Rousseau 2030

Davide Casaleggio, per il momento, è lo sconfitto della crisi di governo. Stava lavorando agli ultimi due anni di legislatura, preparando il rientro sulla scena di Alessandro Di Battista. La crisi del governo Conte II era nell’aria da settimane, ma sembrava potersi risolvere con un terzo mandato dell’ex presidente del Consiglio, se non con un incarico a Luigi Di Maio.

Pochi si aspettavano che davvero Mario Draghi potesse venire chiamato dal Quirinale, anche se il suo nome circolava da quando aveva terminato il mandato alla Banca Centrale Europea.

Così, mestamente, Casaleggio due giorni fa si è trovato a dover comunicare i presunti dati del sondaggio su #Rousseau: circa il 60% ha dato il suo consenso all’appoggio al governo Draghi, prima che si conoscesse la lista dei ministri e quindi le forze politiche alleate.

Una sconfitta su tutta la linea di pensiero del Clan Casaleggio, che addirittura non molti anni fa pretendeva di poter annunciare i membri del governo prima del voto.

Sconfitto anche Alessandro Di Battista che si mette in pausa, una sorta di autosospensione dal Movimento Cinque Stelle, seguita da un insolito post di Casaleggio che tesse le lodi del suo prodotto (Dibba è un autore Casaleggio Associati da molti anni).

Insolita perché quasi mai l’Erede si era spinto a un endorsement così plateale verso un singolo attivista o parlamentare. L’ultima volta era stato con Luigi Di Maio, in maniera più simbolica: con un abbraccio esclusivo ai funerali di Gianroberto Casaleggio.

Segno che il nuovo accordo tra Di Battista e Casaleggio c’era e c’è. Di Battista, infatti, non ha mai detto di aver lasciato il M5s, ma di non parlare a suo nome e di non riconoscersi più in queste scelte, nel rispetto dei votanti sulla piattaforma.

Proprio la piattaforma esce “vincitrice” da questo passaggio: con il via libera alla grande ammucchiata, il passaggio su Rousseau diventa una consuetudine, accettata dai vertici della Repubblica e dall’opinione pubblica, partendo dai commentatori e dagli analisti politici.

Un rischio enorme. L’istituzionalizzazione di uno strumenti privato, non sicuro, manipolabile, manipolato dal fatto che il gestore controlla anche la propaganda del partito non porterà nulla di buono. Tanto più che l’infezione si estende ad altre forze politiche, come il partito democratico che ha detto di volere lanciare una piattaforma web per le primarie.

Da qui potrà ripartire Casaleggio, dalla centralità che il suo metodo ha acquisito in questi anni. La prossima scadenza importante sarà l’elezione del Capo dello Stato. Se nel 2013 la piattaforma (che ancora non si chiamava Rousseau) venne utilizzata da Gianroberto Casaleggio e Beppe Grillo come clava contro Bersani, costringendo i partiti alla rielezione di Napolitano, il prossimo anno potrebbe significare la consacrazione definitiva con la selezione del nuovo Presidente della Repubblica.

Stiamo di fatto accettando di piegare le consuetudini e i codici della Costituzione all’esigenza di un ente commerciale che vuole vendere il suo metodo. Salvo poche rare eccezioni, i watchdog non stanno sottolineando abbastanza il rischio insito in questa deriva. Non il Garante della Privacy, che ha cambiato gestione, non la maggioranza dei giornalisti che non comprende la gravità della situazione.

Con la Seconda Repubblica ci eravamo abituati a uno scontro binario tra forze alternative. Ancora oggi a ogni cambio di governo si contesta, da una parte o dall’altra, il fatto che parte della maggioranza non abbia vinto le elezioni e quindi non sia titolata a sostenere l’esecutivo. Ma la nostra Costituzione non prevede la “vittoria” di nessuno schieramento. Prevede l’elezione del Parlamento il quale, attraverso le proprie dinamiche politiche, dovrà formare una maggioranza. La Costituzione parla di gruppi parlamentari e partiti, non fa riferimento a soggetti esterni che possano accordare o negare il sostegno al governo.

Casaleggio e il Movimento selezionano il proprio personale politico affinché questo si adegui a decisioni prese all’esterno del Parlamento. In queste ore ci sono Parlamentari che fanno riferimento a questa ingerenza esterna per spiegare, o giustificare, la propria contrarietà al governo.

Ci sono, in Europa, esperienze simili: in Germania è accaduto che l’accordo di governo fosse sottoposto alla ratifica degli iscritti a uno dei partiti di una maggioranza insolitamente eterogenea. Quindi è possibile avere un approccio elastico, quando le circostanze lo richiedano. Ma non è questa la situazione: il Movimento pretende di istituzionalizzare questo innesto nel processo definito dalla Costituzione, con l’ambizione dichiarata di estromettere, un giorno, il Parlamento dal processo medesimo.

