Il conflitto di interessi di Davide Casaleggio

Gentili Direttori,

per oltre vent’anni si è parlato del conflitto di interessi di Berlusconi e dei suoi effetti sulle istituzioni e sulla democrazia. Oggi il primo partito italiano, secondo i sondaggi, è il MoVimento 5 Stelle. Davide Casaleggio si comporta come Silvio Berlusconi? Il Movimento Cinque Stelle è, come Forza Italia, il braccio politico de facto di un azienda?

Se la TV ha garantito la nascita e l’espansione del fenomeno Berlusconi, vent’anni dopo è la manipolazione della Rete che consente, a costi molto inferiori, di orientare l’opinione pubblica.

Il Blog delle Stelle, organo ufficiale del MoVimento, pubblica il 13 novembre 2017 a nome del partito un’intervista al Corriere della Sera di Davide Casaleggio, che parla di una ricerca condotta dalla sua azienda Casaleggio Associati.

Davide Casaleggio è anche presidente dell’Associazione Rousseau, che gestisce il medesimo Blog delle Stelle oltre alla piattaforma Rousseau, usata dal M5s per selezionare i propri candidati e scrivere il proprio programma.

Si concretizza così il conflitto di interessi di Casaleggio, che abbiamo denunciato in Supernova.

Il post, come detto, è firmato MoVimento 5 Stelle: oltre al fatto che venga utilizzato un organo di partito per fare pubblicità a un’azienda privata, sono anche stati usati soldi pubblici per farlo? È l’ufficio stampa del MoVimento che se ne è occupato?

Casaleggio sovrintende alla vita del primo partito del Paese, ne sfrutta l’immagine e, forse, le risorse allo scopo di promuovere se stesso e la sua azienda. A che titolo?

È come se l’ufficio stampa di Forza Italia diffondesse un’intervista di Confalonieri su Mediaset, o se quello del Partito Democratico facesse un comunicato sull’attività delle aziende di Tiziano Renzi.

La realtà dei fatti, peraltro, smentisce l’erede di Gianroberto quando sostiene di essere un semplice attivista che gratuitamente mette a disposizione del MoVimento il suo tempo libero. È una balla: non è un semplice attivista perché detiene gli strumenti di amministrazione e comunicazione del partito e perché, evidentemente, il partito — almeno in questo caso — ricambia facendo pubblicità a lui e alla sua azienda.

È ammissibile questa bugia? Cosa nasconde e cosa rivela? È tollerabile questo conflitto di interessi? C’entra qualcosa, ad esempio, il fatto che pochi giorni fa era stato organizzato dal MoVimento 5 Stelle al Parlamento Europeo un convegno proprio sullo stesso tema trattato dallo studio di Casaleggio Associati, di cui ha parlato il Blog in un post firmato David Borrelli?

Se il nuovo partito-azienda conquistasse Palazzo Chigi, chi ci garantisce che la sua rete di rapporti non sarà messa a disposizione del capo e della srl?

Immaginatevi la scena.

“Vendo protesi ortopediche, ho bisogno di una strategia sulla Rete per la mia azienda”.

“Certo, le interessa anche avere rapporti con il Ministero della Sanità, con il presidente della commissione? Io posso fornirle questo servizio, il mio concorrente no.

Gentili Direttori, comunque la pensiate su Silvio Berlusconi e sui suoi conflitti di interessi, questa notizia non può non essere considerata di rilevanza pubblica. Se si accetta — o peggio non si discute — il palese conflitto di interessi del primo partito di opposizione e del suo dominus, il MoVimento 5 Stelle e Davide Casaleggio, allora si deve necessariamente accettare anche quello di Berlusconi.

Qual è la vostra opinione? Dopo vent’anni abbiamo davvero accettato che un partito allergico al giornalismo possa insultare alcuni cronisti lo stesso giorno in cui utilizza la stampa — in questo caso una testata importante come il Corriere — per il vantaggio di interessi privati e particolari? Abbiamo davvero accettato che singoli individui possano esercitare un controllo di fatto sul primo partito del Paese senza efficaci contrappesi democratici, in questo caso addirittura perché il suo ruolo non è nemmeno ufficialmente definito né definibile?

Grazie dell’attenzione e del vostro tempo.

Marco Canestrari e Nicola Biondo

OccupyBeppe

Lettera a un leader traditore

OccupyPalco nel 2014

Siamo nel 2014, l’anno della bruciante sconfitta del MoVimento 5 Stelle alle elezioni europee. A ottobre viene organizzata la manifestazione “Italia 5 Stelle”, la festa del partito, e accade l’inverosimile. La bestemmia in chiesa. Un gruppo di attivisti sale sul palco, espone uno striscione che recita “OccupyPalco” e snocciola una serie di domande ai dirigenti del partito, dai vertici Grillo e Casaleggio ai parlamentari.

