#SalvaCasaleggio: Di Maio #sparaballe

C’è una notizia riguardo alla legge salva Casaleggio che il Movimento 5 Stelle chiama ironicamente spazza corrotti: la discussione è slittata a settimana prossima, mentre sarebbe dovuta iniziare oggi 12 novembre.

Evidentemente le nostre considerazioni hanno colto nel segno visto che lo stesso Di Maio ha sentito l’esigenza di replicare direttamente a me e Nicola Biondo, pur senza nominarci. Purtroppo, nel farlo, il ministro ha infilato una balla dietro l’altra che vale la pena sottolineare. Nei prossimi giorni, poi, approfondiremo più nel dettaglio in cosa questo provvedimento favorisce Davide Casaleggio e l’Associazione Rousseau.

Nella sua video replica (intorno al minuto 8) il ministro, curiosamente, afferma come prima cosa che la norma di Bonafede non aiuti in alcun modo Casaleggio Associati. Interessante, perché nessuno ha mai parlato dell’azienda di Casaleggio: a noi pareva di aver capito che non si occupasse più del Movimento 5 Stelle. C’è qualcosa che Di Maio sa e noi no?

Prosegue dicendo che dopo il nostro articolo sono addirittura andati a leggere la norma che avevano scritto (giuro, non è uno scherzo: dice proprio così), sottolineando come grazie a questa legge anche Rousseau dovrà rendicontare le spese “come però già ha fatto”. Noi, però, non abbiamo parlato di rendicontazioni, ma di altri problemi che vengono risolti a Casaleggio e Rousseau. Perché Di Maio non ne parla? Perché sono problemi che riguardano soprattutto la titolarità di Rousseau a raccogliere i soldi e l’impossibilità, se fosse approvata la legge, che qualcun altro anche all’interno del Movimento possa detronizzare l’erede del fondatore.

Il problema del ministro è interno, coi suoi: il suo potere si tiene a quello di Davide Casaleggio e Di Maio deve poter giustificare il motivo per cui, ad esempio, nessuno dal Movimento possa decidere la destinazione d’uso dei quasi 9 milioni di euro raccolti da Rousseau in una legislatura.

Il comma che Di Maio rivendica, quello che legittima Rousseau a lavorare per il Movimento, è proprio quella che blinda Casaleggio nel suo ruolo e il ministro lo sa bene.

L’aver fatto slittare l’inizio della discussione può voler dire che qualche domanda sul ruolo di Rousseau cominci a circolare, tra i parlamentari pentastellati: per questo, come contributo al dibattito interno, i prossimi giorni approfondiremo ciascuno dei quattro regali a Casaleggio raccontati settimana scorsa.

Davide Casaleggio e la balla sulla Rousseau Open Academy

Se c’è un tratto della personalità che Davide Casaleggio condivide col defunto padre Gianroberto è un imbarazzante complesso d’inferiorità. Dello stesso tipo che ha portato Rocco Casalino e il premier Conte, per intenderci, a gonfiare i propri curricula.

È un vizietto abbastanza diffuso, ma in questo caso c’è una curiosa novità: il curriculum gonfiato non è quello di una persona ma quello di un’associazione: Rousseau.

L’Associazione Rousseau è stata fondata da Davide e Gianroberto Casaleggio pochi giorni prima della morte di quest’ultimo. Davide, in seguito, vi ha fatto confluire tutte le attività legate al Movimento 5 Stelle che prima erano in capo alla sua azienda, Casaleggio Associati. In base al nuovo statuto del partito, scritto nel 2017 da Luca Lanzalone, Casaleggio può raccogliere donazioni per la sua associazione dai simpatizzanti del Movimento e dagli stessi parlamentari che, da regolamento, sono tenuti a contribuire con 300 euro al mese. In cinque anni sono circa 9 milioni di euro. Con questi soldi, Casaleggio dovrebbe sviluppare l’omonima piattaforma di voto e partecipazione, quella ciofeca (copyright Nicola Biondo) che viene sfondata ogni sei mesi, e gestire il Blog delle Stelle.

Oltre a questo, però, Casaleggio svolge altre attività: di recente, del tutto autonomamente e senza che ci fosse una specifica delibera del partito, è stata avviata la cosiddetta “Rousseau Open Academy“. A differenza della piattaforma Rousseau, questa iniziativa non è direttamente collegata al Movimento e il suo sito non è ospitato sul dominio movimento5stelle.it.

Cosa debba essere questa “Academy” non è chiarissimo. Il sito contiene alcuni “corsi” sostenuti da parlamentari del Movimento, alcuni video promozionali e, soprattutto, un passaggio molto particolare nella pagina “Il progetto ROA” di cui metto il link all’archivio, in caso dovessero modificarne il contenuto.

La frase è la seguente: “Abbiamo già aderito a un manifesto sulla cittadinanza digitale, promosso da importanti realtà accademiche – come l’MIT e l’Università di San Paolo del  Brasile”.

È una balla. Una balla che Casaleggio ripete spesso, l’ultima volta a Italia 5 Stelle. Sui siti di queste Università non c’è alcuna traccia di questo manifesto. L’unica cosa che si trova in Rete è un sito di scarsissima qualità, che non riporta i loghi delle università e non sostiene che queste supportino il manifesto.

Sul sito, e sui documenti PDF, anch’essi senza logo né intestazione, non compare alcun riferimento a questi istituti, se non nei rispettivi titoli dei firmatari. Quello del MIT, peraltro, tal Cosimo Accoto, è un Research Affiliate, non organico all’Università né da essa stipendiato.

