Rousseau e Casaleggio “dirottano” i soldi del M5s

La politica senza soldi, quella che propagandavano Grillo e Casaleggio, è una truffa. Non esiste. Oggi vi spiego come Rousseau e Casaleggio “dirottano” i soldi del M5s, cioè quelli che dovrebbero andare al partito per le sue attività politiche.

In tutto il mondo libero, i partiti si finanziano con fondi pubblici e privati. Nel primo caso, a seconda della legislazione, lo Stato trasferisce denaro sotto forma di rimborsi o veri e propri sostegni economici vincolati alle attività dei partiti. Nel secondo, a volte la legge impone limiti ai finanziamenti privati o impone che siano tutti resi pubblici.

Il Sistema Casaleggio ha elaborato la gestione dei finanziamenti affinché i responsabili politici del partito non possano decidere come sono utilizzati, e il soggetto privato che li gestisce abbia non una ma ben due canali a propria disposizione, uno noto e uno più riservato.

Ma procediamo con ordine.

Il “dirottamento” verso la Rousseau di Casaleggio

Il Movimento da sempre rifiuta i finanziamenti pubblici. Il motivo vero l’abbiamo raccontato in Supernova: in occasione del secondo V-Day nel 2008, Gianroberto Casaleggio avrebbe voluto gestire in autonomia gli eventuali rimborsi referendari. Il comitato, costituito principalmente dagli attivisti romani, si oppose. Il referendum venne di fatto boicottato e i soldi non arrivarono mai. Ma da quel momento Casaleggio e Grillo decisero che gli attivisti non avrebbero mai dovuto avere a disposizione la gestione dei soldi.

Questo principio si tradusse in due norme: la prima prevedeva che i responsabili della comunicazione alla Camera e al Senato fossero nominati da Grillo e Casaleggio. La seconda è più nota: il Movimento avrebbe rinunciato ai finanziamenti pubblici.

Rinunciare ai finanziamenti pubblici ha permesso a Davide Casaleggio, alla morte del padre, di operare una sorta di “dirottamento” dei fondi che sarebbero andati al partito verso la propria associazione privata Rousseau.

Prima fase, Luca Lanzalone scrive il nuovo statuto del Movimento 5 Stelle. L’articolo uno indica proprio l’associazione Rousseau come unico fornitore per la comunicazione, l’organizzazione, la gestione dei processi democratici del partito. Gli eletti sono anche tenuti a versare una quota per finanziare Rousseau, 300 euro al mese.

Seconda fase, il ministro della giustizia Bonafede elabora la legge Salva Casaleggio, che ha “legalizzato” Rousseau equiparando l’associazione a una fondazione politica.

La conseguenza di questo combinato disposto è che solo Casaleggio può disporre dei fondi legati all’attività politica. I parlamentari non possono finanziare altre associazioni o fondazioni. Un privato che volesse sostenere il partito deve versare soldi a Rousseau.

Ma non è finita qui. Il sistema di Rousseau e Casaleggio per deviare il corso del fiume di soldi prevede una terza via.

Il fiume di soldi riservato

Rousseau, per legge – la stessa “salva Casaleggio” – deve comunicare tutti i versamenti sopra i 500€. Questo comporta in primo luogo che solo Casaleggio conosca davvero tutte le persone che finanziano il partito.

Le normative sulla privacy vietano di condividere i nomi dei finanziatori sotto questa quota. Questo però vuol dire che se qualche grande azienda, pubblica o privata, volesse sostenere il Movimento non potrebbe farlo in via riservata. È un fatto positivo, naturalmente.

Ma c’è un terzo canale, più riservato, attraverso il quale un gruppo potrebbe fare attività di lobbying: sponsorizzare le attività di Casaleggio Associati, l’azienda di famiglia di Davide Casaleggio.

È successo? Sì, è successo.

Basta guardare le conferenze organizzate dall’azienda e i suoi sponsor. Poste Italiane è quella che salta certamente all’occhio, ma ci sono anche aziende con interessi nei settori bancario, trasporti, logistica, informatica, pagamenti, editoria, ricerca di lavoro.

Nell’ultimo anno, il primo col Movimento al governo, Casaleggio Associati ha raddoppiato il proprio fatturato e quasi decuplicato l’utile. Chi può dirci se queste aziende finanziano Casaleggio per le sue ricerche o per il suo ruolo politico?