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In Supernova — Com’è stato ucciso il MoVimento 5 Stelle, abbiamo raccontato come nasce quella protesta e come, da lì, iniziò uno dei periodi più cupi della storia del M5s, le cui conseguenze, come vedremo, arrivano fino ai giorni nostri. Leggi tutta la storia su Supernova — Com’è stato ucciso il MoVimento 5 Stelle, disponibile su Amazon, Google Play, iBooks, IBS, e Kobo.

È notizia di questi giorni il fatto che ad alcuni ex attivisti esplulsi viene proposto, per ritirare le cause che spaventano Beppe Grillo, il reintegro e la possibilità di candidarsi nel MoVimento. Uno degli organizzatori di OccupyPalco scrive oggi una lettera aperta a Beppe Grillo, che qui pubblichiamo.


Caro Beppe, forse non ti ricorderai di me anche se ci siamo visti molte volte, quando venivi a Roma ero spesso uno dei tuoi “angeli custodi”: sono un attivista come tanti, o forse dovrei dire ero un’attivista.

Leggo dai giornali che stai offrendo ad alcuni (ex) attivisti di Napoli espulsi dal MoVimento il reintegro e la candidatura (o la candidabilità) se rinunceranno alle cause contro di te.

Il 20 ottobre del 2014 con un PS mi hai cacciato insieme a 3 compagni (Orazio Ciccozzi, Daniele Lombardi e Pierfrancesco Rosselli) dalla comunità di persone con cui ogni giorno lottavamo spalla a spalla per portare trasparenza, onestà e le stelle a noi tanto care. Il motivo? Avevamo fatto troppe domande!

Forse non ti ricorderai di noi, forse non hai nemmeno capito le conseguenze di un gesto per te così banale, così normale, poi diventato anche così frequente, come l’espulsione.

Vorrei provare a descriverti cosa succede ad una persona che ha subìto il tuo tanto usato e abusato provvedimento.

Da un momento all’altro le persone che erano quasi la tua famiglia, quelle con cui condividevi tutto, iniziano a guardarti male: quando entri in una stanza qualcuno sussurra alle tue spalle, iniziano le maledicenze, le piccole calunnie, vieni estromesso dai progetti a cui partecipi, da quelli che tu stesso hai avviato. Sui tuoi profili social iniziano a comparire i bastonatori, i troll, quelli che sono così stupidi da non capire che stanno “guadagnando punti” sulle spalle della vita di altre persone o quelli a cui non frega niente, semplicemente.

Chi viene espulso dal MoVimento nel giro di 3 o 4 settimane è costretto a cambiare il 95% delle sue amicizie: nessuno ti parla più pubblicamente — il rischio di contagio è altissimo — e in molti vivono nel terrore di perdere tutto; non tanto uno strapuntino (quello è un appetito più dei nuovi arrivi, che hanno visto come funziona e in gran parte arrivano preparati con l’anima già mezza venduta) quanto proprio perdere il rispetto delle persone con cui si condivide la quotidianità.

Il MoVimento per anni è stato come una famiglia per tanti attivisti: si passavano giorni e sere a mettere insieme energie e competenze, a volte misere a volte più importanti ma con obiettivi chiari, semplici, in cui non c’era un pensiero al posto in regione o al seggio in Parlamento ma solo come far arrivare alle persone il messaggio che il mondo stava cambiando, che tramite la rete, se usata bene, si potevano fare cose impensabili per dei normalmente isolati cittadini.

Tu e Gianroberto però non volevate che la rete fosse utilizzata liberamente, non l’avete usata in modo aperto, avete cercato di cavalcare il drago, magnificandone la bellezza e il diritto alla sua libertà all’esterno ma incatenando la creatura che avevate risvegliato opponendovi ogni tentativo di sperimentare sistemi di democrazia partecipata avete risposto serrando sempre più le fila, avete iniziato ad andare contro ad ogni singolo articolo del Non Statuto, pur di non permettere che il fulcro del messaggio con cui avevate chiamato alle armi migliaia di attivisti prima e milioni di votanti dopo venisse realizzato.

Così progetti evoluti e condivisi, open source come Liquid Feedback, Airesis e Parelon sono stati gettati in cantina per far posto a Rousseau.

Le piattaforme del Movimento 5 Stelle, caro Beppe, le riconosci subito: database bloccato che diventa proprietà di chi lo gestisce, controllo centrale totale e soprattutto funzionalità ridotte al minimo per non essere pienamente utilizzabile dalla massa.

Poi stasera sento Di Maio in televisione da Fazio che parla di difesa dei più deboli come linea guida nello spirito del MoVimento, e non posso non chiedermi dov’era lui, dove erano tutti i parlamentari del M5S mentre uno dietro l’altro venivano traditi tutti i valori fondanti del Movimento, mentre le regole venivano piegate e plasmate a seconda dell’esigenza di pochi, in stanze chiuse e ben lontano da quel popolo della rete di cui si professa il primato e l’appartenenza?

Che significato diamo alle parole se possiamo permetterci per inseguire l’elettorato dire tutto e il contrario di tutto?