Quanto ci metteranno i parlamentari e i simpatizzanti del Movimento a capire che forse c’è qualcosa da chiarire nel modo in cui Casaleggio, del tutto autonomamente e senza precise indicazioni, gestisce i loro soldi?

Bonafede e la legge Polaroid salva Casaleggio

Fate attenzione, le prossime settimane, al dibattito sulla legge anticorruzione perché ci sarà di che discutere.

La scorsa settimana Salvini ha fatto sapere che non gli piace l’articolo sul finanziamento ai partiti, il numero nove. Ciò che succederà potrebbe dire molto più di quanto sembri sullo stato di salute dell’accordo di governo.

Ho già spiegato perché, secondo me, la legislatura arriverà a scadenza naturale nel 2023. Questo non vuol dire che, nel corso di questi anni, non ci possano essere scontri su singoli provvedimenti o, come in questo caso, pretesti per lanciare messaggi che capiamo in tre o quattro, ma ora anche voi lettori.

Cosa dice l’articolo 9 della legge anticorruzione? Forse qualcuno tra di voi ricorderà la legge Mammì che regolamentò il settore radiotelevisivo: quella norma fu chiamata “legge Polaroid” perché invece di regolamentare un settore dominato, nel privato, da Fininvest fotografò lo status quo dell’epoca rendendo legale, per i decenni a venire, il duopolio televisivo che ha drogato il settore in Italia fino a pochi anni fa.

Come fa correttamente notare Nicola Biondo, siamo nella stessa situazione: la legge “spazza corrotti”, come l’hanno chiamata, rende di fatto legittima il sistema Casaleggio, che controlla di fatto il partito grazie allo Statuto del M5s scritto da Luca Lanzalone. Davide Casaleggio, tramite l’Associazione Rousseau, raccoglie milioni di euro dai parlamentari e dagli attivisti del Movimento per sviluppare la piattaforma Rousseau, ma pure per organizzare sue iniziative, di cui abbiamo parlato pochi giorni fa, mai deliberate dal partito.

Il modo con cui Casaleggio amministra l’associazione Rousseau è problematico: non a tutti, tra i parlamentari, è chiaro a quale titolo Casaleggio si occupi dei loro processi democratici e, soprattutto, di gestire tutti quei denari. La legge nulla dice sulla necessità di svelare l’identità dei donatori, così “per ragioni di privacy”, vengono tenuti nascosti. Insomma, c’è il rischio che qualcuno nel Movimento si metta a questionare il ruolo dell’Erede o pensi di creare strutture parallele. È qui che, in soccorso di Casaleggio e Rousseau, arriva il ministro Bonafede:

  1. “sono equiparate ai partiti e movimenti politici le fondazioni, le associazioni e i comitati la composizione dei cui organi direttivi sia determinata in tutto o in parte da deliberazioni di partiti o movimenti politici ovvero che abbiano come scopo sociale l’elaborazione di politiche pubbliche”, come Rousseau, presente nello Statuto del M5s;
  2. l’identità dei donatori sarà tutelata per versamenti fino a 500 euro invece di 5000, salvi i supporter del Movimento che per la maggior parte versano somme inferiori a quella cifra;
  3. comma Rousseau: “Un partito o movimento politico può essere collegato ad una sola fondazione o ad una associazione“, blindata Rousseau;
  4. comma Casaleggio: “I partiti o movimenti politici e le fondazioni, associazioni o comitati ad essi collegati devono garantire la separazione e la reciproca indipendenza tra le strutture direttive”, blindato Casaleggio.

Ecco la nuova legge Polaroid salva Casaleggio che tenta di fotografare e cristallizzare il Sistema Casaleggio. Una norma che, con la scusa di regolamentare il finanziamento ai partiti, legittima una costruzione immaginata dal padre Gianroberto e divenuta reale sotto il regno del figlio Davide, portatore di interessi e di un’agenda sempre più predominante rispetto alla linea politica decisa dai gruppi parlamentari.

Lanzalone rischia il processo, Casaleggio rischia l’insonnia

Ieri la Procura di Roma ha chiuso le indagini sulla vicenda dell stadio della Roma. Ricordate la campagna sui social con tanto di hashtag su Twitter #unostadiofattobene? Pochi mesi dopo l’accordo, le forze dell’ordine si sono cimentate in #unaretatafattabenissimo e hanno arrestato alcune persone che avevano, secondo l’accusa, operato in maniera illegittima per assicurarsi il via libera dell’opera.

Luca Parnasi, il costruttore, ma anche e soprattutto Luca Lanzalone, che avrebbe aiutato la sindaca Raggi a trovare la quadra senza però un incarico formale. Sempre secondo l’accusa, Lanzalone avrebbe “ottenuto la presidenza di Acea in cambio della propria opera” scrive Repubblica.

Anche Lanzalone, quindi, rischia il processo e questo potrebbe provocare un terremoto con epicentro le fondamenta del Movimento 5 Stelle, ossia il Sistema Casaleggio.

