decide di fondare il proprio partito, ma ci sono alcuni tratti comuni su cui vale la pena soffermarsi.

Se negli anni Settanta la crisi dei valori porta molti a cercare un senso nelle droghe (lo so, è semplicista messa così, ma cercate di seguirmi), negli anni Duemila la crisi delle ideologie e quella economica ultraventennale che colpisce l’Italia crea le condizioni favorevoli al santone di turno.

Casaleggio non è carismatico come Muccioli, ha un aspetto anche un po’ stravagante, però è capace di proporre soluzioni facili a problemi complessi, proprio come il guaritore romagnolo. Problemi veri, soluzioni affascinanti, in alcuni casi – poi usati come promozione – efficaci.

Gianroberto Casaleggio capisce il cambio di scenario politico, economico e sociale che la rivoluzione tecnologica sta causando. Capisce anche che c’è in atto una tendenza: l’Italia è uno dei paesi con la minore scolarizzazione avanzata, la minore produttività e le maggiori barriere all’ingresso della partecipazione politica e sindacale. Un mix fatale che lui vede come una opportunità: dare l’occasione di facile riscatto a un esercito di scappati di casa, in cambio di eterna fedeltà (e in seguito trecento euro al mese).

Casaleggio e Muccioli, almeno all’inizio, erano guidati da buone intenzioni? Vai a saperlo. Di certo avevano un lato del carattere molto simile, determinante per l’esito delle rispettive iniziative: non accettavano alcuna critica. Si percepivano come unici portatori di una verità rivelata, di una missione per conto di Dio che dovevano portare a termine, a qualsiasi costo.

Crescita

Quando sei disperato, reietto e nessuno ti offre soluzioni è facile accettare l’aiuto del primo che offra qualcosa. Anche fosse un regime semicarcerario sostanzialmente violento, come viene raccontato fosse la San Patrignano degli anni Ottanta.

Lo Stato non aveva una strategia per affrontare il problema delle tossicodipendenze, Muccioli offriva una via di uscita soprattutto alle famiglie che non sapevano come salvare i propri figli, diventati violenti. Una via d’uscita che però era sul filo della legalità. I processi hanno portato alla luce veri e propri sequestri di persona ai danni degli ospiti della comunità che cercavano di scappare. Violenze morali e fisiche per distruggere la personalità dei “drogati” e costruirne una sostitutiva fornita da Muccioli.

Come molti hanno detto: il metodo San Patrignano non esiste. La cura era Muccioli. E Muccioli era di fatto un fascista inconsapevole.

Casaleggio non era fisicamente violento ma lo era moralmente. La violenza si manifestava nel modo in cui puniva chi, a suo insindacabile giudizio, metteva in discussione le sue scelte. Proprio come faceva Muccioli.

Ne hanno fatto le spese molti collaboratori della prima ora (Piero Ricca, per esempio) e membri del partito. Spesso con modalità brutali, come quando pubblicò una conversazione privata per minacciare un consigliere regionale che si era permesso di dubitare alcune scelte o quando espulse interi gruppi locali con un PS. Del blog.

Le fasi di crescita delle due realtà condividono aspetti non secondari che vorrei sottolineare.

Come Muccioli ha contato sull’aiuto dei Moratti per i finanziamenti, di Red Ronnie per la visibilità mediatica e di alcuni palcoscenici per acquisire credibilità, così Casaleggio ha contato sui suoi sponsor.

Beppe Grillo, anzitutto: come Red Ronnie un popolare presentatore televisivo disposto a bersi e sponsorizzare qualsiasi minchiata gli fosse proposta. Epoca diversa, ovviamente: non sulla tv ma in Rete Grillo ha fatto esplodere il metodo Casaleggio.

Antonio Di Pietro, il Moratti di Casaleggio: politico di lungo corso che ha potuto finanziare per anni la creatura di Casaleggio sotto forma di consulenze per il proprio partito, che verrà poi abbandonato al momento più opportuno.

E che dire dei palcoscenici? Le aule di tribunale per Muccioli, gli appuntamenti elettorali per Casaleggio e il Movimento 5 Stelle.