E allora cerco di soffermarmi sul significato di questa tua apparente apertura, Beppe: annulli le espulsioni, stendi la tua potente mano e lavi via le colpe da quei poveri peccatori (a tuo dire, un tempo) che possono ricongiungersi al gregge e accettare le offerte di benevolenza che tu elargisci.

Io non cerco rivalsa, non ho mai avuto bisogno né di denaro in eccesso né di un posto al sole, quando sono salito su quel palco per occuparlo per 10 minuti dopo anni di sacrifici e impegno l’ho fatto per amore del Movimento, perché non volevo che diventasse un tempio in cui fare mercimonio, uno specchietto per le allodole per attirare qualche milione di persone a pensare di star facendo la rivoluzione.

Noi di Occupypalco c’eravamo goliardicamente chiamati così proprio per sottolineare la frenesia con cui si trasferiva la centralità di ciò che conta dalla rete al palco, da attivisti ad arrivisti in un periodo brevissimo.

Non siamo mai andati in televisione e non abbiamo rilasciato interviste, perché stavamo mandando un messaggio a tutti gli attivisti che ancora credevano nel progetto originale, che ancora pensavamo di poter coinvolgere in un processo di dialogo e presa di coscienza.

Non avevamo fatto i conti con la mutazione profonda che, metodi così repressivi della libertà di pensiero e di espressione avevano scatenato nel gruppo ormai diventato branco.

Credo dovrebbe essere chiaro a tutti che se hai fatto la rivoluzione il tuo modo di pensare deve per forza cambiare rispetto a prima.

“Ad ognuno il suo mondo, ad ognuno il suo mondo, ad ognuno il suo mondo…” continuava a ripetere stasera Di Maio a Fazio, riferendosi a quello del Giornalismo per Fabio, e a quello della “Politica” per se stesso, o forse del “Potere”??

Io non ce l’ho con te, Beppe, o con Di Maio o con qualsiasi altro abbia avuto un ruolo in questa mutazione, siamo esseri umani e sbagliamo, ma sinceramente non posso accettare l’idea che a te non venga in mente nient’altro per espiare i tuoi errori che una proposta passata tramite avvocati di utilizzare le candidature come risarcimento alle vittime dei tuoi errori e delle tue leggerezze, quando tu non hai nessun diritto di togliere o offrire alcun che.

In te non riesco a percepire nessun grado di rincrescimento per ciò che hai fatto, per come hai guidato malamente il movimento verso un vortice implosivo che lo ha trasformato in quello che non posso che definire come un incubo oscurantista per il libero pensiero e la partecipazione.

Mi rendo conto che vorrei dirti troppe cose e vorrei davvero che le ascoltassi ma non c’è stata in te traccia di ascolto sinora, sei sempre andato dritto come un treno, giocando a tuo piacimento con la legge e con le regole, confondendo associazioni e travasando dati come tutto fosse tuo e tutto ti fosse dovuto.

Ti invito quindi a confrontarti pubblicamente con me, con Pizzarotti, con Roberto Motta, con tutti i cittadini che hai espulso, per ascoltare, confrontarsi, crescere insieme.

Sei stato comunque un padre per noi, la nobiltà l’hai persa troppo presto, ma se si vuole si può sempre recuperare. Ti prego seriamente di pensarci, di invitare i parlamentari uscenti a non ricandidarsi, a rendersi disponibili tutt’al più a fare da assistenti a persone selezionate in modo diverso che non una votazione dall’oggi al domani sui sistemi controllati dal tuo partner commerciale in modo che venga premiato chi è stato più aderente al pensiero unico e non chi si è dato da fare per far si che questo pensiero evolvesse.

Affrontiamo insieme in rete i nodi da risolvere: queste associazioni fittizie, la figura giuridica del MoVimento, i sistemi di consultazione (Open Source), di voto, la creazione di una scuola politica in rete del M5S. Io credo che siamo sempre in tempo a cambiare, sia come esseri umani che come sistema, dobbiamo solo mettere da parte un po’ del nostro Ego per lavorare davvero mettendo il Tutti Noi davanti.

Che faccio allora Beppe? Aspetto una tua chiamata pubblica ad una tavola rotonda o se la attesa si protrarrà ti farò chiamare io…

Giorgio Filosto

Ci vuole coraggio

Si è detto spesso che nel MoVimento si può trovare tutto e il contrario di tutto. Persone con una storia di sinistra, ex comunisti, ex fascisti, figli di ex fascisti. Si possono trovare i toni concilianti di Morra, quelli offensivi e misogini di Giarrusso, quelli spacconi — quindi, in definitiva, pavidi — di Di Maio, quelli barricaderi di Di Battista, che però si mette in giacca e cravatta al cospetto dei funzionari del partito di Putin.

Qual è il collante? Cosa permette a questi toni, visioni del mondo, obiettivi così diversi di sopportarsi, nonostante tutto? Com’è stato possibile farli incontrare e farli convivere finora?

