Cari rider, parlate con Casaleggio

Il sindacato dei “rider”, i fattorini che consegnano cibo a domicilio tramite servizi come Deliveroo, UberEats, JustEat, cerca da mesi di ottenere dal governo soluzioni al problema dei propri rappresentati. In breve, si chiedono nuove regole per l’inquadramento lavorativo.

Non entro nel merito della questione, ma voglio segnalare un errore di metodo: cari rider, sbagliate interlocutore.

Non cercate Di Maio ma Davide Casaleggio, il presidente dell’Associazione Rousseau che raccoglie milioni di euro dai parlamentari del Movimenti per gestire le anagrafiche, gli strumenti di comunicazione, le liste di candidati del partito attraverso l’omonima piattaforma. Casaleggio, ci raccontano le recenti cronache, è il fondatore del nuovo Movimento governativo e ne è di fatto amministratore unico secondo l’articolo 1 dello Statuto del partito attraverso la sua associazione privata Rousseau di cui è presidente e tesoriere. Non c’è peraltro modo di sostituirlo in questo ruolo: non risponde al partito, risponde solo a sé stesso. Di Maio passa, Casaleggio resta.

Ma non è per questo che dovreste parlare con l’Erede. Mentre voi cercate il tavolo con il governo nella persona del ministro Di Maio, con scarsi risultati, una delle aziende principali che rappresentano la vostra controparte parla – eccome – con l’amministratore unico del partito del ministro. Deliveroo è infatti sponsor dell’azienda di Casaleggio per il suo studio sull’economia digitale.

Non è Di Maio che comanda, ne Movimento. La domanda è: Di Maio è libero nelle decisioni che prende su questo argomento? Si pone il problema del suo collega fondatore che ha rapporti commerciali con una delle aziende che deve regolamentare? Si consulta con Casaleggio? E se lo facesse, i consigli che riceve che interessi servono?

Sono queste le domande che dovreste porre e dovreste chiedere di porre a Di Maio e Casaleggio.

Stadio: il Sistema Casaleggio nasce a Roma

È notizia di queste ora che la sindaca di Roma Virginia Raggi è indagata per la vicenda dello stadio di Tor di Valle, per la quale furono già arrestati Luca Parnasi e Luca Lanzalone.

Lanzalone, ricordiamolo, è quell’avvocato che dopo aver collaborato con l’amministrazione 5 Stelle di Livorno venne mandato a Roma per seguire importanti dossier. Tra cui, appunto, quello dello Stadio. Lanzalone è anche colui che, materialmente, scrive il nuovo statuto del Movimento 5 Stelle. Quello statuto che, all’articolo uno, assegna all’associazione Rousseau di Davide Casaleggio il compito di gestire il partito. In virtù di questo articolo, Casaleggio tramite Rousseau raccoglie e amministra milioni di euro per conto del Movimento, in totale autonomia.

In questo contesto, è davvero singolare che si sia persa traccia di una notizia: a febbraio 2017, quando ancora non si sapeva chi fosse Lanzalone, ci fu un incontro importante. Era il periodo in cui si doveva decidere la sorte del progetto stadio, il periodo del Francesco Totti di “famo sto stadio”, dell’hashtag #unostadiofattobene… insomma, grande pressione, grande incertezza. A risolvere la situazione scendono a Roma Beppe Grillo e, guarda un po’, Davide Casaleggio. Le cronache dell’epoca parlano di “vertice risolutivo”, Casaleggio viene accompagnato da Loquenzi e Casalino (all’epoca capi della comunicazione del partito). Ma Casaleggio che c’entra?

Possibile che non ci si ricordi di questo dettaglio così decisivo?

Casaleggio è il dominus del partito, ne gestisce l’amministrazione, i soldi, i processi democratici. Suo padre e Beppe Grillo avevano siglato un “contratto” con i candidati al comune di Roma che imponevano il via libera preliminare “dello staff” per qualsiasi atto di alta amministrazione. Cosa ci faceva Davide Casaleggio al “vertice risolutivo” sulla vicenda dello Stadio della Roma?  Qualcuno si sta occupando di capirlo?