Luca Lanzalone, infatti, è una vecchia conoscenza dei 5 Stelle: già consulente del comune di Livorno, di lui la sindaca Raggi avrebbe detto “me l’ha imposto Casaleggio“. Chissà se sia così. In ogni caso, una cosa è certa: a Luca Lanzalone, Davide Casaleggio dev’essere molto grato, essendo l’estensore del nuovo Statuto del Movimento 5 Stelle, quello della nuova associazione del 2017. Perché dev’essergli grato? Perché il nuovo statuo del partito blinda l’Associazione Rousseau, fondata e presieduta da Casaleggio, come unico fornitore per la comunicazione – il Blog delle Stelle – e la piattaforma decisionale Rousseau, tecnicamente poco più che un giochetto fatto male, pericoloso per la privacy degli utenti iscritti. Soprattutto, in virtù di ciò, l’Associazione Rousseau è autorizzata a sfruttare il marchio del Movimento per raccogliere le donazioni degli iscritti e il contributo dei Parlamentari, 300 euro al mese, per un totale che si aggira intorno ai 9 milioni di euro in cinque anni. Con questi soldi, Casaleggio dovrebbe sviluppare la piattaforma e occuparsi del Blog ma in realtà ha avviato iniziative parallele, scollegate dal Movimento, come la Rousseau Open Academy mai deliberata da nessun organo di partito.

Casaleggio è così potente che ieri la senatrice Fattori ha rivelato che i parlamentari non stanno restituendo in maniera sistematica parte dello stipendio, come si erano impegnati a fare, salvo proprio i 300 euro a Casaleggio.

Se come “premio” (questo il termine usato da Di Maio) per il suo aiuto con Livorno e lo Stadio della Roma Lanzalone ha ottenuto la presidenza Acea, è lecito chiedersi se abbia ricevuto altri benefici in cambio dello statuto che permette a Casaleggio di maneggiare così tanti denari in maniera completamente autonoma.

Del resto, Lanzalone il giorno prima del suo arresto era alla cena di finanziamento organizzata dall’Associazione Gianroberto Casaleggio, sempre presieduta dal figlio Davide, il quale inizialmente cercò di annebbiare le ricostruzioni dicendo che fosse stato “a una cena e a un altro tavolo c’era Lanzalone“.

Com’è noto, però, le cene di finanziamento dell’Associazione Casaleggio sono a invito e costano tanto: evidentemente Lanzalone teneva molto a esserci.

Di chi sono i server di Rousseau

Ad ogni occasione utile Casaleggio Associati lamenta la confusione con cui i commentatori parlano delle realtà che ruotano intorno a Rousseau e al Movimento 5 Stelle.

Formalmente, ad oggi, Casaleggio Associati non si occupa più della comunicazione politica del Movimento, avendo ceduto la piattaforma e spostato le attività all’Associazione Rousseau presieduta da Davide Casaleggio.

Eppure il difetto di trasparenza e chiarezza è tutto loro e si porta dietro, peraltro, alcuni interrogativi importanti dalla cui risposta potrebbe dipendere la sopravvivenza stessa dell’azienda di Casaleggio, Eleuteri, Benzi, Maiocchi e Bucchich.

Leggendo il dossier del Garante della Privacy sulla vicenda iniziata ad agosto 2017 con la violazione della piattaforma del Movimento 5 stelle appare chiaro come nemmeno l’ufficio dell’authority sia riuscito a comprendere appieno quali siano i rapporti tra l’azienda, il partito e perfino lo stesso Beppe Grillo, al punto che si lascia intendere, nel cosiddetto “Rapporto Rousseau”, che un’indagine in tal senso sarebbe opportuna.

Le ambiguità sono molte: l’ispezione viene fatta negli uffici dell’azienda, in via Morone 6 a Milano, considerata “parte” in causa, tanto più che ad assistere la società in quell’occasione è l’avvocato Montefusco, storico collaboratore dei Casaleggio. La nota di uno dei dirigenti che accompagna il rapporto sulla sicurezza parla di “siti gestiti da Casaleggio & Associati per conto del Movimento 5 Stelle e dell’Associazione Rousseau”. Alcuni documenti, peraltro, sono inviati all’ufficio del Garante dalla PEC (Posta Elettronica Certificata) di Casaleggio Associati.

Ancora: non risulta chiaro chi sia il titolare del contratto di fornitura dei servizi erogati da IT.Net — i server, per semplificare: Casaleggio o Rousseau? Questo dettaglio è importante per stabilire a chi debbano essere comminate le eventuali multe — e anche per un’altra vicenda di cui parleremo a tempo debito.

I contratti non sono presenti nel dossier, quindi non possiamo ancora sciogliere questa ambiguità che si può sintetizzare in una semplice domanda: c’è stato un passaggio di denaro in qualche momento tra l’Associazione Rousseau, il Movimento 5 Stelle e Casaleggio Associati? La “gestione” di cui si parla nel Rapporto Rousseau del Garante per la tutela dei dati personali è stato a titolo oneroso? Chi paga per i server su cui “gira” la piattaforma Rousseau, che un bug recentemente scoperto ha dimostrato essere legato a “Casaleggio”?

L’agenda Casaleggio

Tempo fa ho partecipato a Omnibus su La7 con Gaia Tortora, insieme a Francesco Cancellato, che disse un cosa che mi colpì: “Casaleggio sembra avere un’agenda sua, diversa da quella del Movimento 5 Stelle”. Ho riflettuto molto con Nicola Biondo su queste parole.

È importante capire se l’Erede abbia una propria agenda pubblica e quale per via dell’influenza che può esercitare sul primo partito di governo. Le sue scelte, ambizioni, propositi, aspirazioni, pur non avendo egli alcun ruolo pubblico definito — come abbiamo spiegato qui e qui — possono impattare la vita di tutti senza che il nostro sia sottoposto ad alcun controllo democratico. Il suo è un ruolo estraneo al partito ma preminente rispetto ad esso. Soprattutto, è un ruolo privato che non può essere sottoposto a censura o a sostituzione. La sua Associazione è titolare di quel ruolo per statuto del partito, e lui è presidente per statuto dell’Associazione.