Non c’è una sola risposta: più fattori contribuiscono a quest’amalgama indefinito e indefinibile, che ne costituisce addirittura un punto di forza e si possono riassumere in:

  1. Semplificazione: era il pallino di Gianroberto Casaleggio, che ammirava in Grillo soprattutto la capacità di leggere un contesto o un problema, elaborarlo e comunicarlo “in maniera semplice”. Così il MoVimento, invece di cercare un interlocutore, cerca sempre un nemico da combattere (i corrotti, il PD, i giornalisti…). Invece di elaborare soluzioni complesse, sceglie quelle semplici (“fuori dall’Euro”, “tagliamo gli stipendi ai politici”, “soldi a tutti col reddito di cittadinanza”). Messaggi semplici, sono evidentemente più facili da veicolare e da comunicare, ma la conseguenza diretta è la formazione di una classe dirigente pavida, come vedremo al secondo punto.
  2. La paura, di conseguenza: se il messaggio è semplice, ed è semplice veicolarlo e attirare attivisti e voti, allora è necessariamente altrettanto semplice commettere un errore. Basta una piccola incongruenza nella narrazione, una veloce contraddizione, e tutto crolla. Servono quindi concetti semplici, ma spuntati, mai netti, sempre doppi. No all’abusivismo, ma c’è quello di necessità. No all’evasione, ma capiamo gli imprenditori che non riescono a pagare gli stipendi. No alla mafia, ma bisogna capirla perchè “aveva una sua etica, poi è stata corrotta dalla finanza”. Fuori dall’euro, ma a Cernobbio ci andiamo.
    Politici che pretendono di avere soluzioni e argomentazioni semplici sono fondamentalmente pavidi: hanno paura di perdere voti e consenso, hanno paura di perdere il loro status; e, in alcuni casi, hanno paura e basta. Ricordo che, una decina di anni fa, Gianroberto dovette ritardare la pubblicazione di un post sul blog di Beppe Grillo che parlava di mafia. “C’è una sola cosa di cui Beppe ha davvero paura: la mafia”. Quel post venne poi pubblicato, ma è nota la timidezza di Grillo quando si reca in Sicilia.
  3. L’illusione: se sei scollegato dalla complessità del reale, perché la realtà ti fa paura, per disegnare una visione, un progetto, l’unico modo che hai è vendere illusioni. Il MoVimento, di illusioni, ne vende a tonnellate. Agli elettori, illudendoli, per esempio, di poter dare uno stipendio a tutti senza che nessuno lavori. Ai propri attivisti, illudendoli che chiunque possa diventare qualcuno senza alcuna competenza (disse Grillo in un comizio: “anche la casalinga di Voghera può fare il ministro delle finanze”). Ai propri eletti, illudendoli che sì: possiamo vincere. E così, anche se punti tutto sulle regionali siciliane, e le perdi, devi comunque dire “va bene così, siamo soddisfatti, da qui possiamo arrivare a Palazzo Chigi”.

L’illusione, in quest’ultimo caso, forse non è il poterci arrivare davvero: a Palazzo Chighi i Cinque Stelle possono anche arrivarci. L’illusione è non doversi, un minuto dopo, scontrare con la realtà evitata per anni.

Perdi e fuggi

Perché Di Maio rifiuta sempre i confronti

Foto da Today.it

Luigi Di Maio ha deciso di annullare il confronto TV con Renzi chiesto prima delle elezioni regionali siciliane, sostenendo che il segretario del PD “non è più un interlocutore” avendo perso la tornata elettorale.

Non ci sono dubbi sul fatto che la mossa fosse studiata e finalizzata a scopi di comunicazione — come spiega bene David Puente — ma il motivo dell’annullamento non è quello che è stato dichiarato. Si sapeva che il PD non avrebbe vinto in Sicilia, quindi le opzioni erano la vittoria di Cancelleri o la sua sconfitta. Nel primo caso, Di Maio avrebbe avuto il vantaggio del vincitore nel confronto, se mai avesse mantenuto la parola data; adesso può dire, pur avendo perso, di aver comunque fatto (molto) meglio di Renzi e non considerare più utile un confronto con lui.

Il motivo della fuga di Di Maio, quindi, non è la sconfitta di Renzi ma la propria, che rappresenterà presto un problema, come abbiamo già spiegato.

La tecnica di comunicazione la conosco bene: quando lavoravo in Casaleggio Associati e Di Pietro era cliente dell’azienda, capitava di perdere qualche elezione. Ricorda Puente, che era il mio collega che si occupava più degli altri di Italia dei Valori, che in momenti di “crisi” Gianroberto Casaleggio studiava una strategia per veicolare in ogni caso messaggi positivi. Casaleggio, infatti, considerava la comunicazione l’unico fine delle posizioni politiche che dovevano essere assunte: ricordiamo, ad esempio, il caso dell’abolizione del reato di clandestinità.

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In Supernova — Com’è stato ucciso il MoVimento 5 Stelle raccontiamo l’episodio: nel giro di poche ore il Blog di Grillo pubblica ben tre post in cui sostiene, di fatto, che la politica del MoVimento non deve essere finalizzata all’affrontare e risolvere problemi ma in relazione all’efficacia comunicativa ed elettorale. Supernova è disponibile su Amazon, Google Play, iBooks, IBS, e Kobo.