Voto dopo voto, Casaleggio sta riuscendo nel suo intento. Prima con singole norme, poi con il sostegno ai governi, domani con l’elezione del Capo dello Stato.

C’è un altro problema: il sistema è vulnerabile. Un voto elettronico remoto centralizzato è un obiettivo, un target. Soprattutto se diventa il fulcro delle decisioni che riguardano le Istituzioni dello Stato.

In gergo, si parla di aumento della superficie di attacco. Se un entità ostile intende manipolare la vita pubblica di un Paese, può agire utilizzando diversi strumenti e tattiche. Dal finanziamento di strumenti di propaganda (giornali online in lingua italiana come Sputnik e RT), alla corruzione di funzionari dello Stato, al dispiegamento di agenti dei servizi.

La piattaforma Rousseau rappresenta un ulteriore canale attraverso il quale soggetti ostili possono intromettersi nelle decisioni che riguardano la vita pubblica del nostro Paese. Come lasciare la porta di casa spalancata. È già stato dimostrato più e più volte che quando la piattaforma Rousseau viene violata, Casaleggio e il suo staff non sono in grado di accorgersene prima di convalidare i risultati delle consultazioni. Le contromisure sono sempre state prese con ritardo, accusando i gli esperti di sicurezza che segnalavano i potenziali abusi di tentativi di sabotaggio.

Un tema, questo, di cui dovrebbero occuparsi i servizi segreti. Delega governativa che, negli ultimi tre anni, è rimasta nelle mani del presidente del Consiglio Giuseppe Conte.

Un tema che, ove sia possibile, cercherò di portare all’attenzione del Tribunale di Milano durante il Processo al Sistema Casaleggio.

Perché Draghi va bene a tutti

Che il governo Draghi parta, ci sono pochi dubbi. Che nella coalizione non possa mancare il gruppo parlamentare di maggioranza relativa, pure. Che la decisione non sia presa dai parlamentari ma fuori dal Palazzo è altrettanto chiaro.

La stampa riporta il colloquio preliminare tra Mario Draghi, presidente incaricato, e Beppe Grillo prima delle consultazioni. E pure Casaleggio si è precipitato a Roma non appena è fallito il tentativo del presidente della Camera Fico di resuscitare la vecchia maggioranza.

Questa fase, a prescindere dall’esito che avrà, ci è utile per un ripasso e un aggiornamento delle dinamiche del Movimento 5 Stelle.

Grillo e Casaleggio

Anzitutto è utile ribadire un concetto: il Movimento 5 Stelle è di fatto amministrato da due soggetti che non sono sottoposti ad alcun controllo democratico. Non ci sono processi codificati che possano sostituire Grillo e Casaleggio dai rispettivi ruoli.

Queste due persone hanno interessi che nulla c’entrano con l’attività politica. Grillo ha il problema del figlio, Ciro, accusato di stupro di gruppo. Un problema privatissimo, certo, ma che ha già determinato due volte il rientro all’attività politica dell’attore genovese, prima quando è caduto il governo Conte I e adesso.

Le primissime dichiarazioni dei responsabili politici del Movimento, Crimi e Di Battista tra gli altri, puntavano a un fine legislatura di opposizione. Avrebbe avuto senso: si sarebbero posizionati come la Lega del 2011 col governo Monti e come lo stesso Movimento, all’epoca extraparlamentare. Opposizione dura, più semplice, meno impegnativa, certamente molto efficace per tirare la volata elettorale ad Alessandro Di Battista, che già pregustava la leadership del partito.

Poi Grillo parla, dopo mesi, e cambia tutto, scombinando anche i piani di Casaleggio che, come ripetiamo da settimane, si organizzava per una legislatura di opposizione al prossimo giro.

Casaleggio, come sappiamo, è abile a cambiare strategia quando cambiano le condizioni e, tutto sommato, questo nuovo assetto potrebbe non essere del tutto una cattiva notizia per l’Erede.

Come a Grillo, anche a Casaleggio – stando ai bilanci della sua società – giova stare in area di governo. Ma c’è di più. Affrettandosi a imporre, di nuovo, il voto su Rousseau per la ratifica della partecipazione del Movimento al governo Draghi, potrebbe ottenere un risultato insperato: istituzionalizzarsi.

Sarebbe il terzo governo che nasce perché una piattaforma privata, tecnicamente manipolabile e gestita in maniera non trasparente, viene utilizzata per la ratifica della decisione.

Siamo a un punto di non ritorno. È chiaro che la maggioranza che sosterrà Draghi sarà quella che dovrà eleggere il nuovo Capo dello Stato il prossimo anno (e questo è il motivo per cui tutti si sono affrettati ad appoggiare il nuovo governo): potrebbe essere il primo presidente della Repubblica selezionato da una piattaforma telematica e coinvolgendo un numero superiore di persone rispetto a quello stabilito dalla Costituzione.