Ma c’è un aspetto ancora più importante che credo sia comune ai due personaggi. Abbiamo già detto della loro totale incapacità di accettare critiche o mettere in discussione le proprie scelte. Come di declinava questo aspetto nelle due realtà?

Muccioli si è sempre rifiutato di sottoporre a un’analisi scientifica il metodo San Patrignano. Perché, a detta di chi si occupa oggi di dipendenze, i risultati sarebbero devastanti. Quando è stato tentato un simile studio, i dati forniti erano di fatto truccati e quindi non scientificamente validi. Il santone, a quanto pare, non voleva si dimostrasse la validità delle proprie intuizioni.

Casaleggio si è sempre rifiutato di sottoporre ad analisi scientifica le soluzioni proposte dal suo partito. Dal reddito di cittadinanza ai maggiori tassi di partecipazione alla politica che, secondo lui, comportava l’uso di piattaforme tecnologiche per il voto, nulla sappiamo sui reali effetti delle sue proposte.

Ancora, il rapporto con la legge. Guardando SanPa si capisce chiaramente il fastidio per il codice penale che aveva Muccioli, quando questo cozzava con la sua visione di educazione. Allo stesso modo, Casaleggio aveva un modo tutto suo di rapportarsi alla legge. Ricordo una sua telefonata furiosa con un povero funzionario della sua banca, quando una norma voluta da Tremonti aveva imposto la disponibilità per lo stato per la liquidità sui cosiddetti conti dormienti. Casaleggio si rifiutava di capire perché la banca dovesse obbedire a una legge dello Stato, dato che il contratto l’aveva stipulato col correntista.

Fama

Nella terza puntata della serie, SanPa è una realtà in forte crescita. Crescono gli ospiti, crescono i finanziamenti, cresce la popolarità di Muccioli. Molti descrivono questa crescita troppo veloce.

Quando è alto il ritmo di crescita è alto il numero di decisioni che si devono prendere. Può Muccioli gestire tutto da solo? Ci prova. E per un certo periodo ci riesce pure, a costo dell’inasprimento delle regole che governano la comunità.

Chi segue i miei scritti sarà già forse andato con la mente al 2013. Il Movimento 5 Stelle nel giro di pochi mesi passa dal 4-5% al 25%. Quasi duecento parlamentari vengono eletti col voto politico di quell’anno. Tutte persone senza esperienza, a cui viene delegato un potere grandissimo. Casaleggio, per mantenere l’ordine, minaccia ed espelle parlamentari violando le sue stesse regole, saltando qualsiasi procedura.

Come a Muccioli sfugge di mano la comunità, così a Casaleggio sfugge di mano il partito.

Nel caso del Movimento, c’è un fatto in più che complica le cose. Se Vincenzo Muccioli era esplicitamente il padre padrone della sua creatura, Casaleggio viene allo scoperto relativamente tardi. Non tutti nel partito e tra gli eletti lo conoscono e comprendono il suo ruolo. Anche per questo c’è grande confusione.

Declino

Anche Casaleggio affronta il declino, così come lo dovette affrontare Muccioli. Le loro creature sono cresciute senza i fondatori che si sono fatti fisicamente carico delle tensioni e delle difficoltà, arrivando ad ammalarsi.

Qui però le storie divergono. Muccioli fu protetto e sostenuto dalle persone a lui vicine, mentre Casaleggio fu di fatto esautorato dai parlamentari che, imponendo nel 2016 il famoso direttorio, spostarono l’asticella del potere da Milano a Roma.

Forse, questo diverso esito è dovuto al diverso modo in cui Muccioli e Casaleggio hanno affrontato la popolarità e il potere acquisito. Il primo abbracciando il proprio ruolo pubblico, cavalcando l’onda del successo; il secondo rifiutando la visibilità che, in sintesi, lo fece apparire debole. Lo era, ma per via della malattia. Se si fosse sottoposto a un minimo di controllo democratico, forse la storia sarebbe stata scritta in maniera diversa.

Caduta

Ma con la caduta le vicende tornano ad assomigliarsi.