Così, si può puntare tutto sulla vittoria in Sicilia dicendo che da questa dipendano le sorti del voto nazionale, ma quando si perde si può comunque raccontare di aver aumentato i voti. Una “narrazione”, come si usa dire oggi, che è dunque sempre falsa per definizione.

Alla lunga, però, soprattutto se il MoVimento dovesse vincere le elezioni, questa tecnica o non non funzionerà più o si rivelerà un boomerang. Distorcere sistematicamente la realtà a proprio vantaggio comporta delle controindicazioni, la più deleteria delle quali è la perdita di credibilità.

Un atteggiamento simile a quello avuto col segretario del Partito Democratico, infatti, non si applica a una vertenza sindacale o una trattativa intergovernativa: nel mondo reale delle relazioni politiche e diplomatiche le monete di scambio che hanno più valore sono la credibilità e l’affidabilità, senza le quali non si possono ottenere risultati.

Di Maio, con questo episodio, ha dimostrato di non voler essere riconosciuto come credibile e affidabile ma — anche grazie alla complicità di Renzi che è caduto nella trappola — cinico e furbo. Qualità che aiutano a raccogliere voti e compilare rendiconti eccentrici dei propri rimborsi spese, ma non a costruire l’immagine di un capo di governo credibile.


Io e Nicola Biondo abbiamo scritto come nasce, cresce e muta il MoVimento 5 Stelle in Supernova — Com’è stato ucciso il MoVimento 5 Stelle. Eravamo presenti, dal 2007 al 2014 lì dove le cose succedevano, dlla creazione all’arrivo in Parlamento del M5S: in questo libroraccontiamo la storia di come il sogno di Gianroberto Casaleggio sia diventato un pericoloso inganno.

Supernova è disponibile su Amazon, Google Play, iBooks, IBS, e Kobo.

Lo Staff

Lo staff, oggi, è uno dei tanti termini che l’avvento del MoVimento ha imposto nella cronaca politica. Apparire nuovo ha le sue liturgie, i suoi costi e precise regole.

“Staff” rimanda a un’idea di costruzione e sicurezza di un evento, cancella l’idea di una direzione, di una centralizzazione, di una guida.

“Staff” spersonalizza una questione, la rende neutra, priva di passione, una problema da risolvere per passare al prossimo.

Il Blog avrà successo perché ha dietro uno “staff”, anche se la narrazione vorrebbe far credere che fosse bastata una buona idea e un po’ del tempo libero di Grillo regalati ai lettori.

Se la democrazia diretta è il fine, uno staff lavora per quell’obiettivo, cancellando d’un colpo quei termini grigi e polverosi del secolo scorso — segreteria, presidenza, comitati ecc. — che rimandano ai partiti e alle loro strutture. Ma lo fa da una posizione esterna, disinteressata, non ha responsabilità — quindi non ha colpe — è solo parte dell’ingranaggio, sostituibile come tutti. I membri dello “staff” sono in qualche modo tutelati. Una costruzione a suo modo geniale, che permette oggi a Luigi Di Maio di dire di Davide Casaleggio che “è solo il tecnico che ci aiuta con la piattaforma Rousseau”.

Grillo — non ancora auto nominatosi capo politico — era il megafono, il garante, e Gianroberto Casaleggio non stava “dietro, ma al suo fianco”, come avrebbe detto al Corriere della Sera, e non c’era nessun corpo intermedio tra i due e gli attivisti. Tranne, appunto, lo staff.

Lo staff però ha un datore di lavoro, appartiene a un’azienda, non al Blog o, successivamente, al MoVimento ma alla Casaleggio Associati srl.

Qualsiasi azione dello staff dipende dall’azienda.

Tutti ormai sanno chi fa parte dello staff, ma l’anonimizzazione è un tratto distintivo, serve a spersonalizzare e tracciare un confine chiaro seppur non visibile tra chi prende le decisioni o partecipa a esse e chi obbedisce. Niente male per chi vuole creare una comunità.

Lo staff è composto dal nucleo dirigente della Casaleggio, tutti i soci e alcuni tra i dipendenti più fidati. In via Morone, a Milano, si verificano tutti gli strani incroci che solo le grandi storie sanno mettere in scena: amore e odio, luce e oscurità, creazione e morte, business e attivismo. Via Morone è creazione e cieca obbedienza, è il posto in cui è successo tutto, è sala parto e luogo del delitto, è incubatrice e tomba. È qui che Gianroberto Casaleggio ha scritto: “Ogni eletto risponderà al Programma M5S e alla propria coscienza, non a organi direttivi.”

E, per ironia della sorte, proprio lo staff propaganderà le sue parole.