La posizione che si è costruito, peraltro con modalità che sarebbe bene fossero indagate a fondo, gli conferisce vantaggi intangibili rispetto al mercato in cui opera sia come imprenditore, che tutti sanno essere ben inserito nei meccanismi dello Stato per via del rapporto col governo, sia come soggetto politico. Come ho avuto modo di spiegare alla Festa Nazionale de l’Unità, il rischio per le opposizioni è quello di dover combattere un avversario su un campo di battaglia asimmetrico. Non ci sarà mai alcun segretario, leader, capo politico che avrà la libertà di azione, parola e organizzazione che ha Casaleggio, senza alcun ruolo da perdere né alcun elettorato a cui rispondere, ma solo un partito da indirizzare dalla terza fila.

Casaleggio parla poco, quasi mai di Movimento 5 Stelle, spesso della sua Associazione Rousseau. Le due realtà sono confusamente, volutamente, sovrapposte. Rousseau ha di fatto in appalto la gestione della comunità del Partito. Acquisisce e amministra gl’iscritti che sono, però, in forte calo: -30% in un anno come riportato da Luciano Capone sul Foglio. Gestisce la comunicazione tramite il Blog delle Stelle, su cui Casaleggio scrive di tanto in tanto anche promuovendo le attività della propria azienda — Casaleggio Associati. Sviluppa la piattaforma decisionale, Rousseau, che sfortunatamente è un inutile colabrodo, buono solo a procurare gran mal di testa e pesanti multe per il dilettantismo con cui è realizzata e, diciamo così, manutenuta.

In virtù di questo “appalto”, Rousseau-Casaleggio riceve un mucchio di soldi dalle donazioni e dagli eletti del Movimento 5 Stelle, a spanne 9 milioni di euro a legislatura. Per i regolamenti del partito, con questi soldi dovrebbe sviluppare e mantenere gli strumenti tecnologici. È cosi? Non del tutto. Vediamo perché.

Primo: lo scorso anno Rousseau ha subìto una violazione con perdita di dati, seguita da un provvedimento del Garante. In questi mesi, inclusa una proroga, avrebbe dovuto mettere in sicurezza la piattaforma. Oggi è stata di nuovo violata. Soldi spesi poco e male, evidentemente.

Secondo: Casaleggio ha fatto partire nuove iniziative con la sua associazione privata finanziata dagli eletti e sostenitori del Movimento. Di una ha perfino registrato il marchio ed è ospitata su un sito a parte. Il Movimento non ha mai deliberato nulla in merito.

Terzo: Rousseau e Casaleggio godono della benevolenza e perfino della sponsorizzazione di una truppa di centinaia di parlamentari e migliaia di eletti. Tutti a ripetere il mantra di Rousseau e della democrazia diretta mentre perdono 40.000 iscritti e Casaleggio si occupa d’altro.

Le domande a Casaleggio, ad ogni occasione, dovrebbero essere: 1) cosa ha fatto coi soldi, visto che perde 40.000 iscritti e Rousseau è una ciofeca? 2) Qual è la sua vera agenda? Corollario: le risposte sono nella terza black box, l’Associazione Gianroberto Casaleggio?

Ai responsabili del Movimento andrebbe chiesto: perché continuate a finanziare e sponsorizzare un fornitore così scarso, che vi fa perdere iscritti, non tutela i vostri dati personali e coi vostri soldi si occupa di attività slegate dal partito? L’agenda Casaleggio è la notizia.

Nuova violazione a Rousseau, c’è anche una donazione fantasma

di Nicola Biondo e Marco Canestrari

“Non ho fatto alcuna donazione a Rousseau o al Movimento cinque stelle”.

A parlare è uno dei sette donatori della piattaforma Rousseau i cui dati sono stati divulgati dall’hacker r0gue_0 durante la violazione effettuata tra il 5 e il 6 settembre 2018, qui raccontata da David Puente.

Con questa testimonianza l’intera vicenda si arricchisce di un nuovo capitolo, quello dal risvolto più sorprendente: il donatore a sua insaputa.

I donatori pubblicati da r0gue_0

Il suo nome è finito in rete insieme a quelli di altri sei cittadini italiani: finanziatori, per poche decine di euro, di Rousseau, la piattaforma già finita nel mirino del Garante per la protezione dei dati personali e multata per 32mila euro per le sue carenze in tema di sicurezza informatica.

Il Corriere della Sera ha avuto conferma da due di questi donatori che la lista pubblicata è vera e che quelle donazioni sono state effettivamente operate. Ma un terzo donatore citato nel leak — che abbiamo contattato — nega di essere perfino iscritto.

“Non sono iscritto a Rousseau, né sono mai stato iscritto al Blog di Grillo”.

Eppure nella lista compare la sua mail, oltre che il suo nome e il cognome, com’è possibile?

Non ne ho idea.

Forse qualcuno aveva l’accesso alla sua mail e ha fatto per lei quella donazione?

Nessuno utilizza la mia mail, le assicuro.

Quindi lei nega di aver mai fatto quella donazione a Rousseau?

Sì, assolutamente. Mai fatta.