 

Il sociologo De Masi: vita, amplessi e miracoli

Il sociologo De Masi era ospite di Lilli Gruber a Otto e mezzo lo scorso sabato 14 settembre 2019, dove ha rimediato una figura di sterco di rara intensità. Ne parliamo fra un attimo: prima giova ricordare la sua storia d’amore e di soldi con il Movimento di Casaleggio.

La love story M5s-sociologo De Masi

De Masi si autodefinisce “intellettuale di sinistra” ed è tra coloro che hanno attivamente contribuito alla piovra casaleggiana di mangiarsi le istituzioni.

Non bastano gli spettacoli gratuiti di Grillo, i proclami vagamente fascisti di Casaleggio (padre) o i soldi che riceve dagli sponsor pubblici Casaleggio figlio. Per conquistare stabilmente il potere di un Paese del G7 serve una rete di consenso istituzionale. Professori, giornalisti, storici e pure sociologi, se serve.

Nel caso del Movimento di Casaleggio, la maggior parte di questi hanno concesso il proprio favore in cambio di lauti compensi.

La prostituzione cerebrale del Prof. De Masi ci è costata 183.000 euro, questo il prezzo di due “studi” commissionati la scorsa legislatura dal gruppo parlamentare M5s. Dai risultati molto interessanti peraltro: nel 2025 lavoreremo gratis. A parte De Masi, ovvio, che da quei 3-4 mesi a 183.000 euro di soldi nostri per lui e i suoi collaboratori ci ha tirato fuori pure un libro che non è stato, ahimè, distribuito gratuitamente.

Nel 2016 è arrivato l’invito sul palco di SUM, la messa laica in cui si bacia la pantofola del padrone, Davide Casaleggio, nel nome del padre. Memorabile, prima di quell’evento, l’intervista di Casaleggio a Otto e Mezzo. A fare da feroce contraltare con domande ficcanti e un duro confronto delle idee chi c’era? Ma il sociologo De Masi ovviamente!

L’amplesso

Esilarante la performance del nostro a Otto e Mezzo lo scorso sabato.

Pur di difendere i suoi pupilli, ha fatto – diciamo così – confusione con le date di alcuni eventi, come l’incontro di Di Maio con l’esponente antisemita dei Gilet Gialli, pochi mesi fa, che il De Masi faceva risalire a quasi un anno prima.

Colto in fallo, ha dribblato le osservazioni di Jacopo Iacoboni e Annalisa Cuzzocrea con un repentino “e allora il PD?”.

Il meglio però l’ha dato quando ha raccontato delle sue accuratissime verifiche sulla piattaforma Rousseau.

Ora, seriamente: io non so se mentisse o sia stato raggirato dai casaleggesi, ma De Masi ha raccontato, rimanendo serio, di essere stato due giorni negli uffici di Rousseau con i tecnici. Si è fatto spiegare il funzionamento della piattaforma e, indovinate un po’? Ha concluso, dall’alto delle sue note competenze informatiche che il voto non si può manipolare. Se lo dice il sociologo De Masi, così gratuitamente imparziale, c’è da crederci.

Vano il tentativo da parte di Iacoboni e Cuzzocrea di spiegare che il problema non è (solo) la manipolazione del voto ma le centinaia e centinaia di altre possibili vulnerabilità del sistema, dell’incapacità manifesta di Casaleggio nella sua gestione, nelle implicazioni insite nel forzare la Costituzione con un sistema di voto privato.

Ma bisogna dire una cosa, che per fortuna ci racconta sempre il sociologo De Masi: pensate che i tecnici di Rousseau gli hanno confidato che i giornalisti mai hanno chiesto di poter vedere la piattaforma come ha fatto lui!

Ora noi possiamo, come ho fatto, riderci sopra. Ma questo sia da esempio dei metodi utilizzati dal Sistema Casaleggio per comprarsi consenso, magari da persone facili da raggirare con buzzword come “blockchain” e “database” non più molto svelte a comprendere di essere vittima di un raggiro.

Meglio il voto? Il disastro dell’accordo PD-M5s

Onestamente, non so se sarebbe stato meglio il voto. Non so, come non può saperlo nessuno, se i sondaggi che premiavano la Lega disegnavano davvero un esito elettorale ineluttabile. Ovviamente, non lo sapremo mai.