I destini incrociati di Cancelleri e Di Maio

Perché le elezioni siciliane sono più importanti di quel che sembri

Giancarlo Cancelleri

Il più grande problema del MoVimento 5 Stelle è la sua dipendenza dai leader. Gianroberto Casaleggio chiamava “capopanza” i leader locali e li considerava un pericolo: voleva infatti un partito “leaderless”, senza correnti né capicorrente perché temeva che la costruzione del potere e dell’influenza dei singoli potesse prevalere sugli obiettivi comuni e sui programmi e perché, soprattutto, voleva che i voti “appartenessero” al brand e non alle persone.

In Supernova abbiamo raccontato perché Casaleggio non volesse leadership nel MoVimento. Leggi tutta la storia su Supernova — Com’è stato ucciso il MoVimento 5 Stelle, disponibile su Amazon, Google Play, iBooks, IBS, e Kobo.

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La missione è, finora, indubbiamente fallita: ovunque ci siano state espulsioni o defezioni spontanee importanti, il MoVimento si è disgregato nel volgere di una sola elezione.

In Emilia Romagna, dove Giovanni Favia aveva guidato l’ingresso del M5s a Bologna e in Regione, nel capoluogo commissariato da Bugani il partito si è fermato al 16,6%.

A Parma, dopo l’addio di Pizzarotti, è crollato sotto il 3%.

A Palermo, dove MeetUp e MoVimento facevano riferimento al deputato ed ex candidato sindaco Riccardo Nuti, finito in disgrazia e sospeso per la brutta vicenda delle firme “false”, nulla hanno potuto i “ragazzi meravigliosi” contro il Sindaco a Vita Leoluca Orlando.

La causa è una sola: la regola dei due mandati che impone al massimo due candidature per ciascuno. Sia a livello locale che nazionale si crea una dinamica per cui gli attivisti tendono a concentrare energie e risorse a costruire la vittoria del candidato più promettente, limitando la dialettica politica al periodo che precede la sua prima elezione. Il candidato alla carica più importante diventa il capo del gruppo eletto all’opposizione e il candidato naturale alla tornata elettorale seguente, l’ultima a sua disposizione e quella in cui tutti gli attivisti impiegheranno le migliori energie.

Finora, dove il candidato ha vinto e governa il MoVimento regge. Dove il leader locale perde l’ultima elezione utile, il MoVimento sparisce.

Le elezioni in Sicilia hanno quindi un significato importantissimo in ottica nazionale perché i due leader, Giancarlo Cancelleri e Luigi Di Maio, sono nella stessa condizione: entrambi alla seconda candidatura, entrambi capi delle rispettive correnti, entrambi alle prese con le elezioni più importanti del MoVimento. Di Maio, infatti, si sta spendendo come mai prima per vincere le elezioni sull’isola: sa che il suo destino è legato a doppio filo a quello di Giancarlo e che entrambi si giocano il tutto per tutto.


Io e Nicola Biondo abbiamo scritto come nasce, cresce e muta il MoVimento 5 Stelle in Supernova — Com’è stato ucciso il MoVimento 5 Stelle. Eravamo stretti collaboratori di Gianroberto Casaleggio; eravamo, dal 2007 al 2014, lì dove le cose succedevano: nello studio di Milano, dove il M5S è nato, e nell’ufficio Comunicazione della Camera. In questo libro raccontiamo la storia di come il sogno di Gianroberto Casaleggio sia diventato un pericoloso inganno.

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Hanno annegato gli Ápoti

Dall’attivismo ai fan da sottopalco: via chi “non se la beve”

Alessandro Di Battista (foto da IlGiornale.it)

Ápoti è un termine coniato da Giuseppe Prezzolini quasi un secolo fa per definire “coloro che non se la bevono”: appare per la prima volta in una lettera di critica alla politica del tempo, pubblicata sulla rivista “La Rivoluzione liberale” e, nel corso del secolo scorso, fu poi ripreso anche da Leo Longanesi e Indro Montanelli.

Anche Gianroberto Casaleggio amava definirsi un ápota e il suo MoVimento avrebbe dovuto essere la declinazione politica di quella Società degli Ápoti auspicata da Prezzolini.

Qual è lo stato dell’arte? Drammatico.

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Ho letto di recente una recensione a Supernova — Com’è stato ucciso il MoVimento 5 Stelle — disponibile su Amazon, Google Play, iBooks, IBS, e Kobo — scritta da un attivista, Marco Valerio Principato, che anzitutto ringrazio per aver avuto la curiosità di leggere il nostro lavoro.

La recensione la trovate qui e non è positiva, dunque è ancora più interessante da leggere tanto più che, a parte uno schizzetto di fango iniziale, non è gravida di insulti e ingiurie ma ricca di commenti su quanto raccontiamo.

Il profilo del supporter del MoVimento di oggi che ne esce è quello di una persona disposta a sopportare le balle della propaganda del MoVimento riconoscendole come tali e considerandole, in alcuni casi, necessarie.

Il MoVimento che diventa partito è un fatto “naturale”, anzi doveroso per competere con gli altri, “cialtroni e sciacalli”. E allora perché i vertici non lo dichiarano apertamente?

