Gli errori de L’Espresso

Esagerare non aiuta, esattamente come minimizzare. Ecco perché l’Espresso sbaglia.


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Il 3 settembre scorso Emiliano Fittipaldi ha pubblicato un lungo articolo sulla propaganda di Lega e Movimento 5 Stelle.

Scrivo questo mio per sottolineare alcuni errori e alcune mancanze, consapevole che possa sembrare strano da parte mia. Non voglio che questo sia letto come un “attacco” a l’Espresso o a Fittipaldi. Eppure, è pericoloso tanto sottovalutare quanto sopravvalutare le risorse e le capacità degli uffici stampa dei partiti di governo: restare fuori fuoco significa non riuscire a individuare le giuste contromisure, a mio avviso.

Ecco dunque i passaggi non convincenti.

Quelli che contano davvero si contano su una mano, ma gli addetti e i collaboratori esterni sono centinaia e lavorano 24 ore su 24 senza concedersi pause.

Il numero di “centinaia” di persone è inverosimile. Se anche ipotizzassimo il minimo deducibile, ossia due centinaia di persone, e se queste venissero pagate 1200 euro netti al mese sarebbe una spesa di oltre sei milioni di euro all’anno. Non risultano dai bilanci dei due partiti (la Lega peraltro, com’è noto, ha 49 milioni di problemi da risolvere) né da quelli dell’associazione Rousseau. Tanto più che nel resto del pezzo si fa sempre riferimento a “poche decine di persone”.

Se Fittipaldi ha qualche dettaglio in più, sarebbe opportuno che lo rendesse noto.


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…piattaforme conquistate con software sofisticati che moltiplicano i messaggi promozionali e monitorano minuto per minuto il “sentiment” degli utenti…

Questo messaggio sta passando nel sentire comune: si pensa che gli uffici comunicazione abbiano nel tempo sviluppato tecnologie sofisticate che gli permettono chissà quali analisi dei dati. Più verosimilmente, stanno utilizzando meglio di altri gli strumenti a disposizione di tutti: chiunque può accedere agli strumenti di analisi di Google, Facebook, Twitter e sviluppare qualche servizio che integri i flussi di dati non è nulla di tecnicamente “sofisticato”. Non credo si faccia un buon servizio al pubblico dipingendoli come “invincibili”. Anche perché la situazione è perfino peggiore: ha ragione Morisi quando dice che le condivisioni e l’engagement sono, almeno adesso, organiche, cioè ad opera di utenti per lo più reali.

Non è da escludere l’uso di botnet su Twitter in alcuni momenti (lo stesso Morisi, un giorno, s’è lasciato scappare che non sono più necessarie, lapsus che forse conferma il loro utilizzo in passato), o la creazione account fasulli per “animare” la conversazione, ma per affermarlo va provato.

…la Casaleggio Associati ha abbandonato “l’uno vale uno” e investe ogni sforzo strategico su pochissimi soggetti politici

Questo è un peccato veniale, ma è sempre opportuno ricordare che Casaleggio Associati non si occupa più formalmente del Movimento. Hanno opportunamente schermato le attività dietro l’Associazione Rousseau, che condivide con l’azienda parte del personale (Davide Casaleggio, Pietro Dettori che è passato da una all’altra) e la sede. La scatola cinese che hanno creato per appropriarsi dei milioni di euro che gli versano i parlamentari è, a mio avviso, più interessante che la retorica di epoca berlusconiana del partito-azienda. Di nuovo: è peggio di così: è un inganno ingegnerizzato, che vale la pena di raccontare.

Morisi “forza” l’algoritmo di Facebook per far apparire la faccia e le ruspe di Salvini anche sulle pagine di persone che mai avrebbero visitato la sua

“Forzare l’algoritmo” è una frase affascinante, ma tecnicamente priva di senso. Non si tratta di forzare nulla, ma di intuirne il funzionamento seguendo linee guida che, peraltro, è la stessa Facebook (meno Google, ma è noto quando ci sono aggiornamenti e si può intuire come cambieranno i risultati delle ricerche) a suggerire strategie per massimizzare visualizzazioni ed engagement. Non sono supergeni, non dipingeteli come tali: sono solo cialtroni ben organizzati.

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Ma in realtà è Pietro l’artefice principale del successo mediatico del M5S: ha curato per anni il blog di Grillo, ha realizzato i siti moltiplicatori di notizie (e di bufale) come “La Fucina” e “Tze-Tze”

Si riferisce a Pietro Dettori. Qui è proprio sbagliato cronologicamente, almeno per quanto riguarda Tze-Tze, a cui Casaleggio ha iniziato a lavorare nel 2009 (ne sono testimone). La Fucina, invece, inizialmente è stata usata come raccoglitore di notizie sensazionalistiche dopo l’interruzione del rapporto di Casaleggio Associati col gruppo GEMS, per il quale curava il sito “Cadoinpiedi”. Pietro, probabilmente, ha gestito i due siti per un periodo, ma non li ha certo ideati.

Dettori ha costruito quasi da solo il nuovo hub del partito sui social, lavorando sugli algoritmi per diffondere il verbo attraverso decine di siti ufficiali e ufficiosi

Questa potrebbe essere una notizia: se Fittipaldi è a conoscenza di alcuni siti ufficiosi gestiti da Dettori sarebbe utilissimo sapere quali sono e come si può provare che facciano capo a Dettori. È di nuovo un’accusa grave che va dimostrata.

“Qualcuno racconta persino che sia stato proprio Dettori — dopo il gran rifiuto di Sergio Mattarella a nominare il no euro Paolo Savona come ministro dell’Economia — a suggerire ai vertici l’ipotesi da fine mondo, quella dell’avvio dell’iter di impeachment del presidente della Repubblica.”

Non “qualcuno”: io e Nicola Biondo da Supernova, grazie a fonti che ce l’hanno raccontato.


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