Siamo in un sistema elettorale proporzionale, il che significa che fare accordi con gli avversari politici è l’unico modo per mettere insieme una maggioranza di governo.

Siamo anche molto vicini a due scadenze, nel 2022: a febbraio si voterà il nuovo Capo dello Stato; a novembre il 60% dei parlamentari – quelli di prima nomina – maturano il diritto alla pensione. Un assegno di 1200 a partire dai 65 anni di età.

È del tutto evidente, quindi, che questo Parlamento cercherà in ogni modo di arrivare alla fine della legislatura.

Non come avevo pensato. Io immaginavo che la maggioranza Lega-M5s avrebbe retto, con magari l’innesto di Fratelli d’Italia. Avevo sottovalutato che il delirio di onnipotenza di Salvini unito al fatto che non regge molto bene l’alcol l’avrebbe portato a rompere con Di Maio.

Resta il fatto che, come avevo suggerito, almeno per questo giro ha prevalso lo spirito di sopravvivenza del parlamento.

Però.

C’è modo e modo di fare gli accordi

Il Movimento 5 Stelle nasce in un momento in cui l’avversario, il Potere era il PD. Il neonato PD. Dal giorno zero, l’obiettivo è stato il Partito Democratico. Era il partito al governo, era pure il concorrente del principale cliente di Gianroberto Casaleggio, L’Italia dei Valori di Antonio Di Pietro.

Una delle argomentazioni di propaganda più efficaci era la seguente: Berlusconi aveva governato ed era sopravvissuto agli scandali grazie al PD. Il ritorno al governo nel 2008 la prova definitiva. Il discorso alla Camera di Luciano Violante, secondo il quale durante i governi di centrosinistra il fatturato di Mediaset era aumentato di 25 volte, la confessione.

Avanti veloce fino a 4-5 settimane fa: si sprecavano, da parte di molti attuali ministri e sottosegretari, giuramenti solenni: “mai un governo con il Movimento 5 Stelle”.

Il segretario del Partito Democratico, Nicola Zingaretti, ha vinto il congresso su questa piattaforma, lamentando quanto fosse avvilente doverlo ripetere. Lo ripeteva il 2 settembre all’incontro di AreaDem, la corrente di Franceschini. Che ora propone di costruire col M5s una “casa comune, coi sassi che ci siamo lanciati” negli ultimi anni.

Renzi, lo scorso anno aveva fatto saltare l’ipotesi di un governo col Movimento, oggi ne è l’artefice.

Si va verso una legge proporzionale pura (ne parleremo, ma il referendum che propone Salvini è perfettamente inutile: il parlamento legifererà non appena depositato il quesito, per annullare la consultazione). È inevitabile che il Movimento cercherà alleanze. Mi voglio rovinare: forse ha pure senso che il Partito Democratico cerchi strategicamente di scardinare le alleanze avversarie. Ma c’è modo e modo.

L’alternativa

Mi si chiede quale sarebbe stata l’alternativa. Meglio il voto? Non lo so: non decidono i leader di partito, ma il Parlamento e il Capo dello Stato se ci sono altre maggioranze o si deve tornare alle urne. Ma, ripeto, c’è modo e modo di costruire gli accordi.

Sarebbe stato meglio che tutti, da Renzi ai sottosegretari che spergiuravano che mai avrebbero governato con Casaleggio, avessero chiesto scusa, allegando spiegazioni un filo più credibili che fermare i barbari e l’aumento dell’IVA. Non perché i leghisti non siano pericolosi, ma perché si sta facendo un’alleanza con chi li ha resi tali: Casaleggio che li ha traghettati a Palazzo Chigi.

Anche perché i sondaggi premiavano il ministro alco-leghista ben prima del Papeete. Ben prima che Zingaretti diventasse segretario. O dicevano cazzate prima, o ne hanno fatta una ora.

Poi, visto che una simile richiesta è pervenuta dal M5s, si poteva pretendere che l’interlocutore non fosse Di Maio. Per una questione di principio: se cambio di stagione dev’essere, lo si fa cambiando dirigenti. Fatto così, è una resa incondizionata, non un accordo.