Le due comunità sono cresciute, come dimensioni e come modalità di amministrazione, e sono sopravvissute ai propri fondatori. Ereditate dai figli, persone totalmente inadeguate al ruolo, lontane anni luce dalle capacità, qualsiasi fossero, dei genitori.

Soprattutto, troviamo in entrambe le storie la retorica dei traditori.

Questo, più di ogni altra cosa, mi ha colpito e di fatto spinto ad argomentare le similitudini tra le due realtà.

Il figlio di Muccioli, come quello di Casaleggio, chiama traditori gli ex collaboratori che, avendo dedicato molto della propria vita alla comunità, se ne sono allontanati non condividendone le derive. La categoria del tradimento è propria delle sette. Ma come il Movimento non è una setta così non lo è San Patrignano. Eppure delle sette hanno usato e usano i metodi.

Personalmente, reputo che questo sia dovuto alle tendenze all’esoterismo dei due fondatori. Credo che né Muccioli né Casaleggio credessero alle panzane di cui erano appassionati ma che sia l’uno che l’altro ne avessero capito la potenza.

Casaleggio, forse, facendo un passo in più: capendo che, in fondo, è la semplificazione di concetti complessi ciò che permette ai maghi e ai guaritori di avere successo. Le persone non vogliono fare fatica, non hanno tempo e voglia di studiare, comprendere, valutare. Vogliono soluzioni pronte all’uso, di semplice applicazione, di grande appeal.

Sei tossicodipendente? In comunità, isolato finché non ti passa la crisi di astinenza. Poi che fai? Resti lì, a lavorare per la comunità. Funziona? Boh.

Hai difficoltà economiche? Reddito di cittadinanza. Poi che fai? Ti viene cercato un lavoro. Funziona? Boh.

Crisi!

Siamo alla vigilia di un giro sulle montagne russe della crisi di governo. Il pretesto per l’inizio del ballo è la spartizione dei soldi del NextGeneration EU, 209 miliardi, non poca roba, che Conte voleva gestire con una struttura di missione sotto il controllo di Palazzo Chigi. Italia Viva, cogliendo l’occasione, si è messa di traverso e ha fatto saltare il banco.

Data la facilità con cui Conte ha ceduto, Renzi ha deciso di alzare la posta, complice il disastro sulla distribuzione dei vaccini, che sta procedendo molto a rilento.

Così nei prossimi giorni, probabilmente dopo l’epifania, ci sarà qualcosa tra una verifica di governo e un rimpasto. Non credo infatti che l’obiettivo di Renzi sia Conte, quanto piuttosto un suo ridimensionamento.

Tenderei a escludere un voto anticipato: la pandemia non è ancora sotto controllo e nel 2022, come ricorderete, si dovrà eleggere il presidente della Repubblica. E dovrà farlo un parlamento che, per il 60%, deve aspettare ancora un anno e nove mesi per maturare il diritto al trattamento pensionistico.

Lo scenario istituzionale

Ci sono naturalmente altri elementi di contesto importanti da valutare per capire quello che succederà. Non si tratta di fare previsioni, ma di capire quale sia la situazione di partenza.

Dal punto di vista istituzionale, ci sono alcuni appuntamenti elettorali molto importanti nei prossimi mesi, che determineranno il corso degli ultimi anni di legislatura.

Anzitutto il voto a Milano, Torino, Napoli e Roma. Diverse le circostanze.

A Torino, il sindaco uscente dei Cinque Stelle non si ricandida.

A Roma, Virginia Raggi è stata da poco assolta in secondo grado, e non ha intenzione di rinunciare al secondo mandato da sindaco.

A Napoli, Luigi de Magistris ha terminato il suo incarico e si parla di Roberto Fico come possibile candidato.

A Milano il Movimento non ha (mai) grosse aspirazioni e si è già ricandidato il sindaco Sala.

A Torino e Roma si gioca la partita dell’alleanza tra PD e M5s. Se Fico si candidasse a Napoli, si dovrebbe trovare il nuovo presidente della Camera. L’elezione di Roberto Fico era parte dell’accordo tra Movimento e Lega. Forza Italia mantiene la presidenza del Senato. Se dovessero stabilirsi nuovi equilibri, questa sarebbe una casella da riempire alla luce di nuovi accordi.