Che Grillo sia solo un megafono è “ovvio”. Eppure dell’esistenza di Gianroberto Casaleggio quale cofondatore ed estensore delle regole del M5S si è saputo solo nel 2012, tre anni dopo la nascita del partito e cinque dopo il V-Day di Bologna, con una lettera alla stampa “morta” (il Corriere della Sera).

Perfino le trame romane contro Grillo non sorprendono Principato: “inizia ad avere una certa età”.

Nella recensione, l’attivista giustifica ogni cosa ma nulla dice riguardo al come ci si è arrivati, che in realtà è il cuore di Supernova.

Sono tutte opinioni legittime ma desolanti, soprattutto alla luce di quanto aveva immaginato Gianroberto. Il MoVimento doveva essere il braccio istituzionale dei MeetUp, che avrebbero “controllato” gli eletti e i loro comportamenti. Purtroppo, pare che la costante e paziente selezione degli attivisti da parte dei vertici — più o meno ufficiali — del M5S abbia allontanato quelli più critici, additati spesso come traditori e opportunisti, e premiato i fan da sottopalco, mobilitati all’occorrenza, come in questi giorni.


Io e Nicola Biondo abbiamo scritto come nasce, cresce e muta il MoVimento 5 Stelle in Supernova — Com’è stato ucciso il MoVimento 5 Stelle. Eravamo stretti collaboratori di Gianroberto Casaleggio; eravamo, dal 2007 al 2014, lì dove le cose succedevano: nello studio di Milano, dove il M5S è nato, e nell’ufficio Comunicazione della Camera. In questo libro raccontiamo la storia di come il sogno di Gianroberto Casaleggio sia diventato un pericoloso inganno.

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Conflitto di interessi 2.0

Tanta è la confusione ai vertici del MoVimento.

Ieri a Napoli sono stati ascoltati come testimoni Alessandro Di Battista e Davide Casaleggio, in un processo contro l’ex attivista del MoVimento 5 Stelle Angelo Ferillo. Le cronache sottolineano le incongruenze tra le loro dichiarazioni: discordano le versioni sull’esistenza o meno, tra il 2014 e il 2015, di un organo di appello su espulsioni ed esclusioni dalle candidature. È certamente importante: uno tra loro mente o non sa come funziona il partito che gestisce.

C’è dell’altro, però: Davide Casaleggio ha confermato la natura commerciale del Blog di Grillo e il fatto che la piattaforma di voto è stata gestita prima dalla sua azienda, Casaleggio Associati (“per spirito di servizio”), poi dalla sua Associazione Rousseau, la quale — vale la pena di ricordare — l’anno scorso assunse proprio dalla srl Pietro Dettori.

Casaleggio, nel goffo tentativo di fare chiarezza sul proprio ruolo, quello della sua azienda e del funzionamento del partito, non fa che confermare l’ambiguità che caratterizza l’architettura del MoVimento 5 stelle.

Il problema non sono i profitti: né Casaleggio Associati né altri si sono arricchiti grazie alla gestione del partito. Il problema è cosa guida le politiche del MoVimento.

Non basta cambiare la testata degli articoli del Blog di Grillo, chiamandolo Blog delle Stelle: oltre alle parole di Casaleggio ci sono i credits all’azienda nella homepage, in cui resta la denominazione “Blog di Beppe Grillo”, a ricordarci che si tratta ancora di un’iniziativa commerciale. Anche se stando ai bilanci va male, resta il fatto che quel sito è il posto più noto, e ambito, dove gli eletti possono pubblicare i loro articoli e video, rendersi riconoscibili e garantirsi una base elettorale, interna ed esterna al partito.

Se il fine è commerciale, i contenuti sono selezionati dall’editore per massimizzare i profitti e gli eletti sono indotti ad affrontare temi adatti al Blog secondo criteri commerciali e non necessariamente politici.

C’è un evidente conflitto di interessi, tanto più grave in quanto l’editore del Blog è anche il responsabile della piattaforma di voto Rousseau. Nessuno può escludere che, grazie a questa doppia veste, questi possa avere accesso ai comportamenti degli eletti su Rousseau, individuare chi affronti temi più adatti alle attività commerciali del Blog e così premiarli permettendo loro la pubblicazione di contenuti a danno di altri eletti.

Davide Casaleggio può esercitare un controllo di fatto sul primo partito del Paese senza alcun tipo di contrappeso democratico, senza che il suo ruolo, non previsto dallo Statuto, possa essere messo in discussione, grazie all’ambigua architettura di gestione degli strumenti informatici e delle iniziative editoriali ideate e amministrate dalla sua azienda e dalla sua associazione.

Cosa c’entra il MoVimento 5 Stelle con la Catalogna?

Qual è la posizione di Luigi Di Maio e del MoVimento 5 Stelle sull’indipendenza della Catalogna? La domanda sembra riguardare una questione lontana e di relativa importanza, ma non è così per almeno due motivi.

Quello più scontato è la questione della politica estera. Abbiamo già parlato del rapporto ambiguo col regime di Putin, che cambia radicalmente nel 2014 senza alcuna spiegazione, passando dalla denuncia degli atteggiamenti dello Zar agli incontri più o meno conosciuti coi suoi gerarchi.