Infine, avrei preteso la rigorosa osservanza delle prassi Costituzionali e una totale chiarezza sul ruolo di Casaleggio. Se il Movimento doveva chiedere conferma dell’indirizzo politico ai propri aderenti, l’avrebbe dovuto chiedere prima di salire al Colle, per il rispetto che si deve al Quirinale e alla Costituzione.

Il Paese in mano a Casaleggio. Era meglio il voto?

In questo modo, invece, si è legittimato – anzi lo hanno proprio dichiarato i dirigenti che hanno condotto la trattativa – una struttura partitica personale, il cui proprietario ha il dichiarato scopo di superare il Parlamento.

Come si è legittimato definitivamente Berlusconi come interlocutore la scorsa legislatura, dopo aver fatto finta di avversarlo per vent’anni, così ora si è legittimato Casaleggio dopo aver fatto finta di avversarlo per dieci. A partire dallo stesso Renzi, che pochi mi mesi fa mi citava per denunciare la legge Salva Casaleggio del ministro Bonafede.

Tutto ciò non è accaduto: i dirigenti del Partito Democratico si sono arresi. Della vocazione maggioritaria di Veltroni non v’è più traccia e si cercando accordi locali. Il PD ha cambiato il proprio ruolo storico nell’arco di dieci giorni perché un ministro in ferie alzava troppo il gomito.

Io lo scrivo qui, perché resti agli atti: Casaleggio è più pericoloso di Salvini. Il suo metodo è più lento, ma l’allergia per la democrazia è perfino peggiore. Persegue interessi esclusivamente personali e commerciali, come Berlusconi. Il Movimento 5 Stelle è il ramo d’azienda politico del suo business; il “capo politico” è il suo amministratore delegato. È scritto negli statuti. Il partito è suo, la comunicazione è sua, i processi democratici sono suoi, le iscrizioni sono sue.

Come ho già detto, non so se sarebbe stato meglio il voto, ma so che accordarsi con il Movimento significa consegnare il Paese a Casaleggio. Che presto passerà all’incasso.

 

Casaleggio, Rousseau e la compravendita dei seggi

Facciamo un bel respiro e cerchiamo di mantenere la calma. Ce ne vuole molta, perché con l’appoggio al nuovo governo, il Partito Democratico legittima il Sistema Casaleggio e la sua compravendita dei seggi.
Allora, è il caso di ricordare per un attimo cosa sia, il Sistema Casaleggio. Avremo tempo e modo di parlare di nuovo della piattaforma Rousseau, ma credo che il salto di qualità, ora, riguardi le implicazioni istituzionali di questa scelta idiota di Renzi e dei suoi compagni di partito.
I democratici hanno trattato, nelle ultime settimane, un accordo di governo coi loro colleghi parlamentari del Movimento 5 Stelle. Chi sono questi parlamentari del Movimento?

Entrare in Parlamento

Soprattutto nell’ultima tornata, il Movimento ha eletto parlamentari con scarsa, quando non inesistente, storia di militanza. Per esempio, la parlamentare che nel libro “Il Sistema Casaleggio” ci ha raccontato come sia stata eletta per puro caso, perché a Capodanno 2018 aveva la febbre. Com’è possibile? Grazie al metodo di selezione inventato e gestito da Casaleggio.
Per assicurarsi un seggio, basta iscriversi alla piattaforma Rousseau e attendere un’elezione. Con una manciata di voti di altre persone iscritte, ci si può candidare. Una volta eletto, il Sistema Casaleggio chiede il versamento di 300 euro al mese all’Associazione Rousseau, ente commerciale di proprietà di Davide Casaleggio e tre suoi amici. Non molto, a fronte di uno stipendio assicurato per 5 anni di circa 120.000 euro all’anno, più benefit.

La compravendita dei seggi

Casaleggio tramite la sua piattaforma mette a disposizione di chiunque un numero variabile di seggi. Variabile, perché dipende da quanto Casaleggio è bravo a raccogliere consenso per il Movimento tramite il Blog delle Stelle.
Il partito, infatti, ha delegato con il nuovo statuto tutto a Rousseau. A Casaleggio.

Casaleggio ha fondato e controlla un partito che usa per noleggiare i seggi parlamentari per 300 euro al mese.

