Rousseau e il controllo del voto

Le primarie di Roma monitorate da Milano

Beppe Grillo e Filippo Pittarello

Il Garante della Privacy ha dimostrato che i voti su Rousseau non sono sicuri né, soprattutto, segreti. Il concretizzarsi di questo pericolo è ben descritto in Supernova — Com’è stato ucciso il MoVimento 5 Stelle.

Se c’è una persona che può spiegare in che modo viene controllato da Milano il voto su Rousseau è Filippo Pittarello, ex dipendente di Casaleggio Associati, ora funzionario M5S al Parlamento Europeo, molto vicino a David Borrelli dell’Associazione Rousseau. Ecco il racconto di chi quelle primarie le ha vissute “in diretta”, estratto dal libro.

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Agostini [del MeetUp di Roma] ha rapporti diretti e molto amichevoli con Casaleggio e quando a Roma arriva il momento di presentarsi alle elezioni — siamo alla fine del 2012 — è lui che organizza le primarie online per le elezioni comunali. Non sulla piattaforma della Casaleggio ma su un server autonomo: cittadini informati e democrazia diretta come stelle polari.

L’affluenza è buona, per i candidati a sindaco si organizza anche un confronto pubblico con un format in pieno stile televisivo. Tutto è pronto per scegliere chi sfiderà Ignazio Marino. Dopo il successo di febbraio c’è chi crede possibile conquistare anche il Campidoglio.

L’unico a non crederci, anzi a sperare che questo non succeda è proprio Beppe Grillo. “Se la tenessero Roma…” dice di fronte a molti testimoni.

Sa che il MoVimento non è attrezzato a quel salto, stare all’opposizione è in fondo molto più comodo, almeno in quel momento.

Comunque sia, nel 2013 i miti fondativi del MoVimento sulla carta ancora reggono.

Ma da Milano arriva l’ordine, puntuale.

“Fu deciso” racconta Agostini “contro ogni logica di far votare il candidato sindaco sulla loro piattaforma. Provai a parlarne con Gianroberto ma fu irremovibile. Ma quello che mi sorprese fu altro. Quando gli chiesi se pensava di far verificare le votazioni online da un ente terzo la sua risposta arrivò come un maglio: ‘Col cazzo che faccio entrare una società estranea nel mio database…’”

Non finisce qui.

A Roma dopo anni di dissapori e divisioni, c’è un candidato forte: si chiama Daniele Frongia.

Il suo sfidante è meno conosciuto ma è appoggiato da Roberta Lombardi, in quel momento capogruppo e presidente del M5S alla Camera.

A Roma, l’attivismo ha una frattura: o stai con Roberta o sei suo nemico.

Il suo candidato è Marcello De Vito: apprezzato sì ma a dire di molti — tra cui anche Grillo — privo di fascino.

Agostini è molto legato a Frongia. E il giorno delle votazioni sul Blog è sulle spine.

“Decidono i cittadini, decidono i romani, non i partiti.” È uno degli slogan del MoVimento.

“Per questo” continua Agostini “quando ricevo la chiamata da Milano rimango di sasso. Era Filippo Pittarello che voleva avvertirmi che Daniele era nettamente in testa…”.

Agostini è sorpreso perché questo significa che il software della Casaleggio permette a chi ha le password di osservare in tempo reale chi vota, come vota. Una situazione che apre la porta a qualsiasi sospetto, anche i peggiori.

Il pensiero di Agostini torna a quel diktat, alla decisione di trasferire le votazioni da un server indipendente a quello della Casaleggio.

Ma le sorprese di quel giorno di marzo non finiscono qui.

Per tutto il pomeriggio da Milano confermano il trend su Frongia, sarà lui il candidato del MoVimento a Roma.

Pochi minuti dopo la chiusura delle votazioni Agostini però riceve un’altra chiamata da Milano. Al telefono è sempre Pittarello, “Mi spiace, Marco, comunica a Daniele che non ce l’ha fatta, ha vinto Marcello…”.


Io e Nicola Biondo abbiamo scritto come nasce, cresce e muta il MoVimento 5 Stelle in Supernova — Com’è stato ucciso il MoVimento 5 Stelle. Eravamo stretti collaboratori di Gianroberto Casaleggio; eravamo, dal 2007 al 2014, lì dove le cose succedevano: nello studio di Milano, dove il M5S è nato, e nell’ufficio Comunicazione della Camera. In questo libro raccontiamo la storia di come il sogno di Gianroberto Casaleggio sia diventato un pericoloso inganno.

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Ci vuole coraggio

Si è detto spesso che nel MoVimento si può trovare tutto e il contrario di tutto. Persone con una storia di sinistra, ex comunisti, ex fascisti, figli di ex fascisti. Si possono trovare i toni concilianti di Morra, quelli offensivi e misogini di Giarrusso, quelli spacconi — quindi, in definitiva, pavidi — di Di Maio, quelli barricaderi di Di Battista, che però si mette in giacca e cravatta al cospetto dei funzionari del partito di Putin.