La democrazia rappresentativa, in Italia, non è più a rischio. Siamo già di fronte a qualcosa di diverso. Siamo già di fronte a una forma di Stato diversa da quella disegnata dalla Carta quando non solo i governi ma la nomina della più alta carica politica non avviene secondo quanto stabilito dalla Costituzione della Repubblica.

L’istituzionalizzazione del Sistema Casaleggio potrebbe diventare il prezzo da pagare per la caduta del secondo governo Conte e la nascita del governo Draghi.

Roberto Fico

Due righe vanno spese per il presidente della Camera Roberto Fico. Un disastro. Ha iniziato la legislatura con uno scandalo, quando si scoprì che la sua colf veniva pagata in nero.

Non è stato in grado di portare a termine nessuno dei compiti a lui affidati dal Capo dello Stato. Nel 2018 fallì nell’impresa di formare un governo col Partito Democratico. Nel 2021 ha fallito nel non difficile compito di stabilire due o tre punti per proseguire l’esperienza di una maggioranza già esistente che aveva già iniziato un percorso di consolidamento dell’alleanza.

Il presidente della Camera è la personalità politica più scarsa per l’incarico ricoperto, peraltro assegnatogli da Luigi Di Maio per togliersi un avversario interno.

Un imbarazzo per le istituzioni e per sé stesso.

Giuseppe Conte

Nonostante i retroscena che parlano di tentativi di sabotaggio di Draghi da parte di Conte, credo che anche per il presidente dimissionario possa essere un’occasione.

Lascia il governo con consensi molto alti, quasi rimpianto, col capro espiatorio perfetto (Renzi) e appena prima che il disastro della sua gestione lo potesse colpire direttamente.

Il partito di riferimento, il Movimento 5 Stelle, è ancora carente di personalità politiche di livello, credibili come candidati capi di governo. È rispettato da tutte le correnti, così come dagli alleati, che ormai hanno alzato bandiera bianca e si sono consegnati mani e piedi a Casaleggio.

Due anni possono essere utili a costruire se non un partito almeno una lista di riferimento, che possa fungere da cuscinetto per giustificare con la base M5s una futura coalizione con la sinistra, o quello che ne resta.

Non può certo puntare al Quirinale, ma il capitale di consenso che conserva può essere impiegato nel 2023 con grande ritorno d’investimento.

Luigi Di Maio

Mettere nel curriculum “Ministro del governo Draghi I” sarebbe la consacrazione definitiva per Luigi Di Maio che gli permetterebbe di superare l’unico ostacolo tra lui e la rielezione: il limite dei due mandati del Movimento 5 Stelle. Con una carriera così veloce non credo per un solo minuto che Di Maio smetterà di fare politica a 36 anni dopo aver fatto il capo di partito, il presidente della Camera e due volte – forse tre – il ministro.

È chiaro che la prima scelta sarebbe una deroga a quella regola, restare nel Movimento, riprenderne la guida direttamente o per interposta persona e guidarlo al prossimo voto.

Ma l’alternativa potrebbe tranquillamente trovarla nella lista di Conte. Garantire a sé e alla manciata di fedelissimi che lo hanno accompagnato una rielezione giustifica il sostegno a Draghi, la fedeltà a Conte e perfino l’allontanamento dal Movimento se Di Battista dovesse diventarne la guida.

Alessandro Di Battista

Come ho scritto di recente, il destino di Alessandro Di Battista è nelle mani di Mario Draghi. Una provocazione ironica, che sottolinea come, alla fine, chi studia e ha le idee un po’ più chiare di come funziona il mondo determina le sorti anche degli aspiranti rivoluzionari da tastiera prodotti dalla Casaleggio Associati.

Ma, se vuole continuare a fare politica, Di Battista deve cedere alla realtà che, diversamente, lo travolgerà senza troppi complimenti.

La strada gliel’ha gentilmente tracciata Beppe Grillo: puntare sui temi, anche sparando cazzate, ma senza perseguire fallimentari tentativi rivoluzionari, che non possono più funzionare dopo cinque anni di governo di cui forse due guidati dall’incarnazione della migliore élite europea.

Grillo e Casaleggio dovranno convincere il nuovo frontman che ora è il momento del pragmatismo: c’è l’opportunità di tornare al governo anche la prossima legislatura. C’è la possibilità concreta per Di Battista di fare il ministro se saprà bilanciare il necessario realismo con le sue cazzate da post su Facebook.

Riuscisse a stabilire un armistizio con Di Maio, tutti potrebbero giovarne. Tutti a parte il Paese, s’intende.