Bisognerà partire da qua per costruire, chi desidera farlo, una nuova opposizione al Sistema Casaleggio.

Il business della democrazia di Casaleggio

Qual è l’obiettivo vero di Casaleggio? Perché impiega tante risorse, tanta energia nella gestione dell’Associazione Rousseau e del Movimento 5 Stelle. Come organizza il suo business della democrazia?

Sicuramente un motivo è che con la politica si fa business: Casaleggio Associati, nel primo anno col Movimento al governo, ha raddoppiato il fatturato. Da uno a due milioni di euro. L’utile è quasi decuplicato, da 20.000 euro a 181.000 euro.

Hanno funzionato le sinergie, quantomeno temporali, tra Luigi Di Maio e Casaleggio. Quando il primo annunciava il fondo sulla Blockchain, il secondo presentava uno studio sullo stesso tema ai suoi potenziali clienti, gli stessi che avrebbero chiesto accesso a quel fondo.

Ma c’è altro. È falso dire che l’Associazione Rousseau sia senza scopo di lucro: è un’associazione privata che non si fregia dello status di ONLUS e, soprattutto, è considerata un ente commerciale ai fini fiscali. Di fatto, i parlamentari del Movimento sono forzati a pagare i servizi di democrazia diretta che gli vende Casaleggio. Lo impone lo Statuto del Movimento, che si riferisce all’associazione M5s fondata nel 2017 da Di Maio e lo stesso Casaleggio.

La piattaforma Rousseau, racconta Casaleggio, è stata donata da Casaleggio Associati all’Associazione Rousseau, quasi con un generoso atto in memoria del defunto Gianroberto Casaleggio. La verità è ben diversa: a causa della gestione di Rousseau e del partito, Casaleggio Associati era in grave sofferenza finanziaria. Tre anni di conti in rosso stavano portando l’azienda quasi alla chiusura.

Lo spin-off: il business della democrazia

I costi per la gestione del Movimento erano in costante crescita, mentre nessuna entrata era possibile per motivi di opportunità: ovviamente non si poteva chiedere ai parlamentari di dare soldi all’azienda del capo del partito.

La creazione dell’Associazione, il repentino passaggio in questo contenitore di un allora dipendente di Casaleggio Associati, la coabitazione durata due anni negli stessi uffici dicono altro. Rousseau è uno spin-off di Casaleggio Associati. È un progetto molto costoso dell’azienda di famiglia che necessitava di adeguati finanziamenti. Davide Casaleggio, non avendo né la voglia né la possibilità di finanziarlo con gli utili, inesistenti, di Casaleggio Associati decide nel 2016 di elaborare un altro assetto.

Separare le attività legate alla politica mascherandole da progetto “pubblico” di “democrazia diretta” gli consente di raccogliere fondi direttamente dal partito da lui stesso fondato, diventandone di fatto la tesoreria. Giova sempre ricordare che lo Statuto del Movimento, che all’articolo 1 indica Rousseau come unico fornitore per i servizi di comunicazione e gestione degl’iscritti, è stato scritto da Luca Lanzalone, già arrestato per la vicenda dello Stadio della Roma.

Tutte le competenze acquisite, i dati raccolti e analizzati, il prodotto sviluppato – pagato con soldi di provenienza pubblica – rimangono nell’ente privato commerciale Rousseau. Che domani può decidere di venderlo ad altri clienti, in Europa e oltre.

Ci ha già provato, se ricordate, con i Gilet Gialli e agli altri potenziali alleati europei. Il suo “amministratore delegato”, Luigi Di Maio, aveva proposto l’utilizzo della Piattaforma Rousseau.

Casaleggio sta utilizzando le Istituzioni per finanziare il proprio progetto commerciale tramite un partito da lui fondato. Di cui gestisce tutto dalla comunicazione ai candidati, ottenendo, inoltre, buone relazioni utili ai suoi affari.

Di recente sul Blog delle Stelle si riporta un fantomatico indice di gradimento dei servizi di Rousseau. Il post si conclude così: “Siamo pionieri in un settore ancora inesplorato e puntiamo all’eccellenza. Vogliamo portare Rousseau e il nostro Paese a diventare un punto di riferimento per la democrazia partecipata nel mondo”.

Così dovrebbe venire raccontata questa storia: come un business della democrazia.