Ce ne sarebbe abbastanza per chiedere un ulteriore approfondimento su come vengono utilizzati i dati a Via Morone, perché questo episodio ci permette di dedurre alcuni fatti nuovi.

È entrato in vigore il nuovo Regolamento Generale per la protezione dei dati (GDPR), molto più severo della normativa precedente. L’utente coinvolto che abbiamo contattato sostiene di non essere iscritto a nessuno dei servizi informatici gestiti prima da Casaleggio Associati e poi dall’associazione Rousseau, quindi verosimilmente il Garante per la Privacy dovrà indagare sul come e perché questi dati fossero in possesso dell’Associazione di Casaleggio.

La GDPR prevede che si possa chiedere al gestore dei dati quali informazioni possieda su di noi: questa possibilità e le modalità di esercitare tale diritto devono essere chiaramente riportate sul sito interessato, cosa che il sito di Rousseau non fa. C’è solo un generico link “Contatti” che rimanda a un form sul sito del Movimento. Non si capisce nemmeno se i dati siano in carico al Movimento o a Rousseau. Non si capisce se iscrivendosi alla piattaforma di un’associazione privata ci si iscrive anche a un partito politico.

In materia di “data breach”, cioè di perdita dei dati in seguito a violazione, questo episodio dovrebbe rientrare nell’ambito degli articoli 33 e 34 della GDPR, che impongono la comunicazione della violazione al Garante e ai soggetti interessati. Vedremo nelle prossime 72 ore se tale obbligo verrà ottemperato. Sarà interessante soprattutto verificare se e quali protocolli di risposta, test periodici, attività di indagine sono stati predisposti. Non è secondario: uno dei responsabili di Rousseau è il ministro della Giustizia Bonafede.

In ogni caso, le cose per Davide Casaleggio si mettono male: c’è un procedimento aperto dopo la violazione dell’estate 2017 in seguito al quale il Garante Soro, dopo aver preso personalmente in carico la pratica, aveva imposto di raggiungere alcuni obiettivi minimi di sicurezza. Casaleggio aveva chiesto e ottenuto una proroga che scade il 30 settembre, in virtù del periodo elettorale: questa proroga non sembra è stata sfruttata per risolvere i problemi di sicurezza; non del tutto, almeno, perché nel frattempo sono state sviluppate e presentate altre iniziative ospitate dalla piattaforma e/o promosse dall’Associazione Rousseau. Ne troviamo traccia anche nei nuovi dati diffusi: “rsu_academy_proponi_corso” sembra fare riferimento alla nuova “Rousseau Open Academy”.

Tra le altre cose, i tecnici del Garante dovranno verificare che i sistemi siano stati aggiornati e che ogni possibile minaccia alla sicurezza sia stata individuata e disinnescata. Se i problemi che hanno portato a questa nuova violazione sono gli stessi dello scorso anno, si configura una palese violazione e sottovalutazione delle normative in vigore.

Come già spiegato, Casaleggio può godere di un fiume di soldi di provenienza pubblica, ossia gli stipendi dei parlamentari del Movimento 5 Stelle. Per questo privilegio deve ringraziare l’avvocato Luca Lanzalone — adesso agli arresti per la vicenda dello stadio della Roma — che inserì nello statuto del MoVimento l’associazione Rousseau come unico fornitore possibile per le lo sviluppo della piattaforma di democrazia diretta e degli strumenti di comunicazione. Di fatto, il partito ha appaltato a Casaleggio anche il reperimento di nuovi iscritti.

Di questi soldi e di questo tempo, Casaleggio che ne ha fatto? In un anno ha perso il 30% degli iscritti, come ha raccontato Luciano Capone sul Foglio, ha subìto almeno tre violazioni di sicurezza, ha utilizzato le risorse previste per lo sviluppo e la messa in sicurezza della piattaforma per attività diverse, come la Rousseau Open Academy che addirittura è ospitata su un sito diverso da quello del Movimento e della piattaforma.

Queste domande fanno tornare alla mente le inquietanti dichiarazioni di David Borrelli. Contattato sempre da Luciano Capone, fece intendere di sapere qualcosa sulla gestione allegra dei dati e dei fondi dell’Associazione di Casaleggio, cercando di allontanare da sé ogni responsabilità. Poche settimane dopo lasciò il Movimento e l’Associazione Roussseau. Un episodio del tutto singolare, soprattutto per l’inconsueta cortesia a lui riservata dai vertici del primo partito di governo.

Piano piano, si compone il rompicapo degli interessi che ruotano attorno alla macchina costruita dai Casaleggio in dieci anni. Una macchina ormai rodata anche se gestita in modo dilettantistico, per cui episodi come la promessa di relazioni agli sponsor di Casaleggio o le cene private organizzate per finanziare una delle scatole cinesi — l’associazione Gianroberto Casaleggio — non possono essere più considerati tra loro scollegati e casuali.

Davide Casaleggio e il recupero crediti 5s

Abbiamo finalmente capito il ruolo di Davide Casaleggio nel Movimento 5 Stelle: il recupero crediti. Stiamo parlando dei soldi che il regolamento M5s impone agli eletti del partito di versare all’associazione Rousseau, di cui Davide Casaleggio è presidente per gestire l’omonima piattaforma. Gestione non proprio fatta a regola d’arte: Casaleggio è da un anno sotto indagine da parte del Garante per la Privacy, che ha già imposto una multa da 32.000 euro per la violazione della normativa sul trattamento dei dati personali.