Lo scenario internazionale

Dal punto di vista internazionale sono due gli elementi che mi pare siano determinanti: l’andamento della pandemia e il nuovo presidente degli Stati Uniti.

La gestione della pandemia, in particolare il piano vaccinale, è un disastro. Prima o poi si farà un bilancio e chiunque abbia permesso una gestione così fallimentare dovrà renderne conto. Non mi stupirei se sul tavolo delle trattative, nei prossimi giorni, ci fossero la gestione commissariale di Arcuri e il ministero della Salute.

Se Renzi volesse fare sul serio, potrebbe reclamare queste due caselle per dimostrare di saper mettere le persone giuste al posto giusto (non sto dicendo che sia in grado di farlo, sto dicendo che ne avrebbe l’occasione) e contemporaneamente utilizzare queste nuove responsabilità per premere sulla richiesta dei fondi messi a disposizione dal MES sanitario.

Il 20 gennaio Biden inizierà il suo mandato di presidente degli Stati Uniti. È importante, in relazione a questa crisi del governo italiano, perché le future relazioni con l’attuale ministro degli Esteri Luigi Di Maio potrebbero non essere facili. Biden, nel 2017, scrisse un ormai noto articolo in cui confermava che in Italia il Movimento 5 Stelle aveva ricevuto aiuti dalla Russia di Putin.

Di Maio dovrà faticare non poco per convincerlo del contrario, dato che uno dei più ferventi sostenitori dell’amicizia Russo-Stellata – Alessandro Di Battista – potrebbe presto diventare il capo di fatto del suo partito. Di Battista, giova ricordare, andava chiedendo aiuto per la campagna referendaria del 2016 “ai nostri amici dell’ambasciata russa, con tutto quello che abbiamo fatto per loro”. L’abbiamo riportato, mai smentiti, io e Nicola Biondo nel nostro libro Supernova.

Lo scenario politico

Politicamente, quello che potrebbe succedere è un assestamento della maggioranza di governo. Al Senato sono tutti decisivi, ma i numeri cominciano a essere risicati.

Premesso che nessuno vuole andare a votare, bisognerà capire se la soluzione sarà l’ingresso o l’appoggio esplicito di Forza Italia o l’innesto di un gruppo di nuovi “responsabili”, si fa per dire. Il primo caso mi pare complesso: siamo pur sempre in mezzo a una crisi sanitaria, economica e sociale senza precedenti, difficile che qualcuno muoia dalla voglia di spendere il proprio marchio per gestire il disastro. Più semplice che parlamentari siano “prestati” senza insegne alla causa, più o meno esplicitamente.

Anche perché la legislatura è a poco più di metà strada e qualche riserva della Repubblica per un governo di unità nazionale prima del voto c’è ancora, in giro. Credo che solo allora Berlusconi e i suoi rischieranno l’alleanza di centro destra, non per salvare Conte.

Una terza ipotesi è l’ingresso del nuovo ipotetico gruppo per sostenere il governo di una figura politica.

Se fosse qualcuno del Movimento 5 Stelle, come ho già detto in passato, credo non si possa escludere Luigi Di Maio. È l’attuale ministro degli esteri, è in parlamento da oltre sette anni, ha ricoperto molte cariche. Politicamente, sarebbe accettabile. Peraltro, Di Battista potrebbe rivendicare di aver contribuito, almeno in parte, a portare il Movimento direttamente a Palazzo Chigi, lasciando l’avversario interno a occuparsi della crisi, non un compito semplice né – con tutta probabilità – politicamente remunerativo.

Se fosse qualcuno del Partito Democratico, ne vedremmo delle belle nel partito di Casaleggio. Sarebbe l’evento scatenante della resa dei conti vera, con Di Battista e Casaleggio ad accusare ogni giorno i governisti di usare i voti degli attivisti per far governare il Partito Democratico. Cinema vero, nonostante le sale chiuse per Covid.