ESCLUSIVO: la multa del Garante a Rousseau l’ha suggerita… Casaleggio!

Lo so, scusate. Sembra un titolo sensazionalistico acchiappa clic ma, come vedrete, non è così.

Riassunto delle puntate precedenti: il 4 aprile 2019 il Garante per la tutela dei dati personali multa per 50.000 euro l’Associazione Rousseau. Il motivo, in sintesi, è che la piattaforma è insicura. I suoi gestori, Davide Casaleggio e chi lavora con lui, non hanno adottato le migliori pratiche per la gestione dei dati degli utenti e non hanno ottemperato completamente alle prescrizioni dello stesso Garante. Hanno violato la legge, quindi viene comminata una sanzione.

Ovviamente, la risposta è una starnazzante accusa all’ufficio del Garante di aver politicizzato la pratica, respinta giustamente al mittente. La documentazione che si può visionare facendo un accesso agli atti parla chiaro: ci sono inoppugnabili limiti tecnici e manageriali da parte di Rousseau e Casaleggio. Non sono in grado di gestire quel progetto, hanno violato la legge e non sono stati in grado di mettere al sicuro i dati sensibili degl’iscritti al Movimento 5 Stelle (senza punti di domanda, davidavi, contento?).

Ebbene, siamo in grado di pubblicare il motivo che ha portato il Garante a quelle conclusioni: gliel’ha detto Casaleggio.

Nel corso dei due anni d’ispezione ci sono stati numerosi scambi di comunicazioni tra Rousseau e il Garante. Una delle prescrizioni imposte all’Associazione era che fossero svolti dei test per verificare la sicurezza dopo gli interventi suggeriti per migliorare la piattaforma. Questi test sono stati svolti: Casaleggio ha pagato ben due società esterne, terze, imparziali. Casaleggio aveva comunicato di aver fatto svolgere tali test, ma non aveva inviato l’esito. Nel provvedimento del 21 dicembre 2017 il Garante sollecita: “[serve] l’indicazione dell’operatore (società o professionista) che ha condotto l’assessment e degli esiti di tale attività in forma di report tecnico”. Rousseau aveva detto di aver fatto svolgere le prove, ma non aveva detto quale fosse l’esito. Per un buon motivo.

Come dimostra il documento che pubblichiamo, l’esito era disastroso.

Le due società incaricate rilevano “l’esistenza di problematiche strutturali negli applicativi testati” (la piattaforma Rousseau) consigliando di revisionare completamente il codice e di condurre altri test. La conclusione è chiara: “the security posture of the internet-facing web pages was found to be out of line with industry best practices”. Tradotto: “l’approccio alla sicurezza delle pagine esposte in rete è risultato essere inadeguato rispetto alle migliori pratiche del settore“.

Insomma, Casaleggio è obbligato a condurre test di sicurezza, paga due società per svolgere questa attività e siccome l’esito è un disastro ritarda la consegna dei rapporti al Garante. Sollecitato li produce, certificando lui stesso la violazione delle norme che gli veniva contestata.

Ora la strategia è quella di dire “la piattaforma è cambiata”. Occhio: allarme supercazzola. Se bastava un anno e mezzo per rifarla da zero come mai ce ne hanno messi dieci per produrre la prima versione? La risposta la dà sempre il Garante: “le dichiarazioni dell’Associazione Rousseau in ordine a misure asseritamente migliorative che sarebbero state adottate sono giunte, via mail, ad istruttoria già chiusa, il giorno precedente l’adozione definitiva del provvedimento e senza alcuna documentazione a sostegno. Tali misure risultano comunque ininfluenti ai fini delle pregresse criticità evidenziate e sanzionate nel provvedimento”.

Non serve che entrino i clown: sono già in scena. Sipario.