Dicevamo, recupero crediti: il Giornale ieri racconta che ai parlamentari arrivano tre solleciti al mese per il versamento dei 300 € ciascuno previsti, sottolineando come, ciononostante, la piattaforma sia “ferma”. Casaleggio, senza citarlo direttamente, ieri replica sul Blog delle Stelle spiegando ai creditori perché devono pagare. Nel farlo, però, ci dà alcune informazioni che sollevano dubbi sulla sua gestione e spiegano perché sia costretto a inseguire i soldi che, evidentemente, gli eletti pentastellati non sono poi così entusiasti di versare nelle casse private dell’associazione dell’Erede.

Giova ricordare che la concessione per gestire i dati e i processi democratici del partito è prevista dallo statuto scritto da Luca Lanzalone — oggi agli arresti domiciliari — , all’art. 1c; il regolamento delle ultime elezioni, invece, prevede — artt. 2q e 6r — che i candidati versino a Rousseau 300 euro al mese destinato al “mantenimento delle piattaforme tecnologiche”. Casaleggio, nel suo articolo, racconta che quei soldi sono usati anche per organizzare “corsi e giornate di approfondimento” e la “Rousseau Open Academy”, un sitarello con alcuni video girati dai parlamentari (con le attrezzature pagate da chi?). Tutte attività che il partito non ha deliberato di finanziare, che anzi vengono presentate sempre a nome dell’associazione privata, la quale ha brevettato i propri marchi.

Junior, dunque, ha in concessione lo sviluppo di una piattaforma informatica e si impegna a farla utilizzare entro il 2018 a un milione di persone; per farlo si fa dare un fiume di denaro — che sollecita regolarmente — ma

  • dopo un anno gli iscritti sono in calo, poco più di 100.000 rispetto ai quasi 150.000 dichiarati negli anni scorsi
  • la piattaforma Rousseau è tecnicamente una ciofeca — è stata più volte violata — e la gestione dei suoi dati è risultata illegale
  • almeno parte dei fondi, invece di essere utilizzati per la messa in sicurezza e lo sviluppo, sono utilizzati per eventi e iniziative esclusive dell’ente privato concessionario
  • l’autodifesa del presidente dell’associazione privata Rousseau arriva dall’organo ufficiale del primo partito di governo, utilizzato come blog personale dal suo gestore — che è sempre Davide Casaleggio

Ci sarebbero ampi margini per la revoca della concessione: in breve, Casaleggio si comporta come il Benetton di Luigi Di Maio.

Un altro fatto è interessante: Davide Casaleggio nel perorare la causa della sua ciofeca digitale la paragona all’automobile, all’iPhone, a Netflix. Il futuro della democrazia spiegata come un prodotto commerciale (parasussidiato dal pubblico, in questo caso). D’altronde, l’Erede viene spesso avvistato a farne una vera e propria promozione in Italia e all’estero; di più: gode di una schiera di testimonial di lusso, una truppa di 330 parlamentari, ministri, viceministri, sottosegretari, qualche migliaio di consiglieri comunali e regionali, che non perdono occasione per sponsorizzare la sua merce e invitano a effettuare donazioni all’associazione Rousseau.

Come da tradizione famigliar-aziendale, infine, gli stipendi li paga qualcun altro: prima Pietro Dettori viene spostato da Casaleggio Associati a Rousseau, con gran beneficio al bilancio dell’azienda; oggi passa da Rousseau al ministero di Di Maio insieme al socio Bugani, che assomma le cariche di consigliere comunale e vicecapo segreteria sempre di Di Maio.

Ci sarà da lavorare molto per districare questa matassa di interessi, incarichi, girandole di soldi e traffico di influenze che stanno governando il paese.

Il Garante non garantisce Rousseau

Il Garante della Privacy Antonello Soro non si fida di Davide Casaleggio. Impone di fornire all’Autorità il codice della piattaforma Rousseau, la dichiarazione di un professionista o una società terza sulla sicurezza delle nuove modifiche e, soprattutto, prende in carico personalmente la pratica.

È questa la sintesi del nuovo provvedimento, datato 16 maggio 2018, che segue quello dello scorso dicembre e riguarda lo stato di avanzamento delle prescrizioni imposte al capo-ombra del MoVimento 5 Stelle.

La vicenda inizia ad agosto dello scorso anno quando la piattaforma Rousseau subisce due violazioni di sicurezza, qui raccontate dall’ottimo David Puente, talmente gravi da mettere in allarme il Garante della Privacy. Viene condotta un’indagine che si conclude con alcune prescrizioni: vanno garantite la sicurezza del voto e la protezione dei dati personali. L’indagine, infatti, aveva fatto emergere una grave insufficienza tecnica e, soprattutto, aveva confermato che i voti espressi sulla piattaforma sono direttamente riconducibili agli iscritti.

Per le violazioni riscontrate, l’Associazione Rousseau è già stata multata per 32.000 euro dal Garante.

Ebbene, il provvedimento di due giorni fa segna anzitutto un cambio di passo. A differenza del precedente, il relatore è personalmente il Presidente dell’Authority Soro. In gergo si chiama “escalation”: ora se ne occupa il massimo livello, segno della gravità del caso e dell’insufficienza delle risposte fornite dall’Associazione Rousseau e da Davide Casaleggio.

Analizziamo nel dettaglio il nuovo provvedimento.

Nella prima parte, si dà notizia di due comunicazioni, una del 20 febbraio da parte di Casaleggio l’altra di una settimana dopo, il 27, da parte di Beppe Grillo.