Qual è il collante? Cosa permette a questi toni, visioni del mondo, obiettivi così diversi di sopportarsi, nonostante tutto? Com’è stato possibile farli incontrare e farli convivere finora?

Non c’è una sola risposta: più fattori contribuiscono a quest’amalgama indefinito e indefinibile, che ne costituisce addirittura un punto di forza e si possono riassumere in:

  1. Semplificazione: era il pallino di Gianroberto Casaleggio, che ammirava in Grillo soprattutto la capacità di leggere un contesto o un problema, elaborarlo e comunicarlo “in maniera semplice”. Così il MoVimento, invece di cercare un interlocutore, cerca sempre un nemico da combattere (i corrotti, il PD, i giornalisti…). Invece di elaborare soluzioni complesse, sceglie quelle semplici (“fuori dall’Euro”, “tagliamo gli stipendi ai politici”, “soldi a tutti col reddito di cittadinanza”). Messaggi semplici, sono evidentemente più facili da veicolare e da comunicare, ma la conseguenza diretta è la formazione di una classe dirigente pavida, come vedremo al secondo punto.
  2. La paura, di conseguenza: se il messaggio è semplice, ed è semplice veicolarlo e attirare attivisti e voti, allora è necessariamente altrettanto semplice commettere un errore. Basta una piccola incongruenza nella narrazione, una veloce contraddizione, e tutto crolla. Servono quindi concetti semplici, ma spuntati, mai netti, sempre doppi. No all’abusivismo, ma c’è quello di necessità. No all’evasione, ma capiamo gli imprenditori che non riescono a pagare gli stipendi. No alla mafia, ma bisogna capirla perchè “aveva una sua etica, poi è stata corrotta dalla finanza”. Fuori dall’euro, ma a Cernobbio ci andiamo.
    Politici che pretendono di avere soluzioni e argomentazioni semplici sono fondamentalmente pavidi: hanno paura di perdere voti e consenso, hanno paura di perdere il loro status; e, in alcuni casi, hanno paura e basta. Ricordo che, una decina di anni fa, Gianroberto dovette ritardare la pubblicazione di un post sul blog di Beppe Grillo che parlava di mafia. “C’è una sola cosa di cui Beppe ha davvero paura: la mafia”. Quel post venne poi pubblicato, ma è nota la timidezza di Grillo quando si reca in Sicilia.
  3. L’illusione: se sei scollegato dalla complessità del reale, perché la realtà ti fa paura, per disegnare una visione, un progetto, l’unico modo che hai è vendere illusioni. Il MoVimento, di illusioni, ne vende a tonnellate. Agli elettori, illudendoli, per esempio, di poter dare uno stipendio a tutti senza che nessuno lavori. Ai propri attivisti, illudendoli che chiunque possa diventare qualcuno senza alcuna competenza (disse Grillo in un comizio: “anche la casalinga di Voghera può fare il ministro delle finanze”). Ai propri eletti, illudendoli che sì: possiamo vincere. E così, anche se punti tutto sulle regionali siciliane, e le perdi, devi comunque dire “va bene così, siamo soddisfatti, da qui possiamo arrivare a Palazzo Chigi”.

L’illusione, in quest’ultimo caso, forse non è il poterci arrivare davvero: a Palazzo Chighi i Cinque Stelle possono anche arrivarci. L’illusione è non doversi, un minuto dopo, scontrare con la realtà evitata per anni.

In memoria di Gianroberto Casaleggio


Al mio capo, con riconoscente affetto.

Già si sprecano le lusinghe postume: io, invece, ne ricordo i difetti che ne facevano un ottimo capo, in azienda, ma un pessimo uomo politico.

“Ho capito che vuoi dimostrarti in gamba. Lo sei. Però impara a condividere le decisioni difficili, così puoi condividerne anche le responsabilità se qualcosa va storto”.

Questo mi disse Gianroberto Casaleggio dopo un errore, un errore grave commesso sul lavoro. Lui condivideva anche responsabilità non sue: se in ufficio gli conferiva autorevolezza, in politica l’ha reso un bersaglio facile. E lo schermo di nefandezze commesse alle sue spalle che devono essere ancora raccontate.

Risoluto fino al limite dell’arroganza, perbene oltre il limite dell’ingenuità. Qualità perfette per diventare carne da macello, nella melassa del Palazzo.

Non aveva capito che la politica è fatta soprattutto di persone con ambizioni, debolezze e meschinità; è l’unica cosa che non gli perdono: l’ha reso vittima dei suoi stessi limiti e non se lo meritava.


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Ho scritto, insieme a Nicola Biondo, Supernova — Com’è stato ucciso il MoVimento 5 Stelle, disponibile su Amazon, Google Play, iBooks, IBS, e Kobo