Processo al Sistema Casaleggio

Come sapete, ho lanciato l’iniziativa “Processo al Sistema Casaleggio“, di cui potete trovare i dettagli qui.

Per sostenerla, ho attivato una raccolta fondi che, nel momento in cui scrivo, è sostenuta da 154 donatori che hanno versato £5.128 (in sterline perché vivo in UK). Era iniziata con un obiettivo di £3.000, raggiunto in pochi giorni, portato a £5.000, superato in poche ore. Adesso il nuovo target è £10.000. Se volete saperne di più e contribuire potete farlo da qui, o diffondere la voce!

Ho promesso di creare un archivio con tutte le informazioni sul Sistema Casaleggio che verrano usate. Un assaggio ve lo darò regolarmente, come per esempio questo articolo storico in cui Casaleggio si dichiara cofondatore del Movimento e conferma che le risorse della sua azienda sono usate per sostenere il partito.

Processo al Sistema Casaleggio

Cinque anni fa, Nicola Biondo e io abbiamo iniziato a raccontare la vera storia del Movimento 5 Stelle.

Se conoscete come davvero è nato quel partito, il ruolo di Casaleggio Associati, le strategie di propaganda, le pericolose alleanze internazionali, da Putin a Farage, è grazie al fatto che abbiamo deciso di mettere il pubblico a conoscenza di quanto avevamo visto e vissuto.

Io ho lavorato quattro anni nell’azienda del signor Davide Casaleggio, ho letteralmente visto nascere la propaganda populista negli uffici dell’azienda di Milano. Me ne sono andato, rinunciando nel 2010 a un contratto a tempo indeterminato.

Io e Nicola abbiamo scritto due libri, Supernova e Il sistema Casaleggio, centinaia di articoli e rilasciato decine di interviste negli ultimi cinque anni.

Il signor Davide Casaleggio mi ha chiesto i danni. Ritiene che le cose che ho raccontato non siano vere o che che gli abbiano causato danni. Io credo che questa sia un’ottima notizia.

Ho deciso di rendere questo procedimento, che inizierà fra pochi mesi, un atto pubblico di responsabilità civica. Ho raccontato e continuo a raccontare queste vicende, impegnando buona parte del mio tempo libero e delle mie risorse, perché ritengo un problema l’influenza che il signor Casaleggio esercita sul Parlamento senza nessun controllo democratico. Mi sono assunto e mi assumo il rischio di pagare in prima persona, perché questo problema ho contribuito a crearlo e mi sento in dovere di cercare di risolverlo.

Non accetterò nessuna mediazione: voglio approfittare di questo tentativo di intimidazione da parte del signor Casaleggio per stabilire alcune cose di fronte a un tribunale civile. Non ci sono in ballo reati: solo fatti.

L’intimidazione non ha funzionato e non funzionerà: continuerò a scrivere, raccontare, commentare, sbugiardare il sistema Casaleggio.

È vero o non è vero che Casaleggio Associati ha fondato e amministrato il Movimento 5 Stelle? È vero o non è vero che il signor Davide Casaleggio è una persona esposta politicamente? È vero o non è vero che la sua azienda, attraverso i propri siti web, rilanciava la propaganda del Cremlino? È vero o non è vero che il Movimento 5 Stelle ha avuto strettissimi rapporti con il partito di Putin? È vero o non è vero che il Movimento 5 Stelle ha supportato pubblicamente regimi autoritari? È vero o non è vero che l’architettura di gestione del Movimento 5 Stelle impedisce che il signor Davide Casaleggio sia sottoposto a qualsiasi controllo democratico?

Tutte queste verità dovranno essere stabilite una volta per tutte dal Tribunale civile di Milano, a partire dal prossimo giugno.

Ho messo insieme un piccolo gruppo di lavoro: un avvocato, un consulente, alcuni amici a cui chiederò consiglio. Come ho già detto mi assumo il rischio di dover pagare di tasca mia. Se volete potrete contribuire: ho attivato una raccolta fondi che trovate sul sito www.processoalsistemacasaleggio.it e sul mio sito marcocanestrari.it.

Più risorse avrò a disposizione, più evidenze potrò portare a sostegno di quanto ho raccontato. È importante che si stabilisca una volta per tutte il ruolo dell’azienda del signor Davide Casaleggio nella storia di questo Paese. Che sia fatta chiarezza sui metodi di propaganda, sulle relazioni internazionali, sugli interessi, sui soldi che sono circolati, sui conflitti d’interesse, sul pericolo che il metodo Casaleggio rappresenta per le Istituzioni.

Cercherò di raccontarvi passo passo il procedimento e proverò a creare un archivio di tutto il materiale che porterò a supporto della mia difesa. Un archivio che raccoglierà le prove di quanto abbiamo sostenuto in questi anni, a disposizione di tutti.