Nella prima, Casaleggio “ha dato conto delle misure di sicurezza già adottate chiedendo, al contempo, la proroga del termine fissato dal Garante” per implementare un sistema che consenta di tracciare gli accessi e le operazioni effettuate sul database. Insomma, si chiede la certificazione del voto da parte di un ente terzo. Questa prescrizione è richiesta perché il sospetto è che il sistema di e-voting sia consultabile e/o manipolabile da soggetti non autorizzati e/o per motivi diversi dalle finalità previste. Come ho raccontato più volte, Casaleggio ha potenzialmente accesso a tutti i dati degli iscritti, ed è questo che gli conferisce un potere di influenza sul Movimento che il Garante, evidentemente, ritiene di dover limitare. Eppure implementare un sistema di “log” non è tecnicamente così difficile, men che meno richiedere a un ente terzo di certificare le procedure di voto: l’hanno già fatto in passato. Chissà perché si richiede una proroga di addirittura sei mesi.

Grillo, invece, si defila: rimanda tutte le richieste all’Associazione Rousseau e si assume la responsabilità solo per il nuovo Blog, attraverso il quale non vengono raccolti dati personali. In breve: Casaleggio è solo, se la deve sbrigare lui, Grillo non tira fuori un soldo.

Si passa poi ai “profili di criticità” emersi nella comunicazione di Casaleggio del 20 febbraio “rispetto ai quali si rende necessario acquisire ulteriori informazioni e/o documentazione al fine di poter valutare l’effettivo adeguamento alle prescrizioni impartite”. Insomma: Soro non si fida e vuole vedere le carte. In un modo, come vedremo, del tutto inusuale: un ulteriore indizio della serietà della situazione.

Ecco le criticità.

Primo: Casaleggio ha informato delle nuove misure di sicurezza in una comunicazione considerata “temporaneamente soddisfacente”; il Garante però vuole che glielo dica un professionista terzo indipendente, non l’Associazione, e infatti la risposta “deve essere integrata con l’indicazione dell’operatore (società o professionista) che ha condotto l’assessment e dagli esiti di tale attività in forma di report tecnico”.

Secondo: era stato richiesto che gli utenti utilizzassero necessariamente password sicure, più lunghe di otto caratteri e sottoposte a una verifica di complessità. Il Garante ritiene la prescrizione applicata solo parzialmente: al momento vale solo per i nuovi iscritti mentre dovrebbe essere imposta anche a quelli vecchi. Addirittura si spinge a dare un suggerimento imbarazzante per l’Associazione Rousseau, che ci sarebbe dovuta arrivare da sola: “Occorre piuttosto intraprendere una campagna di invito alla modifica della password nei confronti degli interessati già iscritti, prevedendo l’obbligo di attuare tale modifica alla prima sessione di collegamento utile attivata con le credenziali (tuttora) deboli”.

Terzo: si ritiene soddisfatta la prescrizione di applicare un certificato di sicurezza al dominio, un’operazione banalissima; era già incommensurabilmente grave che non fosse stato fatto prima.

Quarto: “al fine di consentire a questa Autorità di verificare la veridicità di quanto dichiarato, si rende necessario acquisire la documentazione relativa al codice di programmazione modificato […] (cd. codice sorgente)” utilizzato per implementeare un sistema più robusto di sicurezza delle password.

Traduco: dite di utilizzare una tecnologia più sicura per salvare le password. Bene, mi fate vedere se l’avete fatto davvero e come?

La frase così formulata da Soro è gravissima. Dice chiarissimamente di non fidarsi di Davide Casaleggio e sembra chiedere addirittura di visionare il codice sorgente della piattaforma per verificare quanto da lui dichiarato. Per intenderci, è l’equivalente di chiedere al proprio partner di vedere le chat di WhatsApp.
La prescrizione è talmente grave che ho chiesto a un mio collega esperto di sicurezza quanto sia frequente: “non c’è una ragione plausibile per cui un ente garante debba chiedere il codice sorgente”. Se l’ha fatto, dunque, la situazione deve essere davvero compromessa.

Quinto: il Garante prende atto che il Blog di Beppe Grillo è stato spostato su un’altra piattaforma, non gestita dall’Associazione Rousseau né da Casaleggio Associati e sulla quale non viene richiesto alcun dato personale. La prescrizione relativa a beppegrillo.it decade.

Casaleggio ha quindi tempo fino al 30 giugno per fornire la documentazione richiesta “che consenta di valutare l’effettivo adempimento delle prescrizioni”; viene accolta la richiesta di prorogare al 30 settembre il termine per l’implementazione di un sistema di certificazione del voto ma viene ricordato che il 25 maggio entra appieno in vigore la GDPR, le nuove norme sul trattamento dei dati che prevedono altissime sanzioni in caso di violazione. Sottinteso: su questo non verrà concessa alcuna deroga, anzi: “i soggetti destinatari del presente provvedimento dovranno pienamente adeguarsi”.

Firmato, come dicevamo, il relatore e Presidente Antonello Soro.

In conclusione, Davide Casaleggio e l’Associazione Rousseau sono sotto stretta sorveglianza del Garante della Privacy, che non si fida più dell’Erede per via dei pregressi e già sanzionati illeciti e per la mancata ottemperanza di molte delle prescrizioni imposte a dicembre.

Che la legislatura abbia inizio con un bel voto su Rousseau!