Il fatto è che scegliere da che parte stare rispetto alle grandi questioni internazionali rischia di infastidire una parte dell’elettorato: l’immagine dell’intero partito cambierebbe radicalmente se Di Maio dichiarasse, ad esempio, come la pensa sulla questione isreaelo-palestinese. Perciò, a tavolino, fin dal 2007 si decise di non affrontare affatto questi problemi, non essendoci una via che permettesse di massimizzare il consenso.

L’altro motivo per cui sarebbe importante sapere cosa pensano tra Milano, Genova e Pomigliano delle spinte indipendentiste catalane è che si capirebbe anche come intendono condurre la campagna elettorale. Il modello è sempre Rajoy — come ha dichiarato il capo poche settimane fa — , che sta cercando di impedire con ogni mezzo, anche violento, l’indipendenza della regione spagnola, oppure Gianfranco Miglio?

Miglio è stato a lungo l’ideologo della Lega Nord: teorizzava, per l’Italia, la necessità se non di tornare agli stati preunitari almeno a una federazione di tre macroregioni. La visione era ampiamente condivisa da Gianroberto Casaleggio e Beppe Grillo, che infatti pubblicano un post in tal senso a marzo 2014.

In Supernova — Com’è stato ucciso il MoVimento 5 Stelle raccontiamo questo episodio, importante perché nemmeno il capo della Comunicazione alla Camera, uno degli autori del libro, venne a sapere chi fosse l’autore:

Il resto è slogan, vendita di sogni a buon mercato.

E se non è un sogno ricevere soldi senza lavorare…

Per scalare il mercato politico della paura e dell’ignoranza, il marketing del MoVimento ha fatto per anni da volano alle posizioni più antiscientifiche e antistoriche. Nel marzo 2014 sul Blog qualcuno scrive “che l’Italia non ha più motivo di esistere e va divisa in tre…”. In nome di quale analisi, di quale dibattito? Nessuno.

La verità è che verrà presa una posizione — si fa per dire — quando si capirà l’aria che tira in Italia. Il 22 ottobre ci sarà un referendum “per l’autonomia” in Lombardia e in Veneto: l’esito sarà determinante per l’agenda della campagna elettorale della primavera 2018. Vedremo se Di Maio sceglierà una posizione europeista, nazionalista, separatista o, più probabilmente, opportunista.

La guerra di Fico

“E mentre gli usi questa premura quello si volta, ti vede, ha paura ed imbracciata l’artiglieria non ti ricambia la cortesia”

Così cantava Fabrizio De André ne “La guerra di Piero”. Quella di Roberto Fico contro i nuovi assetti del MoVimento, iniziata molto tempo fa, forse è destinata a finire nello stesso modo.

Sono sempre finiti male tutti i tentativi di animare un dibattito interno al MoVimento 5 Stelle, nonostante siano state provate diverse “tecniche”.

Ha probabilmente ragione Antonino Monteleone che, su Facebook, ha notato come l’attacco a Bruno Vespa (“ha un contratto da artista, non segua la campagna elettorale”) possa essere letto come uno sgambetto a Di Maio, che dagli studi di Porta a Porta raggiungerebbe un pubblico molto specifico, moderato, tendenzialmente di destra, importantissimo per vincere le elezioni.

Questo spiega il tipo di (vecchissima) tattica che forse sta adottando Fico: il logoramento. È curioso: è quella che hanno solitamente usato proprio i dirigenti del partito contro i “dissidenti” eccellenti. Prima con Giovanni Favia, a cui Casaleggio negò il saluto per due anni; poi con Federico Pizzarotti, sindaco di Parma, a cui Di Maio — che era pure responsabile degli enti locali del partito — non volle concedere mai un incontro. Una lenta ma costante pressione per costringere il malcapitato a commettere un errore o a lasciare la comunità politica.

Difficile, però, che questa strategia sia vincente. Primo perché gli attivisti, che oggi sono solo fan, e gli elettori M5S sono stati abituati a non tollerare gli scontri interni; secondo perché Fico ha già avuto la sua occasione e non l’ha sfruttata. Fu a fine 2016, poco prima dell’incontro di Palermo. In quel momento la popolarità di Di Maio era ai minimi storici, a causa della famosa mail “non capita” sul caso dell’assessore Muraro a Roma e il capo della vigilanza Rai aveva dalla sua parte quasi tutto il gruppo parlamentare, che aspettava solo una guida (o almeno un capro espiatorio, nel caso si mettesse male) per colpire il conterraneo. Ma non lo fece.

Ora è troppo tardi: tutti i suoi più fidati alleati sono saltati già s.ul carro del vincitore, lasciandolo isolato e Di Maio, con l’aiuto di Davide Casaleggio, si è preso il MoVimento.

“Cadesti a terra senza un lamento e ti accorgesti in un solo momento che il tempo non ti sarebbe bastato a chieder perdono per ogni peccato”