Due parole su Davide Casaleggio

Di meschini, sciacalli e bugiardi

Foto: Huffingtonpost.it

Ieri, l’Ereditiere Davide Casaleggio ha confermato di aver cacciato di proposito Jacopo Iacoboni dalla convention di Ivrea, dandogli del meschino e ricordando l’ultimo comunicato stampa di suo padre, Gianroberto Casaleggio, che lo chiamava sciacallo e smentiva le ricostruzioni del giornalista. Tenete a mente questo dettaglio, ci torniamo fra un attimo.

Vi racconto intanto un episodio su Davide che mi riguarda.

Siamo nel 2009 e io sono un dipendente di Casaleggio Associati. Ad aprile, un mio parente stretto — già malato — si aggrava. La situazione era tale per cui chiesi a un collega di poterlo sostituire in un viaggio aziendale a Roma, dove vive quel ramo della mia famiglia, per poterlo salutare, cosa che grazie a quel collega potei fare.

Informai, inoltre, tutti i miei capi che entro poco tempo avrei potuto avere bisogno di qualche giorno di ferie, facendo intendere l’imminente possibile funerale. Per qualche motivo che ignoro, la cosa irritò Davide. Il mio caro mancò a metà maggio.

Quel fine settimana chiesi tre giorni di ferie, sempre informando tutti i soci via mail e Davide di persona la domenica, visto che entrambi ci trovavamo a Torino alla fiera del Libro.

Spensi quindi il telefono e andai di nuovo a Roma.

Per scrupolo, la mattina del funerale controllai la posta. In replica alla mia richiesta formale di ferie, mi viene chiesto di tornare a Milano la mattina seguente entro le 10 per improrogabili impegni. Rispondo che l’unico modo sarebbe stato, per motivi organizzativi, lasciare la cerimonia funebre. Cosa che feci.

Davide mi rispose quindi privatamente ammettendo che il problema non era lavorativo, ma che non avevo risposto a una sua telefonata che mi fece mentre mi trovavo nella camera mortuaria. Del resto, quale momento più opportuno per telefonare a un proprio dipendente, se non quando sai che sta piangendo un parente defunto.

Tornato al lavoro, infatti, non ebbi consegne al di fuori della routine per 10 giorni. Non c’era nessuna urgenza.

Questo è il modo in cui capitava venissero trattati i dipendenti di Davide, che lo sappiano coloro che pensano di fare accordi con queste persone. Se non sbaglio c’è una parola precisa per definire questo genere di atteggiamento da parte delle aziende nei confronti dei loro dipendenti.

Ma non è tutto.

Tornato in ufficio Davide insinuò che non avessi mai avuto alcun parente malato o morto. A quel punto mi recai nello studio di Gianroberto — col quale avevo un ottimo rapporto e che era il presidente dell’azienda— e gli raccontai tutta la vicenda dall’inizio alla fine, pretendendo le scuse di suo figlio, che era anche suo socio.

Mi disse: “Ti chiedo io scusa per lui e per conto dell’azienda. Davide fatica a nascondere la gelosia nei confronti delle persone con cui vado d’accordo. Ti assicuro che gli farò pesare tutto il mio disagio per quanto accaduto e, di nuovo, ti chiedo scusa”.

Mi è tornato in mente questo episodio proprio a causa della citazione di quel suo ultimo comunicato. Gianroberto smentiva con forza, dandogli addirittura dello sciacallo, la ricostruzione di Iacoboni secondo cui Davide avrebbe assunto il controllo delle attività relative al Movimento di lì a breve.

È da notare che non si trova una sola dichiarazione di Gianroberto Casaleggio sul figlio. Nessuno, o quasi, sapeva in quel momento chi fosse. La notizia era quindi clamorosa, se confermata, come poi si è incaricata di fare la Storia.

Tutti coloro che andavano d’accordo con Gianroberto, in un modo o nell’altro sono stati allontanati. Io me ne andai a un anno da quell’episodio (continuando però a lavorare con Gianroberto, sentendolo settimanalmente). Così fece il mio collega David. Lo stesso è capitato a Matteo Ponzano, Nicola Biondo e Filippo Pittarello.

Eppure, mai Gianroberto aveva parlato di suo figlio in relazione al M5S. Mai aveva fatto sapere di voler fondare l’associazione Rousseau, costituita mentre Roberto è sul letto di morte a poche ore dal suo trapasso, consentendo a Davide, aiutato dai suoi avvocati, di diventarne il dominus.

Lui, un figlio di cui Gianroberto era costretto a scusarsi coi propri dipendenti, che raramente il padre presentava ai suoi uomini di fiducia, che quasi nessuno, prima di quel momento, conosceva tra i parlamentari M5S. L’unico riferimento pubblico a questo suo figlio è quel comunicato di smentita di Iacoboni. L’ultima cosa che Gianroberto ha voluto fare nella sua vita, dalla clinica in cui si era fatto registrare come Gianni Isolato, è negare con forza di voler lasciare la sua creatura politica, frutto del lavoro di vent’anni, a suo figlio, che invece riuscirà a ereditarla con un atto notarile per soli trecento euro.

Proprio il comportamento coerente che ci si aspetta da una persona lucida nelle sue ultime ore di vita. Quello che tutti noi penseremmo di fare se fossimo consapevoli di aver poco tempo prima del commiato da questa Terra: un atto notarile e un comunicato stampa per negarlo.

Se fossi Iacoboni, andrei fiero di essere chiamato meschino da un soggetto come Davide Casaleggio.